Martin Eden, Jack London

Raccontato da Francesca Serafini

The Catcher
The Catcher
3 min readNov 22, 2017

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(Unsplash / elaborazione grafica The Catcher)

Martin Eden mi fa venire in mente una poesia molto breve di Jacques Prévert, in cui primi versi dicono così:

ha messo la sua testa il domatore nella gola del leone io infilavo due dita solamente nel gargarozzo dell’alta società ed essa non ha avuto il tempo di mordermi.

Si tratta di Per ridere in società e sono convinta che, in qualche modo, se Martin l’avesse letta non avrebbe fatto la fine che ha fatto.

Jack London alla scrivania (via)

Martin Eden è un marinaio dalle mani callose e dall’andatura oscillante perché abituato al movimento del mare, salva un giovane di buona famiglia in una rissa al porto e il giovane, per riconoscenza, lo introduce a casa sua: bella casa borghese dove conosce Ruth, la sorella del giovane, della quale Martin si innamora da subito perdutamente. Lo colpisce subito il divario tra la ricchezza e la cultura di lei, e la sua condizione, per questo cerca con ogni modo di avvicinarsi a lei, leggendo, studiando e facendo ogni cosa per arrivare al suo stesso livello. Leggere e studiare gli fa venire la voglia di scrivere e comincia a scrivere. Solo che il successo tarda ad arrivare e nel frattempo Ruth deve sottostare alle pressioni della famiglia che vuole che si separi da lui e infatti ci riescono, riescono a farla separare da lui.

Finché la barca va lasciala andare

A questo punto però fatalmente comincia per Martin un grande, grandissimo successo e viene anche il denaro e tutto il resto, ma è troppo tardi.
Martin lascia tutto, lascia tutto alle persone che gli sono state vicine nel passato e si imbarca su una nave: torna al mare. Su questa nave si consuma la sua tragedia perché la nave è divisa in classi. Lui avrebbe i soldi per la prima classe, ma è sempre più riluttante ad avere rapporti con l’alta società e allo stesso tempo non si trova più per discorsi con i marinai con cui a lungo aveva diviso la vita. Credo che sia un libro importante perché afferma con forza la necessità di un’identità di classe. Oggi sembra ormai un concetto superato: pensarla così è soltanto un’illusione o una rimozione conveniente. Credo che questo libro sia importante anche per questo, e poi anche perché è una storia bellissima e ha un finale che è uno tra i più belli che siano mai stati scritti. Tanti anni fa questo libro me l’ha consegnato mio nonno. Non so ancora se l’abbia fatto per mettermi in guardia, visto che io desideravo così tanto scrivere, come a dire “guarda la fine che potresti fare”. Oppure soltanto perché gli sembrava una bella storia e voleva che io la leggessi. So che gli sono grata e ora passo il testimone.

Abbiamo tutti conosciuto FRANCESCA SERAFINI al cinema per Non essere cattivo, di cui è stata sceneggiatrice e per cui ha ricevuto una candidatura ai David di Donatello. Quando si tratta di lingua italiana ci tiene a fare il punto della situazione, ma anche la virgola (Questo è il punto. Istruzioni per l’uso della punteggiatura, Laterza, 2012). Tifosa di lungo corso ha detto la sua sul calcio (Di calcio non si parla, Bompiani, 2014).

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