Ho mentito sui miei gusti musicali per baciare un deficiente

Un racconto di Elena Mariani

The Catcher
The Catcher
8 min readFeb 8, 2018

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Cosa succede quando si passa un’estate della propria adolescenza in famiglia, come tutti gli anni, in una paesino della Calabria? Si mangerà come se non ci fosse un domani? Si porteranno le nonne e le zie in balera? Sì certo, ma non solo.

Elena ci racconta con ironia che, come se non bastasse avere una cugina coetanea bella e spigliata, ha anche dovuto fare i conti con il suo nuovo fidanzato e che, per stare al passo con la situazione, non è servito avere dei bei capelli, dei vestiti fighi e soprattutto una cultura musicale degna di questo nome di cui fregiarsi, anzi… Alle volte per ottenere quello che crediamo di volere, si finisce proprio per rinnegare quello a cui teniamo di più.

Questo racconto è apparso su «Abbiamo le prove» ed è stato selezionato per Atlante Nazionale da Eleonora Potente.

Zona: Calabria

Non ho mai considerato le mie vacanze come vacanze — appunto — ma come un lavoro 24 ore su 24, 7 giorni su 7, nel mio caso si trattava di almeno tre settimane di lotta continua contro lolite mediterranee dall’accento prepotente.
A 16 anni, come ogni anno della mia vita, sono “scesa” al mare in Calabria.
Per chi, come me, ha i parenti al Sud, la via è una e una sola: la vacanza nella terra dei nonni, lo stare tutti insieme almeno una volta l’anno, come se fosse una puntata speciale di Friends: The Reunion.

Io ho avuto la fortuna/sfortuna di avere una cugina della mia età, la bella e spigliata Angela, che nonostante non arrivasse dalla città, nonostante non sapesse cosa fosse una metropolitana o una connessione internet, ha sempre avuto la capacità di far sembrare la sua vita molto più appagante della mia.

Ogni anno, prima di intraprendere in auto uno di quei viaggi della speranza sull’autostrada del Sole (roba che in confronto l’operazione «Milano Palermo solo andata» è il brucomela), mi piantavo davanti allo specchio e mi ripetevo:

«Elena sei cicciona, ma hai dei bei vestiti, dei bei capelli e hai appena iniziato un percorso musicale importante, ma soprattutto hai le tette.»

Oh, facciamo poco gli snob, qualcosa me la dovevo dire pure io. E la cosa in cui credevo ciecamente era il percorso musicale importante, o meglio… Avevo appena abbandonato il rap per cimentarmi in robe di bjorkoniane pretese, senza scordare che erano gli anni delle infinite tavole di architettura iniziate sempre drammaticamente a mezzanotte guardando Brand:New su MTV. Quindi no, tutta questa importanza musicale a dire il vero non c’era.

Dopo aver ripetuto questo mantra partivo serena, eccitata dall’idea di chi mi potessi innamorare in quell’anno. Scusa mamma.

Ad aspettarmi c’erano le polpette al sugo della nonna e il meeting con mia cugina. Un meeting specialissimo che avveniva su un letto malmesso nella veranda di casa sua. Lì ci raccontavamo l’anno passato, dai parto io:

«Ho scoperto che il Pantene mi fa male ai capelli, guarda non ti dico nemmeno con quanti manzi ho limonato in questi mesi, sì vado nei centri sociali, hai presente? Non sai chi è Apparat? I Joy Division? Va be’, ma tu cosa racconti?»

Ogni anno che passava mi sentivo sempre più potente: se il mio fisico non si piegava ad assomigliare a quelli del bollente calendario di Alessia Fabiani & Mascia Ferri, allora la mia mente avrebbe dovuto prendere il controllo totale della cosa. Sentivo il dovere di crescere in fretta, di fare dei miei divertimenti occasioni per acquisire una conoscenza superiore.
L’estate dei miei 16 anni è quella in cui mia cugina dice:
«Io mi sono fidanzata!»

Ma porcatroia. Angela racconta di come lui l’abbia pregata di lasciargli il suo numero e di farne il suo fidanzato in casa, cioè di presentarlo ai genitori. Resetto immediatamente l’appassionante anno passato, fatto di scoperte e di vino sorseggiato al pub Tridente di Monza.

Ma che idiota che sono, ogni anno mi configuro come una gnocca qualsiasi dei video di Sean Paul, stesa sulla sabbia a parlare di musica, come se mia nonna mi apprezzasse di più perché io so chi è Brian Eno.

Ma che si fotta Brian Eno. Ridimensionata, vado nella mia magione estiva, lontana tre vie da quella di Angela, e torno a respirare. Poco dopo, mia cugina mi presenta questo santone sceso in terra: un ragazzo alto e garbato che non sembra affatto pensare a come scrollarsi di dosso la cugina sfigata della sua fidanzata… Non lo pensa, eh, ma fatto sta che passo metà della vacanza accompagnando le zie a ballare la taumaturgica danza della bomba al bar del posto. Non mollo, provo a buttargliela lì con discrezione: «Senti maaa, lui non ha degli amici?»

Angela mi rivela che il suo ragazzo ha tanti amici, tutti ragazzi prodigio dell’università del posto. Ah guarda, su questo non ho problemi! Sarò anche timida, ma non scema: la mia dialettica, le altolocate scuole private che frequento e quell’annetto di pianoforte consumato da bambina fanno di me una di quelle ragazze della buona borghesia cittadina. Se non proprio un intero di quell’immaginario, almeno una copia sbiadita. Angela mi promette che organizzerà qualcosa. Poi, un’apparizione divina! Durante una di quelle noiose serate passate con mamma e zie al seguito, noto un vero manzo, uno di quelli scuri, con la mascella squadrata e i capelli lunghi. Sono in estasi, sono Elisabetta Canalis e ho appena visto il mio Bobo Vieri, accostamento non azzardato in quanto anche il tipo si diletta nell’indossare dei pinocchietti bianchi. La sera dopo esco con mia cugina e il suo fidanzato, mano nella mano mi annunciano che vogliono presentarmi un ragazzo. Un ragazzo? Dai, onestamente non mi interessa, sono intenzionata a ritrovare il mio adone. Loro insistono nel presentarmi questo tizio, due secondi dopo stiamo già andando a prenderlo a casa di sua zia. Durante il tragitto mi configuro tutti i tipi che mia cugina ha tentato di rifilarmi nelle stagioni precedenti, tra cui spiccano: Mozzarella l’albino della spiaggia, la Piovra del mio primo bacio e il Pineta, soprannominato così per ovvie ragioni. La macchina si ferma, l’amico del fidanzato di mia cugina sale in macchina… Ma è proprio il mio Bobo Vieri! Le mie labbra si aprono per presentarmi mentre nella mia testa risuona un castissimo «È FORSE QUESTO L’ANNO DEL MIO MATRIMONIO?».
Bobo, lo chiameremo così (negli anni a venire sarà soprannominato Il Cafone), studia all’Università di Cosenza ed è appassionato di musica. Perfetto! È grande, è gnocco e chissà quanti gruppi pazzeschi conosce! Tutti e quattro andiamo in un maestoso locale sulla spiaggia.

C’è da dire che in Calabria non c’è un cazzo, ma come piantano le palme lì, ragazzi, manco Miami.

Inizia la fase d’attacco: «Allora, che musica ascolti?»
«Mmm, roba italiana.»

Elena non dare giudizi affrettati, magari ascolta i Sangue Misto, i CCCP, i Sottotono, i Marlene Kuntz… Ha cinque anni più di te, sicuramente i suoi sono gusti importanti, gusti che potrai assimilare in un anno di relazione a distanza, gusti che condividerete nello scaffale dei cd del vostro futuro nido d’amore. Continuo con modestia: «Ma tipo? Fammi qualche nome, qualcuno potrei anche conoscerlo.»
«Be’, Ligabue, i Nomadi, Nek…»

Deglutisco a forza l’ennesimo porcatroia della vacanza. Ma in fondo Elena, che cosa ne sai tu della formazione musicale di Nek? Che ne sai tu di quando Filippo Neviani ha deciso di accantonare la sua passione per il krautrock per dedicarsi al pop da classifica. Convinta della mia teoria, immagino Nek passare dall’ascolto dei Neu! alla stesura di un pezzo come Almeno stavolta. Zitta Elena, non sarà la tua inutile insolenza musicale a impedirti di limonare Bobo Vieri.

«Ti canto un pezzo di Nek?»
«S-sì, perché no.»

Bobo si è accorto del mio tentennare. Per carità, si esibisce lo stesso, non sia mai che qualcuno nel locale lo fermi o lo derida, ma da come mi guarda si aspettava un maggior entusiasmo da parte della sua giovane corteggiatrice.

«Ma in verità ho un’anima più rock, mi piacciono gli U2…»

Ora, non so cosa volessi dimostrare a mia cugina, al suo ragazzo, a mia nonna, ai Bobo passati, presenti e futuri della mia vita, ma fatto sta che ho detto quello che ho detto:

«Ma dai? Io sono stata al concerto, da brividi!»

Sì, ho mentito. Io, Elena Mariani, ho mentito sulla mia presenza al concerto degli U2. Mentre blatero ad alta voce della potenza del gruppo irlandese a San Siro, nella mia testa passano le immagini di Bono che mi supplica «Elena cancella QUESTO debito», vedo la mia eroina Beyoncé farmi no con il dito, vedo il mio diario scolastico con i testi di Bjork ricopiati a mano dissolversi nel nulla. Continuo nella mia menzogna, Bobo si rivela talmente un credulone che accenno a una possibile parentela con il loro manager.

Quella sera non pomiciamo nemmeno, il coglione mi stringe a sé e mi chiede di esprimere un desiderio. Siamo su un’amaca, secondo te cosa desidero?

Un set di Miracle Blade? Un pony? Ritrovare la mia dignità forse? Esausta, mi gioco la carta della pace nel mondo mentre rifletto su quello che ho fatto: ho mentito sui miei gusti musicali per stare sull’amaca con un coglione.

Quell’agognato limone avviene solo qualche giorno dopo e nel più classico degli scenari vacanzieri: in acqua e con il tramonto alle spalle. Dopo quell’estate non ci siamo mai più salutati — da lì il titolo Il Cafone — e i miei flirt estivi si sono rivolti altrove. Scusa ancora mamma.

Di quell’estate conservo ancora il cd misto, come memento mori. Da allora non ho mai più mentito a un uomo.
Musicalmente, si intende.

ATLANTE NAZIONALE è una collana di racconti con un’ambientazione circoscritta e ben delineata, che si pone l’obiettivo di rappresentare, da nord a sud, l’Italia attuale.

Racconti apparsi negli ultimi anni su alcune delle più interessanti riviste letterarie indipendenti, riscoperti e selezionati dagli allievi del corso “Editoria per esploratori coraggiosi”, impreziositi dai collage di Andrea Falcone e dagli acquerelli di Alice Rebolino. Una collana a cura di Francesco Sparacino, per raccontare l’Italia di questi anni e approfondire il mondo delle riviste letterarie.

Elena Mariani è nata a Monza nel 1989. Nel 2010 ha aperto il suo blog Non esistono più i lettori CD figurati l’amore per scrivere di musica e pop culture. Subito dopo ha iniziato a collaborare per diversi siti tra cui Grazia, Rockit, DLSO e Noisey.

«Abbiamo le prove» è una rivista nata nel 2013 da un’idea di Violetta Bellocchio. La rivista si fa portavoce di racconti e storie di vario genere, ma il fil rouge rimane sempre uno: le autrici sono esclusivamente donne, che si raccontano e/o narrano esperienze realmente accadute.

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