L’ambiguità di potere nel nostro triumvirato sbilenco

Giacomo Bagarella
The Envoy
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3 min readOct 30, 2018

Riflessioni sulle tensioni di un esecutivo di scaricabarile.

La mia analisi nel Giornale di Brescia del 29 ottobre 2018. Lo potete leggere qua sotto, o in formato PDF tramite Dropbox.

Il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte (centro) e i vicepremier Luigi di Maio (sinistra) e Matteo Salvini.

Chiunque legga notizie italiane rimane sorpreso dallo scoprire che il presidente del Consiglio non si chiama né Luigi Di Maio né Matteo Salvini. Dal 1° giugno, data di formazione del governo di Giuseppe Conte, sul sito di La Repubblica sono stati pubblicati 2.600 articoli menzionanti Salvini, circa 1.700 su Di Maio e poco più di 1.000 su Conte. Trend simili anche se meno marcati si trovano anche su Il Sole 24 Ore, con circa 1.000, 840 e 780 menzioni rispettivamente.

Chi è il vero leader nell’attuale governo? Non è la prima volta che ci sono due vicepresidenti del Consiglio, come nei governi di centrodestra e centrosinistra tra il 2001 e il 2008. A differenza di quei precedenti, però, oggi il premier è un tecnico che non rappresenta alcun gruppo di elettori. Sia il suo governo che la sua autorità derivano proprio da Di Maio e Salvini, i leader del primo e del terzo partito per numero di voti alle elezioni del 4 marzo scorso.

Il profilo pubblico e politico maggiore dei due vicepresidenti porta a varie tensioni. Si tratta di un governo bicefalo in cui i capipartito dettano la linea al loro superiore e, di conseguenza, al governo intero? In questo caso il premier è delegittimato, non potendo prendere decisioni senza l’approvazione dei suoi vice. O siamo invece di fronte ad un governo acefalo, dove le divisioni nella coalizione tra il MoVimento 5 Stelle e la Lega sono unite all’assenza di un perno che medi tra le due forze e decida la linea del governo?

In entrambi i casi si crea un problema non solo per il funzionamento del governo, ma anche per quello della democrazia. L’articolo 95 della Costituzione dichiara che “Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l’unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando la attività dei Ministri.” Senza questa figura viene a mancare l’autorità che detta le priorità e che risolve dispute su competenze e interessi tra i vari ministeri.

Ciò causa anche un pericolo per la normale prassi democratica. Se i cittadini non possono attribuire la responsabilità di politiche ai loro esecutori, non possono valutare l’operato del governo ed agire da elettori informati. Questo offuscamento permette ai viceministri e al governo di fare a scaricabarile e di sfuggire alle proprie azioni.

Il presidente americano Harry Truman era noto per il suo motto “the buck stops here”, che tradurrei per analogia in “del barile me ne occupo io”. Da massima autorità nell’esecutivo non poteva scaricare ad altri la responsabilità per decisioni critiche, come quella di utilizzare la bomba atomica nel 1945. Alla stessa maniere è necessario che ci sia un individuo nel nostro governo che ricopra questo ruolo, tra questioni come leggi finanziarie e risposte a disastri imprevisti come quello di Genova.

Questo triumvirato sbilenco mina il principio dell’esecutivo unitario che è centrale sia per il funzionamento dello Stato che per la nostra democrazia. Per il bene della “cosa pubblica” quest’ambiguità va risolta il prima possibile.

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Giacomo Bagarella
The Envoy

Passionate about policy, technology, and international affairs. Harvard, LSE, and LKY School of Public Policy grad. All views my own.