Crest, Epicuro e la noia degli dèi

Dario Oropallo
The Shelter
Published in
4 min readMay 3, 2018

Il presupposto da cui muove Crest, come descrissi nell’anteprima che lo ha preceduto, è una rielaborazione dei tradizionali god-sim ai quali siamo abituati. La maggioranza dei giochi simili ci consente di poter interagire in qualche modo con l’ambiente che ci circonda: gli avatar, i miracoli o il world building sono variabili volte a dare maggiore vivacità a un genere di giochi che — come dimostra empiricamente la quotidianeità — ci vedrebbero per lo più assenti, esterni a quanto accade sul nostro schermo.

Eat Create Sleep ribalta questa visione e opta per un punto di vista interessante: cosa accadrebbe se il nostro operato non potessere essere realizzato liberamente e direttamente, ma piuttosto passasse per il filtro di un’interpretazione da parte delle comunità dei nostri fedeli? Una questione alla cui domanda non è facile dare risposta, come dimostrano gli studi teologici dedicati alla maggioranza delle religioni reali. Il problema, a questo punto, è come trasformare questa riflessione in un videogioco vero e proprio.

Una zoomata sul mondo di gioco rivela i numerosi miglioramenti occorsi rispetto alla prima versione testata. Peccato che molti elementi, tra cui l’attività dei villaggi, siano solo suggeriti e non visibili da vicino.

Per interagire con il gioco avremo solo un metodo: fornire una serie di comandamenti, costruiti attraverso un approccio logico basilare — soggetto, predicato, complemento oggetto. Il numero dei comandamenti che potremo decretare andrà lentamente aumentando ma, soprattutto all’inizio, avremo uno spazio di manovra estremamente limitato e un dizionario altrettanto risicato. Solo dopo alcune ore potremo cominciare a impartire ordini più precisi, variegati e capaci di determinare un chiaro indirizzo per i nostri fedeli.

Come appare chiaro dopo poche ore di gioco, il principale problema di Crest è il tempo. Il ritmo particolarmente rilassato è una scelta chiara che, però, è resa ancor più drammatica dalla scelta di legare ciò che accade a un insieme di regole grammaticali e alla loro interpretazione da parte dell’IA. Il risultato è che, almeno nelle prime tre ore di gioco, avremo davvero poco da fare. La sensazione è di trovarsi di fronte a una versione migliorata di quei browser-game o giochi per cellulari in cui è necessario attendere un tot di tempo prima che un’azione effettiva sia compiuta.

Il mondo di gioco si configura sempre come un arcipelago. Una scelta dettata dalla necessità di eliminare i conflitti bellici tra differenti religioni e delimitare chiaramente il territorio su cui avremo influenza.

Come evitare che i tempi morti possano annoiare il giocatore? Una domanda alla quale gli sviluppatori di Eat Create Sleep cercano di dare risposta con un curioso sistema di gestione delle risorse ambientali. Le comunità di fedeli, infatti, tenderanno ad aumentare i propri consumi nel corso del tempo. Il nostro compito sarà intervenire per riparare ai danni che produrranno ed evitare che modifichino eccessivamente il paesaggio, mettendo a rischio le riserve di una risorsa o l’altra.

Un’idea interessante sulla carta che, però, non riesce a concretizzarsi al meglio. I tempi del consumo delle risorse non sono più veloci dei normali tempi di gioco e, anche per l’impossibilità di assistere a un’evoluzione della civiltà fino all’età moderna, difficilmente ci troveremo di fronte a una situazione di emergenza ambientale.

I nostri piccoli fedeli crescono!

A questo punto è inevitabile che le fantasie deviate del giocatore debbano ricercare nuovi mezzi per intrattenersi, cercando di proporre comandamenti controproducenti. Questa scelta, i cui effetti costituiscono comunque una riflessione teologica e filosofica interessante, non riesce però a risollevare il gameplay. Anzi, ne mostra l’ultimo difetto: la ripetitività dell’esperienza. Ogni partita a Crest somiglia alla precedente e solo dopo alcune ore di gioco sarà possibile notare qualche piccola divergenza.

C’è una sola cosa orribile al mondo, un solo peccato imperdonabile: la noia. (Oscar Wilde)

Un breve cenno sul comparto tecnico: l’uso di colori sgargianti e di ambientazioni polinesiane che sembrano richiamare Gaugain si rivela una scelta azzeccata. Piacevoli anche le musiche e gli effetti sonori. Il design dell’interfaccia, per citare un argomento caro al nostroFrankie, è di buona qualità e offre un’ancora migliore leggibilità dei comandamenti che impartiremo.

Forse, con una maggiore varietà di contenuti e di comandamenti, parlerei di Crest in modo diverso. Purtroppo, allo stato attuale, l’esperienza di gioco risulta eccessivamente rarefatta per poterne consigliare l’acquisto.

Ho guidato i miei popoli a mia immagine e somiglianza grazie a un codice gentilmente concesso dagli sviluppatori.

6

--

--

Dario Oropallo
The Shelter

Pensatore dissidente e studente inconcludente, vorrebbe vivere di parole e lettere.