La miniera d’oro della terra

È sotto i nostri piedi, ma non calpestiamola.

Antonella Raso
The News Train
4 min readJun 8, 2020

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Sono un’anima meridionale emigrata nel famigerato nord, da quasi un anno il mio cuore si divide tra il calore della mia Palermo e il freddo del mio nuovo amore, Torino. Vivere su, come diciamo noi, ha cambiato nettamente in mio modo di approcciarmi alle cose importanti della vita, o almeno quelle che lo sono per me. Ho iniziato a rimboccarmi le maniche cercando di far conciliare la mia passione con la gestione della vita quotidiana, una nuova casa, banalmente, e soprattutto una famiglia che ha puntato tutte le sue carte su di me. Da ragazza di città vado fiera delle mie radici profondissime nella terra, proprio nella campagna calda che ribolle sotto i miei piedi. Questo mi ha permesso di riadattare un insegnamento, un mantra costante della mia vita, che mi accompagna in qualsiasi posto io vada: il sacrificio, lavorare per riuscire un giorno a far parte di qualcosa di più grande è nell’indole della mia famiglia da generazioni. Per noi, essere circondati da una realtà che vive per -e grazie- alla terra è pura espressione di ciò che vuol dire essere una filiera certificata, un sistema di produzione, trasformazione, distribuzione e commercializzazione che da e crea lavoro.

Se negli anni ‘80 i giovani lasciavano i propri padri a coltivare le loro terre preziose e, come me, andavano a cercar fortuna al nord, adesso la figura del giovane imprenditore è risalita alla ribalta riscoprendo la ricchezza delle produzioni biologiche. È un mercato in espansione che si fa forte del connubio tra le nuove tecnologie e i valori tradizionali, rimanendo in linea con i temi della sostenibilità e della territorialità. Questo ritorno al passato non ha fatto altro che mettere in luce tutto ciò che prima veniva quasi considerato un lavoro meramente di manovalanza, senza prospettive imprenditoriali, e che ora crea nuove realtà, aziende e brand che diventano bandiera di un’eccellenza italiana. Esistono tante opportunità volte a promuovere il lavoro dei giovani che si cimentano e puntano sul settore agricolo, ad esempio Oscar Green,concorso e premio promosso da Coldiretti Giovani Impresa, che ha come obiettivo sostenere l’agricoltura sana del nostro Paese e mettere in risalto le idee innovative dei giovani agricoltori che sanno coniugare tradizione e innovazione. Il filo conduttore delle iniziative per questi giovani imprenditori consiste nell’arricchimento del territorio, la sua valorizzazione e tutela.

Una giornata di raccolta come un’altra, una lotta contro lo sfruttamento alla volta.

In questo periodo, a ridosso dell’inizio della Fase3, telegiornali, programmi televisivi, conferenze di politici e via dicendo, non fanno altro che ricordarci di ripartire dal nostro paese e di aiutare le attività locali cercando di comprare prodotti nostrani. L’emergenza Covid ci ha messo di fronte una verità che abbiamo dato per scontata per troppo tempo e che, solo quando tutto si è fermato, è venuta a galla ai nostri occhi. Il lockdown è stato deleterio, non solo per le piccole-medie attività commerciali, ma in primis per la nostra terra e dopo per le nostre tavole. Il settore florovivaistico ad esempio, soprattutto nelle zone considerate rosse, ha diminuito gran parte della propria produzione, esattamente come le piantagioni di ortaggi o frutta che sono andate perse. Le aziende, in seguito al tracollo sia materiale sia economico, hanno riscoperto il valore dei propri dipendenti: se prima solo alcuni si stavano battendo per creare una filiera etica contro il caporalato, adesso si sta muovendo qualcosa ai piani alti per regolarizzare quella fetta di lavoratori precari e prevalentemente extracomunitari.

Da qualche anno è arrivato anche in Italia, sulle bocche di tutti, il nuovo concetto di Agricoltura Sintropica, un sistema agricolo che produce cibo mentre rigenera e gestisce gli ecosistemi. Si tratta di una nuova tecnica di agricoltura rigenerativa che è stato dimostrato essere sia estremamente benefica all’ambiente sia economicamente sostenibile.

Non vogliamo essere portavoce di cambiamenti di questo tipo? Dovrebbe essere una delle nostre priorità far parte di un sistema che non cede al facile profitto, che accetta una sfida anche se è difficile portarla al termine senza tentazioni e che non scende a compromessi.

Dobbiamo partire da noi, da dove veniamo. Il sacrificio di cui parlavo all’inizio riguarda anche questo: la passione per un mestiere antico, radicato ma oggi più attuale che mai. Quando il contadino è il finanziatore della propria filiera corta, limita i passaggi produttivi, le intermediazioni commerciali e abbatte il muro tra produttore e consumatore, così da verificare la genuinità dei prodotti e certificare il tanto famigerato km0.

La mia famiglia mi ha insegnato che il mezzogiorno è una miniera d’oro: campi di pomodori, lunghissime distese di Pachino con polpa rossa e calda che vengono raccolte delle schiene chine di centinaia di uomini; ettari di aranceti e giornate sotto il sole cocente a dare la giusta forma agli alberi, profumo di zagara e miele aromatizzato; ulivi e il terreno giusto sopra il quale piantarli, il tempo che si aspetta e l’odore acre degli oleifici in lavorazione; vigneti e vendemmie ben riuscite, i ragazzi che sognano di lavorare in cantina e vedere il loro logo appiccicato su una bottiglia; fichi d’india e le pale che si abbattono e riabbattono per far uscire la giusta fioritura; fragoline di bosco colte uno ad uno, etc. E così come la mia isola ne è piena, tutta la nostra casa italiana ha i suoi fiori all’occhiello, migliaia di aziende, grandi e piccole, a gestione familiare, progetti in nascita, marchi storici e tradizioni, nuove icone.

La terra è di tutti ma non per tutti, bisogna darle il rispetto che merita e ci regalerà qualcosa di unico.

Antonella Raso
Ispirato alla tesi n.6 del Newtrain Manifesto.

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Antonella Raso
The News Train

Una copywriter che skippa le pubblicità, una psicologa innamorata dell’anima controversa delle parole. Non a caso mi chiamano labellequerelle.