Sei personaggi in cerca d’autore

Le figurine dell’indipendenza catalana

Alessandro Magini
The Catcher
7 min readNov 23, 2017

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Antoni Tàpies, (via)

In politica non contano esclusivamente le posizioni e le ideologie dei protagonisti. Le sfumature caratteriali giocano un ruolo fondamentale nelle loro scelte e nei loro percorsi. Abbiamo quindi tracciato dei brevi identikit delle donne e degli uomini che hanno giocato (e stanno giocando) un ruolo determinante nella crisi catalana. Non delle sintetiche e fredde biografie, ma dei ritratti con aneddoti e frasi simbolo che ci aiutano a capire chi sono davvero, quali storie hanno alle spalle e quali siano i tratti distintivi delle loro personalità.

Ada Colau

Tutte le illustrazioni sono di Elisa Bellino

Quella di Ada Colau, 43 anni, occupante di case divenuta sindaca di Barcellona, è la storia di un’alternativa possibile ai leader dei partiti tradizionali. Lascia gli studi a soli 30 crediti dalla laurea in filosofia, parla fluentemente italiano dopo un anno di Erasmus a Milano. Ha dichiarato che l’essere nata qualche ora dopo l’assassinio di Salvador Puig Antich per mano di Franco “ha segnato il suo impegno nella lotta per un cambiamento sociale”. Diviene leader riconosciuta nella sua città dal 2009 quando fonda Plataforma de afectados por la hipoteca (Pah), movimento impegnato contro gli sfratti nel pieno della crisi spagnola. Nel 2015 è stata eletta sindaco di Barcellona alla testa della lista civica Barcelona en Comù. Da quando è stata eletta primo cittadino si è spesa soprattutto per l’accoglienza dei profughi e si è detta infastidita dai troppi turisti. Prima di diventare sindaco era considerata dal governo catalano:

una pericolosa attivista, una donna spigolosa con cui è difficile trattare.

Durante il referendum del primo ottobre ha invitato la cittadinanza alla partecipazione senza dare indicazioni di voto. La sindaca, che ha votato scheda bianca per protesta verso gli atti di forza dimostrati dal governo di Rajoy, è contraria all’indipendenza ma ha affermato:

Sono in favore dei diritti e delle libertà. Votare dev’essere possibile, sempre. La Catalogna deve poter votare. Come può la politica non ascoltare la voce del popolo?

Anna Gabriel

L’ala più oltranzista dell’indipendentismo catalano ha il volto di una donna. È quello della quarantaduenne Anna Gabriel, portavoce di Candidatura di Unità Popolare (CUP), partito di estrema sinistra a forte vocazione indipendentista. Nata a Sallent, figlia di minatori, ha studiato legge ed è professoressa di Storia del diritto presso l’Universidad Autónoma de Barcelona. Si occupa di politica dall’età di 16 anni, quando aderì a Plataforma Antifascista. Entrata nella segreteria nazionale della CUP, è riuscita a triplicare i consensi del partito puntando sul sentimento indipendentista. Femminista convinta, è nota per le sue provocazioni e il suo linguaggio diretto. Durante una manifestazione pro indipendenza, si è presentata sul palco con queste parole: “Soy una puta, traidora, amargada y mal follada”. Sul suo profilo Twitter festeggia il centenario della rivoluzione russa, posta foto di pugni chiusi ed è sempre pronta a difendere i militanti del suo partito, quando questi vengono arrestati in seguito a manifestazioni in cui vengono bruciate le foto del Re o le pagine della Costituzione spagnola. Ha sostenuto il governo di Puigdemont solamente per arrivare al referendum, ma quando il presidente della Catalogna ha preso tempo e non ha dichiarato l’indipendenza unilaterale, lo ha tacciato di vigliaccheria. I deputati della Cup sono stati gli unici, tra gli indipendentisti, a non applaudire il discorso di Puigdemont, e quando Anna ha preso la parola, le sue prime parole sono state:

è un peccato, avremmo dovuto dichiarare l’indipendenza.

Carles Puigdemont

L’uomo che fa tremare la Spagna ha l’aspetto di un uomo mite di 54 anni e capelli a caschetto, che negli anni Sessanta gli avrebbero conferito un look da ribelle e oggi danno un po’ l’idea del secchione. Eppure, da quando è stato eletto a sorpresa presidente della Generalitat, ha mostrato una fermezza e un coraggio che in pochi si sarebbero aspettati. Nato ad Amer, piccolo paese vicino a Girona, è il secondo degli otto figli di Xavier e Nuria Puigdemont, entrambi pasticcieri. Ha lasciato gli studi universitari in filologia per dedicarsi a tempo pieno al giornalismo, fondando l’Agència Catalana de Notícies e Catalonia Today. La passione per la politica gli è stata trasmessa dallo zio paterno Josep, primo sindaco di Amer dopo la dittatura franchista, che il giovane Carles aiutava già da adolescente a preparare i discorsi pubblici. Nel 2006 viene eletto nel parlamento catalano e dal 2011 al 2016 è stato sindaco di Girona, decide quindi di abbandonare il giornalismo per dedicarsi a tempo pieno alla politica. Relativamente sconosciuto, diventa presidente della Catalogna il 10 gennaio del 2016 grazie ad un accordo last-minute tra i partiti indipendentisti. Le sue prime parole da presidente sono state:

Questo non è tempo per i codardi. Tocca a noi assumerci le nostre responsabilità.

Da allora è andato dritto per la strada verso l’indipendenza, motivo per il quale è stato accusato di ribellione e sedizione. Per evitare l’arresto si è rifugiato in Belgio, dal quale rientrerà in Spagna solo se avrà “la garanzia di un processo equo”.

I due Jordi

Dal 2012 a oggi, ogni 11 settembre, milioni di persone scendono in piazza a Barcellona per chiedere la secessione della Catalogna attraverso un referendum. Le manifestazioni, sempre partecipatissime e colorate, non sono mai sfociate in episodi di violenza. Se questo è stato possibile, lo si deve a due associazioni indipendentiste: Omnium Cultural e l’Assemblea Nazionale Catalana, presiedute rispettivamente da Jordi Cuixart e Jordi Sanchez. Omnium è la più antica delle due associazioni, è stata fondata nel 1961 e dal ’63 al ’67 è stata dichiarata fuorilegge dal regime di Franco, pur continuando ad operare clandestinamente. L’ANC è nata nel 2012 come gruppo di pressione politica e si definisce un’associazione “trasversale e unitaria che ha come obiettivo l’indipendenza della Catalogna”.
I due Jordi sono stati arrestati il 16 ottobre con l’accusa di sedizione, da allora l’hashtag #LlibertatJordis è tra i più usati in Catalogna . Dopo l’arresto è stato diffuso un video in cui Cuixart si è rivolto ai catalani con queste parole:

Se state vedendo questo video è perché gli apparati dello Stato hanno deciso di limitare la mia libertà. Dal ’63 al ’67 la nostra sede fu già chiusa e, se riuscimmo a venirne a capo in quell’epoca, abbiate la piena certezza che saremo capaci di venirne a capo anche ora.

Il compagno di cella di Jordi Sanchez, stremato dai sermoni politici del leader indipendentista, ha chiesto e ottenuto di poter cambiare cella. “Non ne potevo più, non sopportavo i sermoni indipendentisti. Era una doppia condanna”.

Josep Lluis Trapero

Di carattere schivo e introverso, il maggiore dei Mossos d’Esquadra Josep Trapero è sicuramente uno dei protagonisti più carismatici e controversi della questione catalana. 52 anni, nato a Badalona, figlio di un tassista, Trapero è cresciuto a Santa Coloma de Gramenet, in Catalogna. Il 28 ottobre di quest’anno è stato destituito dal governo centrale in seguito all’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione spagnola. Indagato per sedizione, è accusato di aver tenuto un atteggiamento troppo morbido nei confronti degli organizzatori del referendum illegale del primo ottobre, quando i suoi agenti non hanno usato la forza per fermare i votanti, a differenza della Guardia Civil. È diventato un beniamino del movimento indipendentista quando, nella conferenza stampa della polizia in seguito agli attentati terroristici di Barcellona e Cambrils, ha risposto a un giornalista che gli rimproverava di parlare in catalano:

Se la domanda mi viene posta in catalano rispondo in catalano, se mi viene posta in castigliano rispondo in castigliano.

Quando il giornalista, stizzito per la risposta, ha abbandonato la sala, Trapero ha commentato con ironia “bueno, pues molt bé, pues adiós”, (bene, molto bene, allora arrivederci), utilizzando per metà il castigliano e per metà il catalano. Da allora la frase è stata fatta stampare su striscioni, magliette, tazze da the e cappellini. Su Twitter e Facebook sono nati diversi fans club del maggiore Trapero, con gli hashtag #InTraperoWeTrust e #TrapHero che hanno spopolato.

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