“Il lupo della Steppa” di Hermann Hesse

Glancing through the bookshelf #1

Alessandra Villa
The Lighthouse
5 min readApr 3, 2017

--

Edizione Oscar Mondadori Classici Moderni

Chi sono i lupi della steppa? Sono tutte le anime perdute e solitarie, le anime che vivono una contraddizione continua tra ragione e istinto, che sentono di essere allo stesso tempo lupi e uomini, ma sanno anche che la loro non è una divisione così semplice. Sotto una apparente dualità c’è un infinito mondo di spaccature, sfumature, che nascono dalle prove della vita e dall'esperienza.

“Tra gli uomini di questa specie è nato il pensiero pericoloso e terribile che forse tutta la vita umana o è un grave errore, un aborto della Madre primigenia, o un tentativo della natura orribilmente fallito. Tra loro però, è nato anche quell’altro pensiero, che cioè l’uomo non è forse soltanto un animale relativamente ragionevole, ma un figlio degli dei destinato all’immortalità”- H. Hesse

“E così il lupo della Steppa si rovinò con l’indipendenza”

L’autore

fascinointellettuali.larionews.com

In quanto al fatto che Hesse fosse un animo tormentato, non ci sono dubbi: insofferente verso la scuola ma grande amante della cultura, assiduo divoratore di libri, ostile a qualunque forma di autorità e imposizione, ha affrontato una vita personale travagliata con due matrimoni di breve durata e frequenti sedute dall'analista. In sintesi, un’esistenza malinconica, solitaria e dolorosa. Il pallino dell’Oriente e dei libri lo ha ereditato dalla famiglia (la madre, pur essendo svizzera, era nata in India e il nonno era un famoso indianista) ed era inevitabile che prima o poi, dopo essersi convertito al buddismo, anche lui andasse in India, la terra della madre, lontana e piena di aspettative, come effettivamente fece nel 1911 a 34 anni, con lo scopo di risolvere quei problemi spirituali che lo tormentavano, ma senza riuscirci.

Allo scoppio della guerra nel 1914, si schierò duramente contro di essa, pur rifugiandosi in Svizzera, ed estese la sua protesta anche contro ogni altra forma di violenza, continuando la sua battaglia pacifista per altri 10 anni. È lui a dire: “Per quasi dieci anni, la protesta contro la guerra, la protesta contro la villana e sanguinaria stupidità degli uomini, la protesta contro gli intellettuali, specie quelli che predicavano la guerra, fu per me un dovere, un’amara necessità”.

Ribelle inarrestabile, critico spietato, mente analitica e sognatore irriducibile, come scrive il critico Ervino Pocar, “dalla catastrofe della guerra Hesse emergeva, dopo aver imparato la lezione di Freud e imitando lo stile di Nietzsche, e rivolgeva un appello alla gioventù tedesca: Il ritorno di Zarathustra. Era l’invito a cercare dentro di sé il modo di uscire dal caos.”

Così infatti scrive l’autore nella sua biografia: “Imparate a riconoscere il vostro destino!… Ascoltate la voce che viene da voi stessi! Se essa tace, sappiate che qualcosa non è in ordine, che siete sulla via sbagliata”. Ed ecco che allora l’antico mito dell’India ritorna, si anima e si rafforza l’idea che la vita umana sia parte di un disegno più grande, e allora la lettura, lo spiritualismo e la scrittura, sono tutti strumenti per raggiungere quel senso di unità e di appartenenza a quel qualcosa che Hesse, nella sua vita, non è mai riuscito a conquistare. E poi pubblica Siddartha.

Il Lupo della Steppa (1927)

warosu.org

Trama: raggiunti i 50 anni, Harry Haller deve scegliere, vivere o morire. Scegliere se essere lupo o uomo, dopo aver oscillato continuamente tra due estremi opposti.

Ma perché un uomo deve continuare a vivere quando tutto intorno nulla ha senso, quando tutto è superficiale e frivolo, quando si vive in comunità ma in fondo si è soli? Vale la pena continuare a lottare, a sperare, se nulla alla fine, cambia?

Pocar scrive che “Haller (che poi in fondo rappresenta lo stesso Hermann Hesse, e questo lo capiamo anche dalla coincidenza delle iniziali H.H.) dopo aver lucidamente esposto il suo modo di vedere il mondo, racconta le tappe del suo itinerario spirituale, alla ricerca di quella traccia divina che possiamo incontrare in una musica di Haendel o Mozart, in un pensiero di Cartesio o Pascal. Non è facile trovarla nella vita che facciamo, in questo tempo così borghese e privo di spirito. Per forza si diventa lupi della steppa. Quale piacere si può andare a cercare nei treni affollati e negli alberghi, nei caffè zeppi dove si suonano musiche asfissianti, nei bar e nei teatri?”

via Pinterest

Eppure, nonostante tutto, l’uomo impara dal lupo e il lupo impara dall'uomo. Il lupo insegna che per sopravvivere non bisogna mai smettere di lottare, non bisogna farsi condizionare e bisogna imparare a leggere il mondo al di sopra delle apparenze. L’uomo insegna ad apprezzare le piccole cose, a guardare la realtà con ironia, a partecipare allegramente al gioco effimero e temporaneo della vita. Ma nel fare tutto questo però, non bisogna mai perdere la consapevolezza vorace del lupo. Non bisogna mai perdere la fame e lo sguardo del lupo.

“L’occhiata del lupo della steppa trapassava tutta la nostra epoca, tutto questo lavorio affaccendato, tutta la smania di arrivare, la vanità, il gioco superficiale di una spiritualità terra terra e piena di albagia… e purtroppo quello sguardo andava ancora più in fondo, oltre le magagne e le disperate miserie del nostro tempo, della nostra vita spirituale, della nostra cultura. Penetrava fin nel cuore dell’umanità, esprimeva in un attimo eloquente tutti i dubbi di un pensatore, forse di un sapiente, sulla dignità e sullo stesso significato della vita umana. -H. Hesse

--

--