Scrivimi ancora, Simon

Marco Locatelli
The Book Girls
Published in
4 min readApr 2, 2018

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C’era un periodo, non tanto tempo fa, in cui credevo che un libro dovesse essere complesso per essere bello. Non necessariamente difficile da leggere, ma ricco di dettagli e livelli di interpretazione, da leggere tutto d’un fiato e poi rileggere a bocconi per assicurarsi di non aver perso pezzi per strada.
Oggi, qui lo dichiaro ufficialmente, ho capito che certi libri hanno solo bisogno di essere giusti, ed è proprio questo il modo in cui definirei Non so chi sei, ma io sono qui di Becky Albertalli: un libro giusto, che non mira a essere più di ciò che è e che allo stesso tempo si rivela un’esperienza più grande di quanto ci si aspetti.

La storia si apre con Simon Spier, un liceale americano con un segreto: è omosessuale. Non lo sanno i suoi genitori, due adulti irriverenti e moderni che sicuramente non si farebbero sconvolgere dalla notizia, né il suo trio di migliori amici, Abby, Leah e Nick.
L’unica persona a conoscenza di questo fatto è Blue, un ragazzo con cui Simon ha cominciato una corrispondenza anonima online: anche lui frequenta la sua stessa scuola superiore e anche lui è gay.
Tra un’email e l’altra i due ragazzi iniziano a contare l’uno sull’altro fino a quando l’amicizia diventa qualcosa di più: nasce in Simon il desiderio di vedere Blue, di conoscerlo, e perché no, di baciarlo, anche se non sa ancora che faccia abbia.
E come se la questione non fosse già abbastanza complicata, si intromette Martin, un compagno di scuola che inizia a ricattare Simon dopo aver letto gli scambi di mail tra i due.

Io ricordo la vita prima di Simon.

Ricordo di quando si doveva scavare per trovare storie di ragazzi gay, storie che avevo bisogno di vivere per conoscere e comprendere una parte di me. Ricordo di quanto fosse difficile incontrare, nella letteratura o nel cinema o nelle serie tv, degli adolescenti gay che non fossero dipinti come stereotipi, deliberatamente promiscui o addirittura destinati già dalle prime comparse a morire tragicamente. Suicidi, omicidi, triste sesso non protetto, autolesionismo, tragedie: se cresci cercando dei personaggi gay nei libri o in tv e nessuno tra quelli che incontri sembra meritarsi un lieto fine, allora si insinua in te l’idea malsana che forse, forse anche tu che sei gay meriti l’infelicità. È un’idea difficile da sradicare e facilissima da innestare, supportata tacitamente da una società che vede il diverso come accessorio quando non lo vede come nemico. Ed è un’idea con cui molte giovani persone LGBTQ+ entrano in contatto.

Quando iniziai a leggere questo libro due anni fa, forse troppo abituato a quel tipo di narrativa, rimasi un po’ infastidito dalla leggerezza con cui veniva trattato il tema dell’omosessualità nei primissimi capitoli. Credevo ci volesse una sensibilità particolare, una dedizione e un’amore per la profondità con cui si sviscerano tematiche importanti per parlare di un adolescente gay, forse proprio perché io stesso ho passato gran parte della mia vita a fare a pugni col mio orientamento sessuale: due anni fa non riuscivo ad accettare che una cosa da me così sofferta potesse essere raccontata con una certa vivacità di fondo, in maniera colloquiale e con grazia.
La stessa leggerezza si riflette anche nel modo in cui è scritto il romanzo: la prosa è essenziale, dritta al punto, fresca e non calcolata, lontana da quella che preferisco solitamente. In questo il libro non eccelle, e probabilmente potrebbe fare compagnia a quelle numerose storie che solo qualche anno fa definivo troppo superficiali, prive di complessità e leggere.

Ma oggi sono contento di dire che qualche anno fa mi sbagliavo.

Mai come ora i ragazzi meritano e hanno bisogno di storie appassionanti, positive e soprattutto leggere, in grado di accogliere un ampio pubblico di persone e di dare l’occasione ai giovani di vedersi e ritrovarsi all’interno della letteratura grazie a modelli di tutto rispetto, senza una morale finale o una lezione da apprendere.
In questo, il lavoro di Becky Albertalli è ancora più rivoluzionario di quanto non sembri: Non so chi sei ma io sono qui avrà il potere, negli anni a venire, di regalare un sorriso e un po’ di coraggio a giovani ragazzi queer, di aiutare qualche genitore a comprendere le difficoltà del coming out o, semplicemente, di garantire una piacevole esperienza di lettura a tutti quelli che ne cercano una.

Se è vero che le storie che consumiamo ci influenzano e ci formano, allora questo romanzo potrà davvero rendere il mondo un posto migliore. Io me lo immagino già: grande, colorato, privo di stereotipi e pieno di accettazione, amore, tenerezza e sensibilità.
Abbiamo ancora tanti passi da fare come società; per i giovanissimi queer nel 2018 (e soprattutto quelli che verranno) Non so chi sei, ma io sono qui è sicuramente un piccolo passo, ma nella direzione giusta.
Ed è la direzione in cui voglio continuare a camminare.

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Marco Locatelli
The Book Girls

26 anni, lettore compulsivo, amante del cibo cinese, procrastinatore professionista. Parlo di libri su Youtube e faccio maratone. Su Netflix.