Saigon, 2005

La storia immaginata

Martino Pietropoli
The Punctum.
3 min readSep 19, 2015

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Fotografie che raccontano storie e storie immaginate attraverso una foto.

di Martino Pietropoli

Quando sono in treno o in metropolitana mi piace guardare le persone che occupano il vagone con me. Non si tratta solo di guardarle passivamente come a compilare una contabilità visiva: guardarle attivamente dico, cercando di immaginare le loro vite, le loro storie.
È un esercizio piacevole perché non ha alcuna ambizione di verità: non avendo elementi per dedurre con esattezza cosa farà nella vita questo e quello se non per come è vestito o cosa legge, lo spazio per la fantasia è illimitato.

Da molti anni invece mi arrovello su una cosa: che le foto possano raccontare una storia. Non avevo mai pensato potessero farlo finché qualcuno non me lo fece notare. Alcune foto raccontano una storia solo a certe persone: sono le foto di famiglia e ogni foto ricorda un evento particolare e quindi una storia.

Ma le foto che raccontano una storia che l’umanità intera può capire o intuire, quelle sono davvero Le Foto Grandiose. Come quella della Famiglia Damm di Mary Ellen Mark.

Sono foto insomma che hanno la capacità di espandere il loro significato oltre al frammento temporale che rappresentano: perché una storia ha uno svolgimento e una foto è un singolo frammento di una storia e quindi parrebbe impossibile che possa raccontare anche il prima e il dopo quell’esatto momento. Invece accade anche questo, ma solo, come detto, per quelle foto davvero grandiose.

Mi sono chiesto se io avessi mai scattato una foto che raccontava una storia e no, non credo a memoria di esserci mai riuscito. Voglio dire una singola foto, una sola, così potente da fissarla e vederla animarsi, mentre ti racconta una storia che non è fatta di parole ma è come se sentissi delle parole.

No, quelle foto le fanno quelli davvero bravi e pure a loro non riesce in tutti gli scatti.

Credo che foto così potenti nascano anche per altri motivi che esulano dal gesto meccanico dello scattare e del farlo al momento giusto: nascono perché coagulano in un solo istante latente molti momenti pregressi. Li comprimono nelle due dimensioni della pellicola e, una volta fissati, questi sono talmente tanti e forti che premono per uscire e ritornare alla terza dimensione. Anzi, alla quarta, perché esprimono anche un tempo.

Foto del genere non nascono casualmente: nascono perché fotografo e soggetti ritratti si conoscevano e negli occhi che si vedono sulla pellicola si capisce che c’è stata una qualche relazione, di fiducia, di diffidenza, di stima, di amore anche. Si capisce ed è una dimensione emotiva che affiora e che dà spessore alla foto. Definisce i contorni emotivi della storia.

Allora mi sono domandato perché la foto che ho messo all’inizio di queste parole, che scattai a Saigon nel 2005, mi ricordasse vagamente un vagone della metro o le storie che mi invento su chi ci trovo dentro.
Di questa donna ritratta ad un mercato popolare mentre tiene per mano un bambino (dettaglio che ho notato solo riguardandola) non so niente. Abbiamo respirato la stessa aria per qualche secondo e lei, molto probabilmente, non si sarà accorta di me, né tanto meno del fatto che le ho scattato una foto.

Mi piace la luce che c’era — forse era quasi un tramonto — perché è la luce in assoluto migliore: dà contrasti profondi, drammatici. Mi piace soprattutto che lei guardi altrove, fuori dal fotogramma. Non conoscendola posso immaginare qualsiasi cosa di lei: che abbia visto qualcuno che conosceva, che si fosse girata perché aveva sentito una voce, che le fosse venuto improvvisamente un pensiero.

Non avendo una storia precisa da raccontare le racconta un po’ tutte.

Un po’ come le persone che incontri un giorno in metro e che molto probabilmente non rivedrai mai più. Ma delle quali immagini la vita e ciò che fanno, come io feci con questa donna, ad un mercato di Saigon, nel 2005.

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Martino Pietropoli
The Punctum.

Architect, photographer, illustrator, writer. L’Indice Totale, The Fluxus and I Love Podcasts, co-founder @ RunLovers | -> http://www.martinopietropoli.com