Che Cos’è la Mafia?

Un fatto che mi ha sempre sorpreso, mentre leggevo i miei libri sulla mafia, è che nessun autore è stato in grado di fornire una risposta esaustiva e convincente alla domanda:

Che cos’è la Mafia?

Questi l’hanno descritta, ne hanno raccontato le origini, definito la struttura interna e presentato i loro affari, tuttavia non ho mai trovato una definizione completa sul fenomeno mafioso. Gli autori in questione però, magari proprio per questa loro difficoltà nel definirla, hanno curiosamente provato a costruire delle analogie per cercare di aiutare le persone comuni a comprenderla: molti l’hanno descritta come una piovra che allunga i propri tentacoli sulle istituzioni e i diversi settori della economia e la società civile per controllarli; Luigi Garlando la immaginava come un carciofo le cui foglie rappresenterebbero i diversi clan che formano l’intera organizzazione; Giovanni Falcone diceva invece che la Mafia era come una pantera: “Agile, feroce, dalla memoria di elefante”; infine, qualcuno si è lanciato in similitudini più colorite, equiparando la Mafia ad una montagna di merda.

Tralasciando le provocazioni, il motivo di tale mancanza, secondo me, è causato da diversi fattori che emergono esplicitamente quando si studia il fenomeno mafioso. Innanzitutto, non si hanno documenti ufficiali che attestano le origini della Mafia. Le uniche prove storiche raccolte negli anni sono incompleti rapporti della polizia borbonica di metà ‘800 che descrivevano i membri di queste organizzazioni come fannulloni, oziosi o semplici delinquenti che infestavano le strade. Di conseguenza, non avere prove storiche rende difficoltoso qualsiasi studio approfondito sulla Mafia.

In secondo luogo, gli stessi membri delle organizzazioni mafiose ne hanno sempre rinnegato l’esistenza. I gruppi mafiosi devono la propria longevità principalmente alla loro capacità di mantenere segrete le proprio strutture e meccanismi di funzionamento interni. Infatti, le prime vere e proprie vittore dello Stato contro la Mafia sono avvenute dopo l’approvazione della legge sui collaboratori di giustizia del 1991, quando i membri stessi iniziarono a fornire informazioni sull’organizzazione, dandone finalmente una definizione più chiara. Tuttavia, per decenni (ma ancora oggi), i boss mafiosi non solo hanno evitato di rivelare informazioni fondamentali, ma addirittura ne hanno negato l’esistenza. Famosa fu la frase pronunciata dal boss della ‘Ndrangheta Giuseppe Morabito durante i suoi interrogatori:

La ‘ndrangheta? Cos’è? È un cibo, è una cosa che si mangia?

Detto questo, negli ultimi mesi ho cercato di elaborare un pensiero totalmente personale e soggettivo su cosa possa essere in realtà la Mafia. Il risultato di tale processo mi ha portato ad un’unica conclusione.

La Mafia è uno modo di pensare; mi verrebbe addirittura da affermare che è uno stile di vita o un modo di interpretare il mondo. Il mafioso è colui che pensa di essere più meritevole dei suoi pari e che crede di essere al di sopra di essi. Mentre i criminali comuni puntano ad arricchirsi e ad evitare lo Stato perché hanno paura di non poter continuare le proprie attività, il mafioso crede di essere nel giusto e di star esercitando un diritto che gli spetta. Lui non si nasconde dallo Stato, anzi lo rende proprio cliente e lo sfrutta per condurre i propri business lì dove la legalità non arriva. In altre parole, dove non c’è Stato, c’è la Mafia, e quando lo Stato arriva, la Mafia ci fa affari. L’obiettivo non è arricchirsi, bensì creare uno Stato parallelo dove valgono solo e unicamente le regole ella Mafia: un mondo fondato su finte leggi morali dietro le quali questi criminali si nascondono per giustificare la loro mentalità e il loro stile di vita. Il potere è il fine ultimo, mentre il denaro è solamente una conseguenza. Il mafioso vede la legalità come un cliente da sfruttare e le persone comuni come dei sottomessi ad un sistema ingiusto, di conseguenza questi meritano di essere sacrificati come i pedoni degli scacchi al servizio del più forte: il Re. In poche parole,

La Mafia ci prende in giro tutti i giorni.

Avendo avuto in vita mia grandi esempi di rispetto verso la legalità e la dedizione al lavoro, non c’è da stupirsi che al cospetto di questa mentalità io provi solamente un profondo ribrezzo. Per questo motivo, anni fa, io decisi di combattere la Mafia intesa non come organizzazione criminale, bensì come una mentalità che avvelena la nostra società e uccide i valori etici che hanno caratterizzato la mia vita. In altre parole, riprendendo le parole del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, certe cose non si fanno né per se stessi né per qualche mania di eroismo, ma solo ed unicamente “per guardare più serenamente negli occhi i propri figli e i figli dei nostri figli”, ed io aggiungerei anche coloro che amo e che rispetto da una vita intera.

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