Una forma di rabbia sostenuta: il risentimento secondo McEwan

Voci sull’Età del Risentimento

The Catcher
The Catcher
6 min readMar 21, 2017

--

Ian McEwan negli uffici di Einaudi, a Torino

A cura di Valentina Rivetti e Sebastiano Iannizzotto. Un grazie particolare a Greta Messori per la sua consulenza linguistica!

Cos’è il risentimento?

Penso che sia un’emozione strettamente collegata alla rabbia. Se dovessi definirlo, potrei dire che il risentimento è una forma di rabbia sostenuta. In altre parole è una rabbia che si fa cronica e perdura nel tempo. Può essere fredda, non esplicitata, oppure diventare “calda”, fare grande rumore e trasformarsi in violenza. Non è strano che il risentimento, anche quando è freddo, conduca a un’esplosione, come fosse una pentola a pressione.
In un certo senso, quando mi chiedete se è un sentimento moderno, state già rispondendo parzialmente alla domanda, perché partite dal presupposto che ora ce ne sia più di prima. Non ho spiegazioni per questa escalation.

Sentimento personale o collettivo?

Entrambe le cose. Lo si trova sia nel singolo che all’interno di frammenti della società. Lo si può misurare attraverso i cosiddetti sondaggi soggettivi. Per esempio, tra i Paesi in cui si è poco risentiti c’è la Norvegia, da poco dichiarata il più felice Paese al mondo. Sono abbastanza contento di questa cosa perché è lì che il mio feto voleva andare a vivere (il protagonista di “Nel Guscio”ndr): ha scelto bene questa volta, la Norvegia è al primo posto nel World Happiness Report 2017, ha superato perfino la Danimarca. Eppure credo che anche in Norvegia troveremmo del risentimento, anzi, ne sono convinto perché là c’è un forte partito populista.

(via)

Chiaramente, anche i singoli individui possono nutrire il loro risentimento. C’è una famosissima poesia di William Blake che descrive il risentimento come un albero e dice più o meno così: “ero arrabbiato con il mio amico ma non gliel’ho mai detto, la mia rabbia era come un albero e io ogni giorno lo annaffiavo”. Quando invece a provare risentimento è una comunità, un gruppo, diventa importante individuare il legame con l’ingiustizia sociale. L’ondata di populismo che ha interessato il mondo mostra come una grande parte della società si senta esclusa dal generale aumento del benessere e delle opportunità — opportunità che sembrano, invece, essere in espansione per l’altra parte della società.

C’è poi da dire che il risentimento può anche avere cause illusorie. Alcuni Paesi hanno un altissimo tasso di occupazione e una buona situazione economica, ma la popolazione viene in qualche modo persuasa dai populisti a provare risentimento. Ad esempio, non tutte le persone che hanno votato per Donald Trump erano minatori disoccupati del West Virginia. A distanza di qualche mese disponiamo di analisi dettagliate sulle tipologie di persone che lo hanno votato e possiamo notare come molti di loro godessero di una situazione abbastanza stabile: avevano un lavoro, avevano anche un buon livello d’educazione. Eppure le persone possono essere persuase che il loro Paese sia stato in qualche modo rubato dagli immigrati o dai banchieri e che questo sia successo in modi che non erano mai stati pensati prima.

Dunque, in un certo senso, il risentimento può essere artigianalmente prodotto, costruito.

Inoltre se sicuramente esiste un tipo di risentimento che è illusorio, c’è anche un risentimento che ha le sue radici in un profondo senso di giustizia, o ingiustizia (dipende da dove la si guarda — ndr), nel razzismo, nella disoccupazione. Se fate una passeggiata in alcuni dei sobborghi delle banlieue parigine, dove vivono moltissimi algerini, potete percepire un risentimento che si taglia col coltello. È davvero molto potente ed è a quel punto che si mescola a un’identità, il che equivale ad annaffiare l’albero di cui parlavamo prima.

È corretto parlare di sentimento “moderno” — ovvero un sentire figlio soprattutto di questo particolare momento storico, che nasce dal gap tra aspettative e realtà — o il risentimento rimane una reazione fondamentale, inscindibile dalla natura umana? E ancora: ha più a che fare con la rabbia, la vergogna o la paura?

Penso che rimanga un’emozione umana universale, proprio come la rabbia: gli psicologi sociali definiscono la rabbia un’emozione sociale ed è vero, perché in fin dei conti è un modo per controllare gli altri, per mantenerli “in riga”. In questo senso funziona come il senso di colpa, anche quello ci tiene in riga. Avete però menzionato anche la vergogna: questo è molto interessante perché il senso di colpa e la vergogna sono intimamente collegati, quando le persone sono indotte a sentirsi in colpa, infatti, cresce in loro il risentimento. È una reazione quasi immediata, perché le persone sentono di essere state messe in quella posizione.

Sei mai stato vittima del risentimento di qualcun altro a causa del tuo successo?

Molto probabilmente tutte le volte che pubblico un libro e leggo una terribile recensione, o meglio: mi piace pensare che quando succede si tratti di un’espressione del risentimento. Ma in realtà è una forma di autoprotezione. Non posso parlare di come funzioni in Italia, ma posso parlare della realtà britannica. C’è una grande differenza fra Regno Unito e Stati Uniti quando si parla di successo.

Quando negli Usa qualcuno riesce a raggiungere il successo, si percepisce una genuina aria di festa, tipo “ehi, ce l’hai fatta: grande!”. Nel Regno Unito invece le persone sono contente quando tu inizi ad avere successo, ma quando raggiungi la vera fama, in quel momento vorrebbero vederti cadere. Questo è il meccanismo su cui si basano molti dei nostri tabloid: andare alla ricerca dei segreti di musicisti, attori, registi e sportivi per cercare di rovinargli la carriera. Ma questa missione distruttiva si innesca solo quando arrivano abbastanza in alto. Comunque c’è da dire che la fama letteraria non raggiunge i livelli di quella calcistica. La peggiore accusa che si possa rivolgere a un autore è dirgli che ha rubato un’idea, che il suo libro è troppo simile a quello di un altro. A me è capitato di subire attacchi di questo tipo, ma mai quando ero uno scrittore sconosciuto: solo nel momento in cui ho raggiunto una certa fama.

Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Italia: sembra che lo storytelling del risentimento stia vincendo un po’ ovunque. Perché, secondo te?

Non sono sicuro che questo storytelling stia vincendo o che il risentimento stia crescendo.

Credo che sia sempre stato lì.

Tutto ciò che ho detto punta alla definizione di un’emozione molto sottile: abbiamo parlato del senso di colpa, della vergogna e di un sentimento che dura nel tempo. E qui arriviamo allo storytelling: il tempo è un elemento cruciale nella costruzione del racconto. Seguire il destino di un individuo nel tempo e indagare la natura inespressa del risentimento — natura che conduce, in fondo, a una sorta di esplosione — sono gesti narrativi terribilmente affascinanti.

--

--