Appunti sparsi a proposito di immagini e intelligenza artificiale

Silvio Lorusso
The Entreprecariat
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2 min readOct 14, 2023

Immagine non generata con l’IA bensì con il buon vecchio Content Aware Fill di Photoshop.

Le immagini generate con l’ausilio dell’intelligenza artificiale sono doppiamente retrospettive. In primo luogo in senso tecnico, in quanto costituite a partire da un dataset preesistente. In certa misura ciò vale per qualsiasi immagine, tuttavia i dataset sono caratterizzati da una soglia precisa: i materiali raccolti, ad esempio, si possono fermare al 2021. In secondo luogo, queste immagini sintetiche sono retrospettive in senso culturale: osservandole si ha già il presentimento che il trend visivo di oggi sarà obsoleto dopo il weekend. Da ciò derivano tutti i tentativi di collegare, serializzare, commentare, catalogare, musealizzare… insomma giustificare tali immagini. Tramite una canonizzazione fai-da-te si cerca di salvarle dall’abisso imminente.

Jean Baudrillard a proposito di Midjourney (1994): “L’arte diventa iconoclastica. L’iconoclastia moderna non consiste più nel distruggere le immagini, ma nel fabbricare immagini, una profusione di immagini in cui non c’è niente da vedere. Sono, letteralmente, immagini che non lasciano traccia. Prive di conseguenze estetiche, per essere esatti. Ma, dietro ognuna di esse, qualcosa è scomparso. Questo è il loro segreto, se mai ne hanno uno, e questo è il segreto della simulazione. Non solo all’orizzonte della simulazione il mondo reale è scomparso, ma il problema stesso della sua esistenza non ha più senso.”

Per liquidare l’ingenuo affidamento sulla Morte dell’autore è sufficiente precisare che quel saggio fu firmato nel 1967 con nome e cognome.

Tra gli effetti dell’uso corrente di intelligenze artificiali generative ce n’è uno che si può riassumere così: un’inversione del rapporto figura-didascalia. Ovvero, nel momento della pubblicazione (ed è qui che si dichiara puntualmente l’utilizzo dello strumento), non è il testo a “spiegare” o “raccontare” l’immagine, bensì è l’immagine generata a fare da supporto — di volta in volta — al prompt utilizzato, all’aneddoto casuale o alla tesi sui media. Non a caso sono moltissimi gli accademici che hanno abbracciato l’arte del prompting: il testo è e rimane la loro zona di comfort. L’immagine, invece, svolge un ruolo ancillare. Questo è il motivo per cui le immagini generate con l’IA e pubblicate sui social hanno sempre un po’ il sapore di segnaposto. Anche quando il testo in questione manca, se ne sente l’assenza: cosa avrà digitato l’”ingegnere dei prompt” (detta in italiano, questa formula suona ancora più ridicola) per generare tale figura?

Dirò la mia sull’intelligenza artificiale a tempo debito, cioè a cose fatte, ovvero quando la singolarità sarà stata finalmente raggiunta e qualunque cosa io dica a quel punto non sarà meno inutile, anzi del tutto inutile e proprio per questo perfettamente consona, di quanto sarebbe dire la stessa cosa adesso.

Originally published at ENTREPRECARIAT.

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Silvio Lorusso
The Entreprecariat

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