Fenomenologia quantitativa di Zerocalcare

Un viaggio infografico – anzi una gita, senza impegno – da “La profezia dell’armadillo” a “Macerie prime: sei mesi dopo”

Cartografi Letterari
The Catcher
13 min readOct 2, 2018

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Elaborazione grafica The Catcher

Zerocalcare è un fumettista e non è un tossico. Un po’ inconsueta come presentazione, ma mi ricordo che, durante una conferenza all’ultimo Salone del Libro di Torino, alla domanda “Quale pregiudizio ha la gente su di te?” disse che gli dispiaceva che alcune persone gli dessero del tossico perché ha i capelli rasati. Allora io, nel mio piccolo, provo a diffondere la verità, fare debunking. Zerocalcare, al secolo Michele Rech, è punk straight edge, cioè non fuma, non beve e non si droga. Secondo questi sciapi valori borghesi manco il mi’ padre è così per bene. E mio padre è molto per bene.
In anteprima alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia è stato proiettato La profezia dell’armadillo, regia di Emanuele Scaringi, film tratto dal suo primo libro, omonimo, uscito nel 2011. Ma l’autore ha già specificato che il film è una reinterpretazione del libro e quindi non lo seguirà pedissequamente.

“È normale che brucia, c’è pure scritto”

La profezia dell’armadillo vedeva un lutto improvviso costringere lo stesso Zerocalcare a confrontarsi con un primo amore, il tutto in una forma diaristica 2.0, storielle autoconclusive da blog legate dal fil rouge della storia con Camille.
Il suo ultimo lavoro invece è diviso in due parti: Macerie prime (2017, Bao) e Macerie prime: sei mesi dopo (2018, Bao). Già dal titolo capiamo che abbiamo a che fare con qualcuno costretto ad arrangiarsi, a costruire quello che può partendo dalle macerie di un mondo rovinato dalla crisi. In questi due volumi il gruppo di amici di Zerocalcare — l’autobiografismo è uno dei suoi tratti distintivi — deve confrontarsi con i problemi di un mondo che ci vuole sempre più in precario equilibrio; dovrà scovare la forza per affrontare i propri demoni e sconfiggere ogni meschinità.

Per riassumere, Michele è un ragazzo dell’83 che è cresciuto nell’ambiente dei centri sociali a Roma ed è diventato uno dei più importanti fumettisti d’Italia perché parla con genuinità e genera risate che non si fermano mai in superficie. Per quanto mi riguarda, è anche l’unica voce della nostra generazione che riconosco.

Per scrivere il pezzo ho provato a placcare questo autore con la fredda logica dei dati e della mia formazione accademica, ma non riuscivo a trovare informazioni o appigli significativi e interessanti. Cercando di capire perché, mi sono messo a rileggere La profezia dell’armadillo. Ho rivissuto la prima volta. Mi sono visto approcciarmi con scetticismo: un fumetto umoristico in romano? Mah, speriamo che non faccia ridere solo perché dice malimejomortaccituaeditunonno. Poi l’affezionarmi, l’emozionarmi, il chiudere il libro con un sospiro, incantato dall’ultimo capitolo e dall’ultima inquadratura, pardon, vignetta.
Zerocalcare è come se sapesse cosa mi rende triste, cosa mi fa paura, cosa mi emoziona. Mi parla. Mi dice che non sono l’unico a sentirmi così, mi ricorda che c’è vita sulla Terra e che dentro ogni paio di occhi che incrocio più o meno frettolosamente può esserci qualcosa di grande, un armadillo paranoico, un’orca pesante oppure un mostro tremendo.
Allora ho ripreso il lavoro senza più censurare in nessun modo le mie emozioni, perché di questo parliamo. Ed è dura per me, perché questi dati che ho raccolto mi sembrano irrimediabilmente freddi a fronte di un cuore tanto caldo.

Vicini e lontani

Zerocalcare non è un Michelangelo del disegno, ma con il suo tratto grottesco-umoristico, personale e inconfondibile, è riuscito a rimanere impresso nella mente di tutti. Questo perché i disegni non sono fini a loro stessi, ma al servizio del tono e del contenuto della storia. Così le inquadrature variano da campi lunghi che studiano Roma o le macerie, a primi piani che indagano le espressioni dei personaggi in ritratti che ereditano qualche influenza dal manga.

Ma Calcare parla soprattutto di emozioni, così l’occhio sta tendenzialmente vicino a chi le prova o le produce, attestandosi di solito su piani medi o mezzi primi piani, adatti a un dialogo dinamico.

Per dare testimonianza di questa tendenza mi sono permesso di contare le inquadrature che consideravo primi piani e quelle che consideravo campi lunghi o panoramiche. C’è un minimo d’arbitrio in tutto questo, ma ciò su cui mi sono concentrato è se il focus fosse sull’espressione dei personaggi o sull’ambiente (il quale alle volte ha lo scopo di sommergere i personaggi e farli vedere per quanto piccoli sono in confronto al mondo).
Già ne La profezia dell’armadillo infatti i primi piani sono prevalenti (93) rispetto ai campi lunghi (40), ma questa forbice si allarga in Macerie prime (140/38) per poi assestarsi in Macerie prime: sei mesi dopo (126/52). C’è da dire che questi ultimi due libri sono più lunghi del primo. Mentre La profezia dell’armadillo prediligeva le storie brevi (42 capitoletti per 143 pagine), negli ultimi lavori i capitoli sono più lunghi e strutturati. Macerie prime consta di 32 capitoli per 188 pagine; Macerie prime: sei mesi dopo sfrutta sul crescendo finale un montaggio alternato che oscilla sempre più frequentemente tra i due piani su cui si muove la storia (quello reale e quello delle macerie popolato da naufraghi e demoni, rappresentazione simbolica delle difficoltà contemporanee) e quindi ha più capitoli, 47, per quasi lo stesso numero di pagine, 189.

Tornando a parlare del disegno, anche i balloon, come è tipico, sono talvolta usati per riflettere lo stato d’animo di chi parla. Ne La profezia, Zerocalcare ne utilizza diversi di classici: usa la linea spezzata 34 volte, soprattutto per urlare, ma anche per riportare la voce della TV (6 volte), e una volta persino per l’interfono dello shuttle. Usa la linea tratteggiata per i sussurri due volte, e una volta anche la classica nuvoletta per raffigurare i pensieri non pronunciati.
Calcare è andato avanti semplificando e queste forme si sono progressivamente perdute (appena sette balloon dalla linea spezzata in Macerie prime, e nessuna in Macerie prime: sei mesi dopo). Ha invece scelto, per caratterizzare i suoi balloon, una linea particolare, mossa, ondulata, instabile, che riflette (senza continuità) un qualche stato di agitazione che va dalla paura alla rabbia. Se ne La profezia compariva 12 volte, nel primo volume di Macerie compare 48 volte (di cui 17 per le onomatopee) e nel secondo 52 (con 18 onomatopee).

L’evoluzione dell’armadillo

Infatti diverse cose sono cambiate da La profezia dell’armadillo. Calcare ha guadagnato in pulizia e ordine ed è andato normalizzandosi. Per esempio capitava nel primo libro di trovare frasi che si concludevano senza punto fermo, oppure l’aferesi tipicamente romana di ‘spetta per aspetta era segnalata solo talvolta dall’apostrofo iniziale. L’interiezione per richiamare l’attenzione, anch’essa romana, ao, veniva scritta soprattutto aho (9 volte su 11), passa a ao (18 volte su 19) in Macerie prime e cambia ancora in (12/12) in Macerie prime: sei mesi dopo.
Col tempo Calcare inserisce anglismi con molta maggiore libertà: se nel primo libro si riducevano a new entry, censored, guys, all right, digital divide, old school, one life one chance e alcuni termini tecnici dell’animazione, poi trovano spazio default, cool, straight in your face, fake news, frame, next, riot, skill, upper class, fiction, taser, router, tupperware, smart, random, you gotta fight for your rights!, let’s go, casual, baby (in Macerie prime) e ancora parental advisory, default, moonwalk, gender equal, royal baby, choosy, fair play, skill, sad but true, waterproof e high school (in Macerie prime: sei mesi dopo).
Un’altra cosa che è andata svanendo è l’uso del cosiddetto interrobang o punto esclarrogativo, cioè il simbolo grafico per esprimere stupore che si ottiene accostando a un punto interrogativo un punto esclamativo (?!). Nel libro d’esordio questo espediente viene usato 15 volte per poi scendere drasticamente e comparire una volta in ciascuno degli ultimi due volumi.
Un’evoluzione nel disegno si può scovare (oh, tutte queste sono deduzioni mie, quindi ogni cosa che dico è sottomessa a un grosso forse) in quelli che io ho chiamato “occhi della disperazione” perché mi ricordavano tanto i miei quando, durante la preparazione di un esame, mi accorgevo che le pagine ancora da studiare erano più dei minuti a disposizione. Nella loro forma definitiva, gli occhi sono caratterizzati dai contorni ondulati e dall’assenza di pupille.

(via)

Le prove generali si possono rintracciare ne La profezia dell’armadillo: il personaggio Zerocalcare una volta ha gli occhi vuoti, privi di pupille, ma dai contorni fissi; una seconda volta abbiamo quella che poi diventerà la forma canonica. Ancora si mostra in una propria riproduzione del famoso Urlo di Munch con le orbite tutte ondulate e ballerine ma con le pupille, e infine ha gli occhi traballanti e privi di pupille ma neri perché colmi di lacrime (dopo aver mangiato tutte le rape, è rimasto immeritatamente senza hamburger). Questi occhi compaiono regolarmente nei due Macerie prime, 24 e 37 volte, sui volti di Zerocalcare e dei suoi amici in difficoltà.

Ma le differenze non sono sempre questioni di stile. A volte possono darci indicazioni a livello tematico.

Infatti nei volumi di Macerie prime, nei quali l’incertezza del futuro incombe sui giovani, troviamo molte più espressioni appartenenti alla sfera semantica dell’incertezza, come boh (13 volte nel primo, 14 nel secondo, contro le 8 di La profezia), le varie forme di non lo so/che ne so (25 e 36 contro 13) e forse (19 e 30 contro 19).
Persino le esclamazioni non sono esenti da un percorso evolutivo. Ne La profezia dell’armadillo troviamo l’espressione Santabrigida! o Ossantabrigida! 3 volte. Una volta sola, inseguito dai calabroni assassini, Calcare si lascia scappare un ‘coddue.
La situazione è ribaltata in Macerie prime con un solo Santa Brigida e 10 Porcoddue, meno eleganti, ma più realistici, oltre a 2 Porcoggiuda. In Macerie prime: sei mesi dopo infine abbiamo 4 Porcoddue, 1 Porcoggiuda e nessun Santa Brigida.
Questa incursione nel mondo delle parole borderline fra quelle che si possono dire e quelle che non si possono dire ci porta al prossimo paragrafo. Se siete suore orsoline o aborrite il linguaggio laido, allora vi suggerisco di passare direttamente al paragrafo successivo.

La musa maculata (VM 18)

Questo titolo è un riferimento molto colto e voglio vantarmene un po’ per ammantarmi di un’aura di accademicità prima di parlare di parolacce. The maculate muse è un importante libro pubblicato a Oxford nel 1975 da Jeffrey Henderson ed è un dizionario e un approfondimento sull’uso del linguaggio osceno nella commedia greca. La musa, solitamente ispiratrice di poesia aulica, questa volta è macchiata dal turpiloquio. Ma il turpiloquio non è da evitare, specie in un registro comico, insegna Aristofane.

Anche un giovane Zerocalcare, adolescente dall’orrenda e poliposa cresta rossa, ne rivendica il libero utilizzo: “Noi diciamo le bestialità che ci pare! Poiché esse sono spontanee, le dicono tutti e quindi sono espressione del popolo”.

Quindi via con la classifica delle bestialità preferite dai gggiovani!
Ma prima due raccomandazioni. Primo: ricordarsi che la scurrilità in romano è poco più di una carezza, un intercalare. Secondo: ricordarsi del criterio della persona loquens, ovverosia non parla Zerocalcare, ma mima il linguaggio dei suoi personaggi.
Ne La profezia dell’armadillo delle all’incirca 88 bestialità pronunciate, ben 48 sono cazz* e derivati. Fa una buona prestazione il trittico fottut*/fottere/fottersene con 12 apparizioni. Si difende sul gradino più basso del podio merd* (10 apparizioni) dal quale, onestamente, ci aspettavamo di più.
Record di parolacce per Macerie prime con 258 — d’altronde quando incappi nella crisi…
L’A.S.D. cazz* e derivati mette a segno un irripetibile 126, quasi una ogni due bestialità. Primo tra gli esseri umani, si rifà dopo una prestazione deludente merd* migliorando il proprio record personale con 29 ricorrenze. Si affaccia per la prima volta in questa speciale classifica culo con 21 apparizioni.
Macerie prime: sei mesi dopo si attesta sulle182 bestialità. Cazz* e derivati vince anche questa e si conferma il Jesse Owens delle parolacce limitandosi (si fa per dire) a 79 ricorrenze. Si dimostra stabile anche merd* con 26 apparizioni. Infine abbiamo il binomio cojon*/coglion* con 15 ricorrenze (11/4).
Per voi amanti delle statistiche c’è da notare come parolacce inizialmente in auge come fottut* & Co. (12 volte ne La profezia) vedono il proprio uso drasticamente ridotto nei due volumi di Macerie prime a 3 e 2 apparizioni. Guadagnano invece espressioni più propriamente romane come mortacci che passa da un’unica apparizione nel primo libro a 12 e 7 negli ultimi due. Anche il colorito e meno volgare faggiano passa dal non essere usato a comparire 2 e 3 volte.

Secondo me questo linguaggio, seppur spinto nella propria espressività, non è mai appariscente o fine a sé stesso. È un linguaggio quotidiano, intriso di una certa familiarità, una scelta adatta per trasmettere il mondo comune dei giovani protagonisti.

Dopo ciò, senza sapere se qualcuno stia continuando a leggere, mi metterò a parlare delle sfaccettature della psiche, per sciacquarmi un po’ la bocca.

Incarnazioni della coscienza e sfaccettature della psiche: un retroterra pop

Una delle caratteristiche innovative dei fumetti di Zerocalcare, rivelatasi da subito una scelta vincente, è l’incarnazione di aspetti diversi della coscienza in personaggi dell’immaginario collettivo. Tra loro, Obi-Wan Kenobi rappresenta il senso di responsabilità e Leonida lo spirito strategico. Quest’idea è molto efficace perché permette di far passare chiaramente e immediatamente certi sottintesi al lettore giocando sullo stereotipo, sia seguendolo (il piano di Leonida è probabilmente suicida) sia contraddicendolo (Obi-Wan se la dà a gambe alla prima difficoltà).
Ne La profezia dell’armadillo tra incarnazioni della coscienza e sfaccettature della psiche ne abbiamo 9, tutte riferite a Zerocalcare. In Macerie prime sono 8, di cui una appartiene all’amico Deprecabile. In Macerie prime: sei mesi dopo sono 7, una sempre di Deprecabile e una dell’amica Sarah. Queste raffigurazioni, che consentono anche di spiegare dialogicamente e quindi più chiaramente cosa sta succedendo nella testa del personaggio, fanno sempre riferimento a un panorama pop di facile comprensione e ampiamente conosciuto dal vasto pubblico.

Anche più in generale i riferimenti pop sono una cosa con cui Calcare gioca molto, tra poster appesi sullo sfondo, riferimenti più o meno espliciti e veri punti di riferimento come Ken il guerriero.

Tutto ciò aiuta a caratterizzare i diversi personaggi (Zerocalcare ha in casa il poster di Bastardi senza gloria, Sarah di Frozen e l’amico Cinghiale di Eyes wide shut, e ognuno di questi dice qualcosa su di loro).
Ne La profezia i riferimenti più importanti si rifanno al mondo del cinema, ben 17: soprattutto Star wars ma anche Billy Elliot, Godzilla, Jurassic Park e Kung fu panda. Il mondo della musica viene richiamato soprattutto dall’atmosfera grunge che si rifà ai Nirvana (con 4 riferimenti), ma anche con Laura Pausini, Renato Zero e gli Zebda.
In Macerie prime i riferimenti al cinema sono pochi di più (20) e spaziano dall’onnipresente Star Wars al Signore degli anelli, da Avatar a Erin Brokovic. Importanti anche i cartoni (13) con Esplorando il corpo umano, Sailor moon, Dragon ball, e Holly & Benji.
Cartoni che si fanno fondamentali in Macerie prime: sei mesi dopo con 21 riferimenti, soprattutto a grandi classici degli anni ’80 come Capitan Harlock, L’uomo tigre, I cavalieri dello zodiaco e ancora una volta Holly & Benji. Per la letteratura abbiamo 8 citazioni: Cuore, Lovecraft, Harry Potter, Marx, Lansdale, Murakami, Oblomov e La macchina del tempo di Wells.

Conclusioni

In tutto questo sono riuscito a rendere cosa è veramente Zerocalcare? Credo proprio di no. Forse ho stuzzicato qualche curiosità, forse chi lo conosceva già ha approfondito l’argomento addentrandosi nei meandri dei dati.
Ce ne sarebbero ancora di cose da dire. Non so se io sia riuscito a far intuire come Zerocalcare sia in grado di guardare alla realtà così come è, senza filtri, siano essi ottimistici o di disillusione. Non parla tanto del mondo e delle persone come dovrebbero essere, ma come sono, però non con disincanto, piuttosto con genuinità— e questa è la grande differenza che gli permette di spiccare fra i molti che parlano di realtà. Con onestà. Sì, perché l’onestà è fondamentale e Zerocalcare ne è cosciente (ne parla approfonditamente durante il suo intervento alla Scuola Holden, che vi invito ad ascoltare).

“Io spero che a qualcuno gli può servì ‘sta cosa. Se invece sembra che non serve a niente, mi dispiace”

Ma con onestà non si intende che ci deve raccontare per filo e per segno i fatti suoi, così come sono andati. Si tratta di un’onestà intellettuale, di più, un’onestà sentimentale. Calcare non si fa bello descrivendosi in reazioni eroiche o stoiche, lui racconta la reazione onesta che avrebbe avuto in quella situazione, che — guarda caso — di solito è molto simile a quella che avremmo avuto noi, anche se a qualcuno sarebbe pesato ammetterlo.

Se è felice si disegna felice, se è arrabbiato si disegna arrabbiato, se la situazione lo fa rosicare lui si rappresenta rosicante. Questa è l’onestà di cui parlo, che permette alla gente di partecipare alle sue storie, di capire che chi parla (scrive/disegna) non è un superuomo distante anni luce, ma un essere umano tale e quale a lui, con pregi e difetti.

Si potrebbero dire ancora molte cose su Zerocalcare, si potrebbe discutere dell’arguzia con cui costruisce le storie, della fantasia con cui riesce a rappresentare scene quotidiane, o ancora del suo non essere superficiale trattando situazioni risibili e non essere pesante trattando situazioni serie.
Però, per concludere, forse è meglio parlare della leggerezza, un tema meraviglioso che Zerocalcare sa far risuonare con un tocco delicato.
Sì, perché vi sfido a non emozionarvi nell’ultimo capitolo (no spoiler!) de La profezia dell’armadillo, intitolato (che combinazione) Leggerezza. Cosa si intende per leggerezza? Qui non parliamo tanto di frivolezza o superficialità, anche se l’aspetto del non avere responsabilità (come quando eravamo piccoli) in qualche modo conta. No, la leggerezza in questo caso è un modo di vivere la vita, la filosofia dei ragazzini che sognano di diventare paleontologi e non si sentono stupidi per questo, anzi non si domandano nemmeno perché mai dovrebbero sentirsi stupidi a sognare.

Quella leggerezza di chi vive il futuro come una speranza, un’opportunità, non con dubbio e paura. Quella leggerezza che perde chi si trova a fare i conti con un mondo che ti guarda ridendo di te, tanto da farti vergognare dei tuoi sogni.

Zerocalcare “smusando” contro la vita l’ha persa la sua leggerezza? Forse sì, forse no. Forse un po’.
Perché è vero, la vita è dura e talvolta bisogna venirci a patti. Crescendo possiamo trovarci in una situazione non florida, piena di ansie, come con una balena arenata sulla schiena, però se è giusto adattarsi un po’ alle situazioni della vita, è anche giusto che la vita ci prenda così come siamo, con i nostri difetti, le nostre idiosincrasie e le nostre passioni, sempre onesti sentimentalmente e leggeri quanto possiamo.

Dati: Marco Bonavia
Testo:
Marco Bonavia
Concept e realizzazione grafica:
Alice Rebolino

Infografiche letterarie è una rubrica per maniaci lettori e infaticabili cercatori.

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