Il cielo è rosso, di Giuseppe Berto

Raccontato da Aurelio Picca

The Catcher
The Catcher
2 min readDec 27, 2017

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(Unsplash / elaborazione grafica The Catcher)

Giuseppe Berto è uno scrittore dimenticato, rimosso.
Il cielo è rosso è un romanzo dimenticato, ma va letto assolutamente.

Parla di un’Italia e di una città, Vicenza, fatta ormai di detriti dopo i bombardamenti degli americani. Una città fatta di topi. Non si vedono gli aerei, non si vede niente, solo polvere.

Ci sono dei ragazzini che circolano, degli sciuscià che, idealmente, hanno abbandonato il Sud, Napoli, per emigrare al Nord.

(via)

Il cielo è rosso perché è un terremoto dell’anima: questi bambini che si aggirano tra le macerie, che si innamorano, che sono costretti a essere adulti, immediatamente adulti, perché il dolore della guerra e la necessità della guerra gli impongono di fare i conti con la morte e con il dolore.
Li costringono a diventare, irrimediabilmente, adulti.
Però hanno una grande tenerezza, gliela si legge sulla pelle bianca. Sono vestiti di cenci, ma, paradossalmente, è tutto questo, la morte, il dolore, quel cielo — rosso di un imminente nuovo terremoto — a farli casti, a coprirli con una purezza assoluta.

La cosa terribile è questa: il mix tra un dolore che è sempre visibile sotto la cenere delle case spappolate e i protagonisti che sono adulti perché sono costretti a esserlo.

Costretti a rubare, a fare l’amore da grandi, anche se portano dentro di sé questo fuoco dell’infanzia che li fa puri, che li fa bellissimi. Sono dei piccoli pagliaccetti che si aggirano tra le macerie, interscambiabili con i gatti randagi e con i topi.
Esseri organici nati dalle bombe e non dalla terra, non dalla natura, non dal ventre delle loro madri.

Aurelio Picca è scrittore e poeta. Come tutti i poeti non vive solo di poesia e collabora con i principali quotidiani nazionali, tra cui «la Repubblica», «Il Giornale», «Il Corriere della Sera», «Io Donna». È un grande appassionato di arte e design. Colleziona anelli.

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