Scritto nelle stelle: un’occasione persa

Il romanzo di Aisha Saeed racconta un dramma sociale. Basta questo, a farne un buon libro?

Giulia Blasi
The Book Girls
Published in
4 min readJan 2, 2016

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Affissi dietro alle porte di ogni bagno negli aeroporti inglesi c’è un poster più o meno come questo.

Sotto ci sono dei numeri di telefono da contattare, a disposizione delle vittime o dei loro familiari che vogliono aiutarle a liberarsi. Il matrimonio forzato è ancora un problema grave sia in Gran Bretagna che negli Stati Uniti; in Italia se ne parla ancora poco, ma il problema esiste. Ed è altamente probabile che sia l’assenza dello ius soli a renderlo più difficile da affrontare: perché un conto è se quella che viene spedita in Pakistan a sposare un uomo mai visto prima è una cittadina italiana, un altro è se la ragazza che viene strappata a scuola, affetti e vita quotidiana è una cittadina pakistana, nata e cresciuta in Italia ma pur sempre pakistana.

Dico “pakistana” perché Scritto nelle stelle di Aisha Saeed è ambientato in Pakistan, come di origine pakistana è la sua autrice. Avevo letto buone recensioni di questo romanzo, pubblicato in originale da Penguin Random House e in Italia da Mondadori, e avevo aspettative molto alte. Il suo valore, però, sembra essere più legato a quello che racconta che a come lo racconta. Il risultato ha la piattezza stilistica di memoir come Mai senza mia figlia di Betty Mahmoody o Vendute! di Zana Muhsen, che però possono fare affidamento sulla verità della storia per essere coinvolgenti. Da un romanzo è legittimo aspettarsi di più.

Saeed sceglie una narrazione lineare, cronologica: all’inizio della storia conosciamo Naila, figlia di una famiglia medioborghese di origine pakistana e residente in America, e apprendiamo del suo amore per Saif, suo coetaneo e pakistano a sua volta. La sorella di Saif si è sposata per amore con un uomo al di fuori della piccola comunità tradizionalista, e per questo la sua famiglia è disonorata. I genitori di Naila, in ogni caso, non le permetterebbero mai di avere un fidanzatino come tutte le altre ragazze della sua età: è stato già difficile strappare il consenso ad andare all’università. Manca poco, veramente poco, ma presto Naila e Saif saranno liberi. Ovviamente non è così che va: la loro storia viene scoperta, Naila viene portata in Pakistan con una scusa e lì costretta a sposarsi. Riuscirà a liberarsi?

L’intera storia è narrata in prima persona dal punto di vista di Naila, e questo — se possibile — la rende ancora meno interessante. Agli occhi di Naila, le persone intorno a lei si dividono nettamente fra buoni e cattivi, alleati e nemici: una divisione chiara fino dall’inizio e che non riserva sorprese. Manca del tutto la prospettiva degli altri personaggi, la loro storia e le loro ragioni. Il Pakistan è descritto quasi unicamente nelle sue mancanze rispetto agli Stati Uniti; Naila appare testarda e determinata, ma fondamentalmente incapace di andare molto al di là della resistenza passiva, o di trovare appigli che non siano il suo amore per Saif. È anche — e questo risulta molto strano — incapace di dare alle cose il nome che avrebbero nel paese da cui viene, come ad esempio la violenza sessuale.

La chiave di lettura di Scritto nelle stelle è in realtà tutta nella postfazione a cura dell’autrice, in cui Aisha Saeed rivela di essersi sposata con un matrimonio combinato dopo aver visto il futuro marito in tutto due volte. Combinato, non forzato, ci tiene a ribadire, e molto felice: una storia mille volte più interessante di quella raccontata nel romanzo. Il matrimonio forzato è un costume privo di sfumature, fatto di vittime e carnefici; molto meno sappiamo del matrimonio combinato e di come due persone imparino a conoscersi e ad amarsi quando i loro destini sono già legati in maniera permanente. In gran parte della storia, Saeed sembra giocare sulla difensiva: quello che racconta è un matrimonio forzato, ed è male. Il suo è un matrimonio combinato, e per lei e la comunità da cui proviene è bene. Eppure fra le due cose passa solo la differenza di una sposa disposta ad accettare che qualcuno scelga al posto suo. Mai una volta questo problema viene affrontato o approfondito, come non viene affrontata e approfondita la questione della coercizione occulta, dell’autorità di genitori e familiari che si traveste da affetto per spingere una ragazza e un ragazzo a sposarsi per non essere inadeguati, a prescindere dai loro desideri.

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Giulia Blasi
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Writer, teacher, public speaker, in that order. Nerd when it wasn’t cool. Bookworm.