Only Ever Yours: la guerra delle donne

Louise O’Neill racconta un futuro distopico che somiglia molto al nostro presente

Giulia Blasi
The Book Girls
Published in
6 min readApr 27, 2015

--

Se vai in un ospedale pubblico per interrompere una gravidanza, a seconda della regione hai dal 50 all’80% di probabilità di sentirti dire che il ginecologo di turno è obiettore. No, aspetta, non funziona così: funziona che se vuoi interrompere una gravidanza (l’hai deciso, lo sai, non vuoi essere incinta e tantomeno madre) devi andare in un consultorio, farti il test di gravidanza, poi parlare con uno psicologo, aspettare almeno sette giorni per essere sicura-sicura-sicura, dopodiché se riesci a trovare un posto saltando nei cerchi di fuoco di ospedali che non vogliono fare gli ospedali e medici che non vogliono fare i medici, ecco, forse la puoi interrompere, la gravidanza.

Cosa c’entra tutto quanto sopra con Only Ever Yours di Louise O’Neill? Aspettate, ci arrivo.

La premessa del libro vincitore del Bookseller’s YA Book Prize del 2014 ricorda quella de Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood. Gli elementi sono simili: un disastro naturale, l’umanità che serra i ranghi, una società fortemente strutturata in cui le donne vengono private dei diritti e ridotte in schiavitù, divise fra mogli, amanti e serve. Ma là dove Il racconto dell’ancella costruiva un’atmosfera di sapore vagamente medievale, lontana dalla tecnologia e quasi priva di punti di contatto con il mondo come lo conosciamo, Only Ever Yours estremizza una società che conosciamo benissimo. In questo mondo, diviso in vaste aree geografiche simili a quelle di 1984 di Orwell, le donne non vengono più generate tramite maternità naturale ma fabbricate in laboratorio (segnate la casella Mondo Nuovo di Huxley). Sono bellissime, prive di alcun difetto genetico, rinchiuse dalla nascita all’adolescenza in una scuola che le addestra a diventare perfette compagne di vita: decorative, compiacenti, sempre disponibili, asservite in tutto, disposte ad accettare anche la violenza e la sopraffazione. È qui che vive freida, una eve, Eva ma senza la maiuscola — perché come tutte le sue sorelle conta così poco da non meritarsela — cresciuta mano nella mano con isabel, che fino a poco tempo fa era la sua migliore amica, ma che ora si sta allontanando da lei: e freida non sa perché.

Le eve sono allevate in una totale mancanza di autonomia e contatto con il mondo, obbligate a controllare peso e aspetto, analfabete perché nessuno vuole una donna intelligente, soggette a un costante lavaggio del cervello, messe una contro l’altra in una gara all’ultimo sangue. Ogni settimana vengono pesate, esaminate e classificate dalla numero uno alla numero 30: una classifica che influenzerà il loro destino, perché solo le migliori possono aspirare a essere companion, compagne di vita dei pochi maschi nati nel mondo esterno. Le altre diventeranno concubine, prostitute schiave confinate in un harem, oppure chastity, suore laiche devote alla cura e all’addestramento delle nuove eve. Le ragazze — i cui nomi e volti sono quelli delle icone di bellezza del nostro tempo: freida (Pinto), cara (Delevingne), megan (Fox), gisele (Bundchen), freja (Beha Erichsen), angelina (Jolie), naomi (Campbell) e via dicendo — vivono le loro giornate postando video e foto su MyFace, chattando le une con le altre via ePad. Hanno pochi argomenti: la loro bellezza, quello che mangiano o non mangiano, quanto pesano e la cerimonia di fine anno, nella quale saranno collocate definitivamente. Sono vuote, imbottite di farmaci per dormire e per non ingrassare, non hanno altro obiettivo che essere la migliore, la più bella, la più adatta ad assicurarsi uno degli Inheritants, gli eredi, i loro coetanei destinati a propagare la specie. Sono macchine da riproduzione o da godimento, non valgono nulla; a quarant’anni vengono “terminate”, a meno che non abbiano problemi a concepire, nel qual caso possono buttarsi spontaneamente in una pira anche prima. Non hanno alcun controllo sul loro corpo e sul loro destino e si fanno la guerra le une con le altre, con una ferocia assoluta, disumana e molto familiare. Le ragazze grasse devono diventare obsolete.

Sono donne in tutto e per tutto identiche a quelle che conosciamo, sono donne identiche a noi. Sono quello che saremmo se ci togliessero lo studio, il diritto alla realizzazione, a rinunciare alla maternità, a vivere da sole, a prendere le nostre decisioni. Sono le donne come le immaginano Camillo Langone nei suoi articoli per Il Foglio e Costanza Miriano nei suoi libri che predicano la sottomissione: esseri senza cultura personale o volontà, animaletti da compagnia che non fanno compagnia, senza alcun diritto a una sessualità libera, incapaci di decidere per se stesse perché non è quello il ruolo per cui sono state create. Sono le donne della propaganda neoconservatrice, buone solo per essere guardate o usate. Siamo noi, che ogni giorno ci affacciamo sui social media per insultare le non conformi, le diverse da noi, le adolescenti che si rifanno il seno, le troppo magre e le troppo grasse. Siamo noi, che difendiamo a spada tratta l’essere curvy contro il corpo di tutte le altre, perché agli uomini piace di più. Siamo noi, che parliamo solo di diete e di perdere peso. Siamo noi, che offendiamo sparando nel mucchio quelle che non sono pronte per la prova costume. Siamo noi, che ci disperiamo perché siamo sovrappeso. Siamo noi, che mangiamo la bresaola scondita e facciamo la tisanoreica. Siamo noi, che cadiamo nei disturbi alimentari. Siamo noi, che parliamo dei disturbi alimentari come se fossero una prova di volontà. Siamo noi, che chiamiamo le mestruazioni “le mie cose” e le teniamo nascoste con vergogna. Siamo noi, che possiamo provare desiderio ma dobbiamo negarlo. Siamo noi, che parliamo di aborto solo come grave colpa o grave lutto, anche quando non è né una né l’altra cosa, perché non sentiamo di avere diritto a disporre di noi stesse e dei nostri organi riproduttivi. Siamo noi, che se non siamo fidanzate o sposate dobbiamo avere qualche difetto altrimenti non si spiega, che quando siamo sposate “Quando fai un figlio?” e quando lo facciamo “E il secondo?” e se facciamo il terzo “Che coraggio” e nel caso del quarto l’ha detto anche il Papa che quattro sono troppi. Siamo noi, che perdiamo ogni valore quando invecchiamo, che ai nostri quarant’anni chiediamo solo di sentirci dire che sembriamo giovani, che andiamo a farci piantare aghi in faccia per non mostrare i segni del tempo, che se diventiamo più vecchie dobbiamo aspettarci gli insulti degli altri, le nostre foto postate su Internet al grido di “Cosa le è successo”. Siamo noi, che di fronte a una legge a tutela della nostra salute e dei nostri diritti non applicata facciamo spallucce, che ci possiamo fare?

Le donne di Only Ever Yours siamo noi, sono le nostre sorelle piccole come le stiamo allevando, siamo noi da adulte che non riusciamo a scrollarci questa necessità di vivere in funzione dello sguardo maschile. Ma Only Ever Yours non è un trattato politico, è un romanzo crudo e violentissimo ed emotivamente realistico, in cui la discesa agli inferi di freida e isabel sembra ineluttabile anche quando una delle due lotta per opporsi con tutte le sue forze usando le uniche armi che possiede. Di rado mi è capitato di incontrare un libro così straziante e così vero.

Only Ever Yours, Louise O’Neill (Quercus Children’s Books, 2014)
In italiano: Solo per sempre tua (Il Castoro, 5 maggio 2016)

Questo post è apparso in una versione leggermente diversa su blog.pianetadonna.it il 27 aprile 2015.

--

--

Giulia Blasi
The Book Girls

Writer, teacher, public speaker, in that order. Nerd when it wasn’t cool. Bookworm.