I diritti arcobaleno, tra rainbow washing e transfobia

Aurora Longo
The News Train
Published in
5 min readJun 19, 2020

È finalmente giugno e con le prime giornate calde che accompagnano una fase 2 sprizzante di libertà riacquisita, è arrivato anche il mese del pride. Quest’anno le strade delle principali città italiane non vedranno sfilare i colori arcobaleno della comunità LGBTQ+ come avviene ogni anno dal 1994, ma ci saranno parate virtuali, flashmob e altre iniziative per festeggiare in completa sicurezza il mese che, dai moti di Stonewall del 1969, è diventato simbolo dell’orgoglio gay.

Pride month significa anche che è arrivato il momento, per brand e influencer, di tingere di tutti i colori il proprio logo e sfornare iniziative e nuove collezioni dedicate alla comunità arcobaleno. Qualcuno presenta la propria realtà come gay-friendly soltanto per seguire il trend e aumentare il consenso pubblico (rainbow washing), ma spesso queste azioni vengono prontamente smascherate ed esposte sui social, come è il caso della collezione Pride di Chiara Ferragni, che ha ricevuto numerose critiche su Instagram.

Alcuni commenti in cui si accusa di queer washing la nuova collezione di Chiara Ferragni

Al contrario Calvin Klein quest’anno sceglie come testimonial della sua nuova campagna PROUD IN MY CALVINS personaggi di spicco della comunità LGBTQ+ come l’attrice trans e di colore Jari Jones, la cantante lesbica Gia Woods, il modello Reece King, l’artista trans non udente Chella Man e la sua compagna fotografa Mary V. Tra di loro c’è anche Pabllo Vittar, la prima drag queen a comparire nella campagna globale di un brand.

Calvin Klein non si limita a sfoggiare celebrità queer nei propri spot, ma con la campagna dedicata al pride raccoglie fondi per sostenere la comunità LGBTQ+ colpita da COVID-19, stringendo partnership con OutRight Action International e The Equality Project e diventando sponsor di PFLAG National, la principale organizzazione per persone LGBTQ+ e ally negli USA.

Tweet di Calvin Klein

Nel frattempo sui social si accendono nuovi flames che questa volta vedono al centro delle discussioni J.K. Rownling. L’autrice di Harry Potter era già stata soggetto di alcuni dibattiti della comunità queer lo scorso dicembre per aver tweettato parole di supporto a Maya Forstater, una donna inglese licenziata a causa del suo atteggiamento transfobico sui social.

“Dress however you please. Call yourself whatever you like. Sleep with any consenting adult who’ll have you. Live your best life in peace and security. But force women out of their jobs for stating that sex is real? #IStandWithMaya #ThisIsNotADrill”

Così ha scritto la Rowling, da allora accusata di essere una “TERF” (trans-exclusionary radical feminist), ovvero una donna cisgender che sostiene che l’identità di genere di una persona transgender non sia valida. L’appellativo dispregiativo viene a maggior ragione confermato dai suoi tweet più recenti.

Dopo poco tempo i commenti negativi si sono moltiplicati, e l’hasthag #JKRowling è diventato trending topic. La scrittrice ha poi cercato invano di arginare la polemica con un ultimo tweet:

Pochi giorni dopo Daniel Radcliffe, l’attore che ha interpretato Harry Potter, ha risposto alla controversia in un post sul blog The Trevor Project, un’organizzazione che offre aiuto ai giovani LGBTQ+ e si occupa di prevenzione suicidi.

“Transgender women are women. Any statement to the contrary erases the identity and dignity of transgender people and goes against all advice given by professional health care associations, who have far more expertise on this subject matter than either Jo or I”

A schierarsi contro le idee transfobiche della scrittrice c’è anche Eddie Redmayne, che oltre ad aver interpretato il protagonista della saga “Animali Fantastici” ha recitato in “The Danish Girl” nel ruolo di Lily, la prima donna transessuale in Europa.

Attori e utenti di Twitter non sono però stati gli unici a protestare: una parte del team della casa editrice Hachette si è infatti rifiutata di lavorare sul nuovo libro della Rowling, The Ickabog. “Il personale del dipartimento per bambini di Hachette ha annunciato di non essere più pronto a lavorare sul libro. Hanno detto di essere contrari ai suoi commenti e volevano mostrare supporto per la lobby trans”, ha affermato una fonte. L’editore si è in seguito dichiarato orgoglioso di pubblicare il libro della Rowling, sostenendo di supportare il diritto dei suoi dipendenti di non lavorare su materiale che li disturba personalmente, tuttavia ha sottolineato l’importanza di differenziare il testo dalle opinioni che l’autore esprime al di fuori di questo.

“We will never make our employees work on a book whose content they find upsetting for personal reasons, but we draw a distinction between that and refusing to work on a book because they disagree with an author’s views outside their writing, which runs contrary to our belief in free speech.”

Anche la Warner Bros si è espressa prendendo le distanze dalle affermazioni transfobiche dell’autrice e sottolineando l’importanza di una cultura di inclusione del diverso, e iniziano a girare voci su un possibile slittamento della data di uscita del terzo film della saga “Animali fantastici”. Che la causa sia l’interruzione delle riprese a causa del Coronavirus oppure un possibile boicottaggio a danno della scrittrice e sceneggiatrice della serie, ancora non lo sappiamo.

Aurora Longo

Ispirato alla tesi n°15 del Newtrain Manifesto

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Aurora Longo
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Non mi piace stare nello stesso posto troppo a lungo.