L’Europa in bilico

La seconda edizione del FILL, Festival of Italian Literature in London

Elisa Tasca
The Catcher
5 min readOct 26, 2018

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L’Unione Europea sembra fare acqua da tutte le parti. Se nei parlamenti dei singoli Stati tutti litigano, nell’emiciclo di Bruxelles lo fanno ancora di più. È uno scontro fra generazioni: la vecchia Europa contro la nuova Europa (o quel che resta).

Antonio Tajani, Presidente del Parlamento europeo, ha ricordato il ruolo fondamentale dell’Unione nel mantenere gli equilibri internazionali: “Non credo che in quest’Italia ci siano nostalgici o eredi del nazismo o della dittatura comunista sovietica. Due orribili e devastanti sistemi politici che hanno prodotto ferite devastanti all’Europa. Grazie a Dio queste due dittature sono scomparse grazie all’Unione Europea”. Settant’anni di pace dopo secoli di sanguinosi conflitti sono un traguardo da non sottovalutare. Eppure la voce di Tajani è stata interrotta dalle risate fragorose di Nigel Farage, il sovranista più favorevole all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione. Un’unione che si sta sgretolando senza che nessuno sappia come fermare questo crollo. E quel che è rimasto è solo il nome, unione, perché nei fatti l’Europa è sempre più divisa: i nazionalisti e i sovranisti si impongono su tutti, le destre stravincono e i socialisti indietreggiano, il razzismo ritorna e le frontiere si richiudono. Da un mondo globale si sta tornando a mano a mano a tante piccole comunità, arroccate nella difesa dei propri interessi.

Eppure un’intera generazione, inascoltata, ci crede ancora. La Gran Bretagna, quella più ai ferri corti con l’Unione, ha visto lo scorso sabato quasi 700 mila persone sfilare per le strade di Londra chiedendo a gran voce di fermare la Brexit. Ci credono anche quei 700 mila cittadini italiani che hanno visto nell’Inghilterra una sorta di terra promessa e che ora vivono lì. 700 mila cittadini italiani che vivono doppiamente in bilico, fra il disastro annunciato della Brexit e la crisi democratica in Italia. Non è un caso dunque che l’esperienza della migrazione e dell’essere stranieri sia tra le suggestioni forti del programma del FILL, un giovane festival indipendente che può contare su un forte senso di comunità — quella della squadra di volontari che lo organizza; quella della rete di partner e consulenti che lo supportano; e quella del suo pubblico multilingue.

Sabato 27 e domenica 28 ottobre più di 40 ospiti internazionali si confronteranno sui temi dell’attualità incrociando politica e letteratura al Coronet Theatre di Notting Hill.

Il mondo di oggi

La resurrezione dei nazionalismi è un fenomeno visibile in tutta Europa: i movimenti populisti continuano a ottenere consensi mentre i partiti tradizionali sembrano sempre più obsoleti. E con loro anche l’Europa. A parlarne saranno Donald Sassoon, Lorenzo Marsili e Annalisa Piras, che tracceranno un quadro di quelle che sono le nuove minacce europee.

Anche il ritorno dei fascismi è un tema reale, che sembra però essere sottovalutato. L’apologia del fascismo è reato in Italia ma la legge non basta a vietare che gli ideali rinascano. Paolo Berizzi e Joe Mulhall ripercorrono le nuove ondate d’odio e razzismo nel nostro paese e nel Regno Unito, disegnando una nuova fisionomia del fascismo, che richiede con maggior insistenza libertà di espressione e garanzia democratica, contro gli oppressori incarnati dall’UE, dai mercati e dalla vecchia politica. I neofascisti si presentano come i protettori della patria e della razza: “Prima gli italiani” è lo slogan di uno dei due partiti al governo nel nostro Paese. Alla narrazione che vuole l’Europa assediata da un’invasione di migranti, Forensic Oceanography contrappone uno studio rigoroso dei fenomeni migratori, volto a indagare le violenze subite dai migranti che cercando di attraversare il Mediterraneo per approdare sulle sponde europee. Al FILL ne parleranno Lorenzo Pezzani, ricercatore di Forensic Oceanography, e Matteo de Bellis, ricercatore di Amnesty International.

Il ruolo della letteratura

La letteratura non ha un compito facile: raccontare un mondo in continua evoluzione richiederebbe velocità e immediatezza. Ali Smith, Olivia Laing, Walter Siti e Fabio Deotto spiegano come anche gli scrittori possano raccontare le ansie di oggi con quel ritmo più lento e riflessivo cche fa parte del DNA della letteratura. Se fino a un secolo fa i protagonisti delle storie sognavano la Mitteleuropa e il cosmopolitismo, oggi, nell’epoca della Brexit e delle morti in mare, le ispirazioni sono del tutto diverse. Nicola Lagioia, Mathias Énard e Catherine Taylor dialogheranno su come la tradizione del romanzo europeo possa stabilire un nuovo canone di fronte alle turbolenze politiche, dando spazio alle geografie e alle voci inascoltate. Come quelle degli scrittori di origine africana, raccontati da Igiaba Scego, Sharmaine Lovegrove e Marianne Tatepo, che stanno finalmente trovando spazio nel panorama culturale occidentale contemporaneo. Un tentativo che viene fatto anche da altri tipi di narrazione, come quello seriale o televisivo. Veronica Raimo e Sophie Mackintosh, per esempio, racconteranno come la serie “The Handmaid’s Tale” abbia portato il tema del femminismo nel dibattito letterario. Due linguaggi, quello scritto e quello audiovisivo, sempre più in connessione: anche Eva Ferri, Lisa Appignanesi e Haydn Gwynne parleranno delle relazioni tra libri e serialità televisiva, a partire dall’adattamento per la tv della saga de L’amica geniale di Elena Ferrante.

La patria

L’unica patria di uno scrittore è la sua lingua, disse Roberto Bolaño. Ma cosa succede quando un autore o un’autrice si trasferiscono in un’altra città e decidono di scrivere in un’altra lingua? Xiaolu Guo, Saleh Addonia e Vanni Bianconi racconteranno al FILL cosa significa sentirsi stranieri ed estranei a Londra, che più che una città è uno stato della mente. Michela Murgia e Ben Okri, invece, si confronteranno con la sfida di raccontare il proprio Paese evitando clichè e visioni da cartolina. E infine, la traduzione: tradurre un libro non significa solo tradurre la lingua ma anche la cultura di un Paese. Vincenzo Latronico e Sophie Collins spiegheranno perché la traduzione è sempre un atto politico: da un lato può sovvertire e rovesciare idee e stereotipi su ciò che è straniero e ciò che non lo è, dall’altro può rafforzare preconcetti e restringere la visione del mondo .

Il programma completo del FILL lo trovate qui.

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