Black Hammer: supereroi con problemi normali

Giuseppe Colaneri
The Shelter
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4 min readFeb 7, 2018

Jeff Lemire si è imposto, nel corso degli anni, come uno dei miei autori preferiti. Dopo aver fatto la sua conoscenza con il toccante Sweet Thoot, ho potuto saggiare le sue ottime qualità di sceneggiatore di fumetto mainstream, con uno degli Hawkeye migliori che abbia potuto leggere, un Moon Knight che incredibilmente non sfigura rispetto a quello di una divinità vivente del fumetto come Warren Ellis e un Bloodhost Reborn che mi ha fatto conoscere quell’affascinante mondo che risponde al nome di Valiant Comics.

Ma, nonostante sia perfettamente a suo agio con fenomenali poteri cosmici, Lemire è un ragazzotto canadese di campagna molto più abituato ai minuscoli spazi vitali. Come quelli descritti nella sua opera autoriale forse più celebre, la trilogia di Essex County che lo ha consacrato alle attenzioni dei più. Una collezione di storie semplici, intime, il cui tratteggio incerto ma iconico di Lemire esaltava i sentimenti dei suoi personaggi immersi nella monotona, a tratti banale, quotidianità dei piccoli paesi di provincia.

Ebbene, si potrebbe quasi dire che in questi due primi volumi di Black Hammer, edito da Dark Horse e portata in Italia da una sempre attenta Bao, è possibile riscontrare una summa di tutto l’immaginario che ha smosso, e continua a muovere, la vena creativa di Lemire. Non a caso: il progetto, ideato ai tempi di Essex County, è stato poi messo da parte prima per Sweeth Thoot e poi per la carriera “supereroistica” di Lemire. E proprio dalle profonde conoscenza e amore che l’autore canadese prova per cappe, mantelli e tute attillate che prende le basi Black Hammer.

Gli eroi più potenti della terra hanno salvato il mondo ancora una volta, sventando l’invasione di un Anti-Dio che ricorda sia il marvelliano Galactus che — neanche a dirlo — l’Anti-Monitor della DC. Ma l’esito della battaglia è tutt’altro che scontato: i nostri prodi vengono esiliati in un paesino di provincia dal quale non possono scappare a causa di una speciale barriera che ne impedisce il passaggio.

Ormai vecchi, stanchi e rassegnati, i supereroi sono costretti a vivere una noiosa vita da provincialotti, di quelle tutta fattoria, chiesa e, nella più sfrenata delle giornate, un bicchiere al bar del paese. Tra chi si integra meglio e chi, invece, non riesce ad accettare questa situazione, gli ormai ex supereroi vivono una complessa convivenza fatta di risentimenti, speranze, tanta rabbia e spettri interiori ben più difficili da combattere dell’Anti-Dio di cui sopra.

Se il primo volume è un’affascinante introduzione a questi personaggi inediti ma così familiari, vuoi per i loro sentimenti profondamenti umani, vuoi per i loro ovvi rimandi a supereroi Marvel e DC (Barbalien è palesemente Martian Manhunter, Abraham Slam ha molto in comune con Capitan America), il secondo volume introduce diversi elementi alla misteriosa vita cittadina dei nostri eroi, che finirà per essere ben più banale di quanto questi pensassero. Il tutto senza scendere, per fortuna, nel supereroistico spicciolo, ma restando sempre nella parte più viscerale, carnale e umana dei protagonisti, approfondendo sia la loro psicologia che svelando, pian piano, dettagli sui loro retaggi e origini.

Tra superuomini che non riescono ad accettare una vita banale e altri che finalmente sembrano aver trovato la propria dimensione, la scrittura di Lemire riesce a rendere affascinanti, quasi “toccabili”, i sentimenti e i piccoli grandi drammi dei suoi personaggi, anche aiutato dall’ottimo tratto di Dean Ormstom che, di tanto in tanto, si diverte anche lui a citare il passato del fumetto Golden e Silver Age (in particolare nella figura di Steve Dikto). Chiaramente, dopo il ritmo più introduttorio del primo, il secondo albo porta quel giusto scombussolamento necessario a farti venire l’ansia di avere tra le mani il terzo volumetto. Che, personalmente, non vedo l’ora di stringere tra le mie mani.

Black Hammer mantiene tutte le premesse e aspettative che mi ero potuto creare leggendone pareri in giro. E le supera con l’innata capacità di Lemire di tratteggiare storie drammatiche senza scadere mai nel patetico. L’ennesima prova del talento di un autore che sa rendere propria ogni suggestione e lezione della sua vita. Compresa quella di Alan Moore e del suo seminale Watchmen, da cui l’opera trae — inevitabilmente — parte della sua ispirazione.

Ho letto Black Hammer Vol 1 e 2 grazie a due copie digitali offertemi gentilmente da Bao Publishing.

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Giuseppe Colaneri
The Shelter

Mi annoio. Quindi vomito idee e parole per annoiare anche voi.