L’intonacatore che imparò a volare

La storia di Eddie The Eagle

Luca Forestieri
The Catcher
5 min readFeb 23, 2018

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Dal film “Eddie The Eagle” (via)

Dopo l’uscita del film firmato da Dexter Fletcher, che ne ripercorre la storia personale, Michael Edwards ha guadagnato 10.000 sterline l’ora per ogni apparizione pubblica, per un totale di 750.000 in un anno. Poi, inspiegabilmente ha dichiarato bancarotta, incolpando coloro che gestivano il suo fondo fiduciario, ma la ciliegina sulla torta è la moglie che lo molla. Si trova così costretto a lasciare la casa di famiglia e a sistemarsi nel capannone in giardino. Mai come parlando di Michael Edwards potremmo dire che l’importante è partecipare, anche se nel suo caso non era solo importante, ma essenziale.

Michael Edwards, foto di Mirror Uk

Mettiamola così: Se Michael Edwards fosse vissuto dopo Michael Edwards, quello che ha fatto non sarebbe stato possibile. È chiaro? Direi di no.
Proviamo così allora: fatta una legge, trovato l’inganno, recita il famoso proverbio. Eppure, per quanto possiamo esser bravi nella nobile arte della previsione, o della preveggenza, sì, insomma, a capire quali siano i crimini in cui un umano prima o poi possa inciampare, e stilare di conseguenza un corpus di leggi per non farci trovare impreparati, ci sarà sempre qualcuno capace di anticipare questo fenomeno. In modo da esser costretti a scrivere una nuova legge su misura per un crimine non calcolato.

Facta fraus, inventa lex. Geniale.

Ecco, nonostante quello di Michael non può considerarsi un inganno, ma solo il coronamento di un sogno infantile su cui nessuno avrebbe scommesso un soldo bucato, il Comitato Olimpico Internazionale, dopo la sua bravata del 1990, istituì quella che oggi è nota come la regola di Eddie the Eagle.
Chiaro così? Nemmeno. La verità è che l’incipit più bello che si può dare a questa storia l’hanno già usato qui. L’autore risponde al nome di Maccio Capatonda, e la citazione è presa in prestito da una raccolta indecifrabile di massime non ancora redatte in un testo definitivo. Fa più o meno così: “Esitono storie che non esistono”.

Una di queste inizia così: Da una parte c’è un giovanissimo sciatore di discesa libera, dallo stile rozzo e inconfondibile, con il sogno di partecipare alle Olimpiadi, che capisce però di non avere speranze nella convocazione per Calgary. Dall’altra una disciplina olimpica alla quale l’Inghilterra non partecipa da 60 anni, il salto con gli sci. È il 1986, e in quella che può considerarsi — privati del senno di poi — una scelta avventata e balorda, il giovane Michael Edwards dichiara alla federazione olimpica che a Calgary 1988 lui avrebbe gareggiato come rappresentante della nazione inglese nella disciplina sopracitata. “Ha bevuto, ragazzo?”, avranno risposto i presidenti della federazione, squadrandolo da capo a piedi.

Eddie e la sua squadra

Michael non aveva né il fisico né l’esperienza. Pesava circa 10kg in più della stazza media di un saltatore ed era anche affetto da ipermetropia, portava infatti degli occhialoni a fondo di bottiglia che si appannavano ogni volta che risaliva le scale fino alla cima. Il rampollo di Cheltenham però non ha tempo da perdere, l’obiettivo non è solo partecipare infatti, ma arrivare almeno ultimi, cioè far vedere al mondo che ha imparato ad atterrare senza farsi male. Decide così di trasferirsi a Lake Placid, negli Stati Uniti, senza un soldo e senza armamentario. Tutti gli sponsor a cui ha fatto richiesta di finanziamento lo ignorano, ma lui rimedia l’attrezzatura in un ufficio degli oggetti smarriti, e dorme tra macchine, capannoni e ripostigli.

Eppure Michael ce l’ha — cosa non si sa, ma ce l’ha. Una minestrina di fede, determinazione e sogno.

Ricordando che questa disciplina di norma prevede un allenamento che inizi intorno ai cinque anni, Michael in breve tempo ottiene risultati pazzeschi. Dopo aver saltato con facilità dal trampolino dei 15mt, si rende conto di avere le basi e le doti. Innate o guadagnate dalla sua esperienza nella discesa libera non importa. Così in una parabola di successo crescente, ma decisamente affrettata, nel giro di poche settimane affronta il trampolino dei 70 mt. Qui, in un anno di allenamento, Michael riesce a rompersi mascella, clavicola, tre costole, il ginocchio, danneggiarsi un rene e fratturarsi il cranio, ma dopo un mese eccolo di nuovo ad allenarsi.

Sarà andata più o meno così le prime volte.

Alle selezioni la trasformazione è in atto: Michael vola. La sua prova non è memorabile, registra il punteggio più basso della gara, ma allo stesso tempo è il nuovo record inglese! La felicità è incontenibile, l’incredulità di reggersi in piedi dopo l’atterraggio è sconcertante. Di fronte agli sguardi sorpresi del pubblico sorride, si aiuta con le mani per fermare la discesa rovinosa degli sci e, ormai fermo, inizia ad agitare le braccia sopra e sotto come un pennuto.
È lui, è Eddie the Eagle.

Quando arriva la notizia della qualificazione dal Comitato Olimpico Michael sta lavorando come intonacatore e risiede in un ospedale psichiatrico perché le stanze, l’ha detto lui, “costavano poco”. Al suo arrivo a Calgary è già una star e all’aeroporto una televisione canadese lo accoglie con un cartellone con su scritto: “Benvenuto, Eddie the Eagle”. Durante le Olimpiadi la sua prova si rivela prevedibilmente la peggiore ma nonostante alcuni giornali e spettatori lo considerino un pagliaccio, la storia di Michael desta tanto scalpore che l’allora presidente Ronald Reagan lascia improvvisamente una conferenza per assistere alla gara. Qui, Eddie, entra di diritto nella storia.

Nessun albo d’oro storico del podio, no, ma in quella degli underdogs, sì — per dirla all’americana.

Questa è la scena finale del film che più o meno gli rende giustizia.

Inaspettatamente Eddie decide di saltare anche dal trampolino dei 90 mt. In media i saltatori che gareggiavano con lui quel giorno avevano dai 30.000 ai 50.000 salti di esperienza dietro le spalle, lui appena cinque.

Eddie però, a volare, ha ormai imparato.

Le parole di encomio a lui dedicate da parte del presidente del Comitato Organizzatore, Frank King, durante la cerimonia di chiusura, probabilmente riecheggiano ancora nella sua testa: “in questi giochi alcuni hanno vinto la medaglia d’oro, alcuni hanno battuto dei record. E altri hanno addirittura volato come un’aquila”.

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