Le 3 cose che gli addetti stampa detestano dei giornalisti

The Press Match
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5 min readDec 4, 2017
(Photo by Jason Rosewell on Unsplash)

(di Barbara D’Amico)

Torino — 4 Dicembre 2017 Dopo il successo de “Le 3 cose che un giornalista detesta quando inviate un comunicato stampa”, ci sembrava ingiusto non dedicare una mini classifica anche alla situazione inversa: e cioè ai dolori che un addetto stampa o un intero ufficio stampa è costretto sopportare pur di far arrivare una notizia a un giornalista (o blogger o influencer).

La dinamica è più o meno questa: chi cura la comunicazione ha due lavori da portare avanti contemporaneamente, tirar fuori una notizia (in perfetta arte maieutica) e poi farla uscire su uno o più canali. Il che vuol dire curare bene non uno ma due rapporti: quello con il cliente e quello con il giornalista (siamo sempre nell’area grigia dell’amore/odio, tranquilli).

L’addetto stampa sconta da sempre il ruolo di rompiscatole che deve vendere qualcosa, a prescindere dalla bontà di quella comunicazione. Anzi, come nell’era della Riforma Protestante, oggi chi fa ufficio stampa è considerato (a torto) un intermediario inutile perché si ha l’illusione che i canali social abbiano azzerato le distanze tra fonte e media e quindi il giornalista o chi per lui rivendica il suo diritto a parlare direttamente con il soggetto della notizia, senza interpretazioni e distorsioni.

Non occorre però scomodare Lutero per capire che non sempre la disintermediazione è utile e profittevole per la qualità del giornalismo e della comunicazione. Anzi.

Ecco allora quali sono le 3 cose che un addetto stampa detesta quando ha che fare con i giornalisti e perché è importante mettersi nei panni del comunicatore per dare un’informazione di qualità:

1) Non ricevere mai una risposta, anche veloce, all’invio di una email Bene, qui direte: ma come? Due post fa dicevi che i giornalisti odiano essere contattati e ora bisogna rimproverarli se non rispondono? Andiamo per ordine: è vero che un giornalista riceve moltissimi comunicati e spesso è impossibile rispondere a tutti gli uffici stampa, ma poi non lamentiamoci se non cogliamo al volo notizie interessanti (ma che meritano approfondimento) o se poi l’addetto ci viene a cercare sui canali social o al telefono.

Due righe per dire “La ringrazio, ho ricevuto, se sarà di interesse per la redazione la ricontatterò”, è una frase che non costa nulla inviare al mittente e ha due effetti positivi: a) ristabilisce un livello di educazione formale che oggi andrebbe rispolverato, valorizzando il lavoro di chi comunica e definendo bene i ruoli (il comunicatore deve piazzare una notizia ma è il giornalista che deve valutare se ci sono gli elementi di notizia in quel comunicato); b) instaura un minimo di rapporto con una potenziale fonte e abbatte l’effetto “email a gogò”, perché il comunicatore, senza sindrome dello stalker, potrà riprogrammarsi meglio il lavoro dato che un segno di vita lo ha comunque ricevuto. In realtà parlare con chi comunica fa bene anche al giornalista, perché è un confronto prezioso per identificare anche nuove notizie, o spunti o tagli. Con The Press Match abbiamo cercato di far emergere tutto questo sin dal caricamento del CS, ma l’intenzione è dare a comunicatori e giornalisti la possibilità di comunicare sulla piattaforma, su un terreno neutro, per un primo scambio utile di informazioni.

2) Dover ripetere le stesse informazioni che ha inserito nel comunicato, perché il comunicato non è stato letto (o sentirsi dire tra le righe che il comunicato è scritto male) Repetita Iuvant, è vero, (ma più spesso dolent). Ogni mattina un comunicatore si sveglia e sa che dovrà rispondere velocemente a richieste del tipo “Ma quand’è l’evento? E dov’è?”. La frustrazione in questi casi può essere nociva, specie se avete messo tutti voi stessi in quel carattere 32 in word, in grassetto, colorato, che spiega il dove, il come, il quando e il chi della notizia che state veicolando, pure nell’oggetto dell’email.

E’ vero, è una rottura doversi ripetere ma almeno guardate il lato positivo: ridire due volte la stessa cosa riduce la possibilità di errore nel pezzo o nel servizio su quelle informazioni (poi c’è sempre il caso umano, ma non è un problema del mondo della comunicazione e del giornalismo). Sui consigli non richiesti su come fare il proprio lavoro il discorso è un po’ più delicato, ma spesso i giornalisti dimenticano che i comunicatori non comunicano per sé ma per una terza parte: e questa parte spesso pretende inserimenti, omissioni, o aggiustamenti che al comunicatore fanno ribrezzo. In genere ci si incontra a metà strada per chiudere un comunicato stampa e come accade per le leggi in Parlamento, anche un comunicato può essere il frutto di un compromesso e quindi non sempre scritto a regola d’arte, ma non per colpa del comunicatore. Su The Press Match facciamo in modo che la prima cosa che legga un giornalista siano le famose 5W + il Come dell’informazione: il comunicatore non deve pensare a niente, il sistema — grazie a un inserimento mirato e guidato del comunicato — prende i pezzi essenziali che servono e li pubblica a caratteri cubitali nella dashboard di chi riceve la segnalazione.

3) Vedersi dare buca a un evento, specie se conferenza stampa, all’ultimo secondo o pretendere la luna all’ultimo secondo Ci sono varie scuole di pensiero sull’utilità della conferenza stampa oggi, anche perché per i comunicatori e le comunicatrici è un doppio lavoro dover organizzare anche un incontro dal vivo. In realtà è uno strumento ancora molto utilizzato e per quanto i giornalisti vi diano buca assicuriamo che apprezzano l’evento live (niente battute sui buffet, please).

Ma se non posso o non voglio andare a un evento o una conferenza, come al punto 1, possono sempre rispondere che non mi interessa o che mi interessa la notizia ma non potrò partecipare. Per i comunicatori invece l’incubo degli incubi è ricevere richieste logisticamente difficili dal gestire all’ultimo minuto dal “Voglio intervistare il Presidente della Repubblica ADESSO!!”, al “Ma non puoi inviarmi due righe in più con dei dati?” “Sì, per quando ti servono” “Per ieri può andare bene”. Spesso questi inconvenienti sono legati al fatto che comunicatori e giornalisti ignorano reciprocamente le proprie tempistiche di lavoro. Uno dei meccanismi che caratterizzano The Press Match è lo scadenzario delle notizie: avrete notato che se inserite un comunicato, la data suggerita dal sistema per la messa online sulla piattaforma è almeno 3 giorni dopo rispetto a quando lo state caricando. Non è un errore ma un modo per consentire al sistema di smistare nelle tempistiche giuste la segnalazione di un evento e di una conferenza nei tempi giusti per una redazione o un giornalista : in questo modo non dovete impazzire su quando inviare il cs e il giornalista non ha scuse perché è avvertito in tempo.

Originally published at blog.thepressmatch.com on December 4, 2017.

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