Dal profondo dell’inferno Ismaele è tornato a Nantucket

Dario Oropallo
The Shelter
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4 min readJan 19, 2018

Tornato a New York nell’autunno del 1844, Herman Melville era determinato ad affermarsi come scrittore. Herman rientrava da cinque anni di navigazione: aveva lasciato gli Stati Uniti nel 1839 a causa della bancarotta e della successiva morte del padre, attraversando l’Oceano Atlantico e il Pacifico su varie imbarcazioni e con varie mansioni. I suoi primi racconti, Typee e Omoo, si basavano su questi anni di vagabondaggi e furono accolti positivamente dalla critica e dal pubblico. Questi racconti possono considerarsi l’anteprima del romanzo Moby Dick, che sarebbe stato pubblicato solo nel 1851 dopo numerose disavventure.

La vicenda racconta dell’ultimo viaggio del Pequod e dell’epilogo dell’epica lotta ingaggiata dal capitano Achab contro il mostruoso cetaceo Moby Dick, simbolo della cieca violenza e del Male. A narrare le gesta è Ismaele (Ishmael), marinaio che «oramai piuttosto vecchio del mestiere» decide di imbarcarsi su una baleniera. Nel corso dell’opera avremo poi modo di conoscere la ciurma del Pequod: Queequeeg, Starbuck, Tashtego e tutti gli altri marinai sono intesi come propaggine di una civiltà statunitense affascinata dalle proprie potenzialità di crescita e potenza sulle ragioni e i limiti del vivere sociale; la possibilità di una comunione che travalichi le barriere religiose, razziali, sessuali; infine, i processi che determinano l’ascesa di un capo politico. Moby Dick, come altri classici della letteratura, è un romanzo stratificato e complesso.

Il viaggio del Pequod nel romanzo Moby Dick.

Nantucket comincia lì dove l’opera di Melville si conclude. Al termine del tutorial, in poche immagini e parole ci è riassunto il naufragio del Pequod e il destino di Ismaele. Tratto in salvo dalla Rachele e, vittima dei fantasmi e dei traumi del sopravvissuto, egli decide di tornare nell’isola del Massachusetts per imbarcarsi nuovamente. La definizione di a seafaring strategy game, cioè di navigazione strategica, appare calzante. Nel gioco dovremo infatti amministrare il nostro vascello, gestendone l’equipaggio e applicando una manutenzione accurata.

Per farlo, gli sviluppatori hanno efficacemente unito generi differenti: la gestione e l’amministrazione sono affiancante a numerosi dialoghi, ai quali si aggiungono numerose quest da soddisfare, e propongono una commistione tra gioco di ruolo e manageriale. La navigazione, invece, è affidata all’uso del mouse. Infine, il combattimento e la crescita del personaggio si affidano a una convivenza tra un sistema numerico basato sul d6 ed eventi casuali ai quali è possibile dare diversi esiti. Lo scopo di Ismaele è, però, il ritrovamento di Moby Dick. Si ripresenta, quindi, quella che appare come la maledizione di Achab: il nostro destino è indissolubilmente legato a quello della balena bianca.

Ismaele e i suoi tormenti sono efficacemente descritti nell’incipit di Nantucket.

Il sistema narrativo si lega alle missioni presenti nel gioco. Queste sono selezionabili attraverso le inserzioni pubblicate sul giornale disponibile nei vari porti e prevedono tre tipologie (main quest, side quest e secondary quest). La terza e la seconda rappresentano delle missioni atte soprattutto ad accumulare fama, esperienza e denaro per potenziare il proprio veliero, la ciurma o l’esperienza di Ismaele; la prima, invece, consente di svelare la trama di Nantucket e metterci sulle tracce di Moby Dick.

Il sistema delle missioni ricorre a una soluzione narrativa collaudata, basata sul ricorrere a (più o meno lunghe) descrizioni di quanto accade e un sistema di scelte che offre una serie di possibili esiti. Tali esiti sono legati alla probabilità e alla fortuna, esattamente come durante il combattimento: nonostante un approccio tattico, sarà un lancio di dadi a determinare cosa accade in uno scontro. Una soluzione che personalmente non ritengo ottimale, sebbene sia evidente l’attenzione con la quale gli sviluppatori abbiano lavorato al bilanciamento del gioco.

Piccoli omaggi e strizzatine d’occhio sono celati nell’opera: osservate il nome di questo sloop.

La narrazione, invece, è un elemento che appare un po’ sottotono: la causa è dovuta soprattutto all’impossibilità di poter sviluppare, con questa tipologia di gioco, il personaggio principale. Ismaele e Moby Dick restano delle figure prototipiche e centrali nel ricreare, attorno a esse, un immaginario di avventura e imprese che pochi giochi possono rievocare con tale efficacia.

Nantucket è un gioco appassionante e un ottimo esponente di quei giochi indipendenti che, rifacendosi contemporaneamente ai migliori boardgame e alla miglior letteratura, propongono al giocatore un immaginario affascinante che lo avviluppa e lo spinge a giocare. Evidentemente il gioco non può essere paragonato ad altre esperienze marinare (come la defunta serie di Seadogs o l’unicum di Assassin’s Creed IV: Black Flag), ma è certamente affine a quello che, a detta del sottoscritto, resta il miglior gioco di navigazione e pirateria di sempre: Sid Meier’s Pirates. Scusate se è poco.

Ho scoperto il destino di Ismaele e Moby Dick navigando per acque ignote grazie a un codice gentilmente donatoci dagli sviluppatori. Inutile dire che prossimamente mi aspetto altri giochi simili, magari ispirati ai romanzi salgariani e in particolare al ciclo dei pirati della Malesia.

8

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Dario Oropallo
The Shelter

Pensatore dissidente e studente inconcludente, vorrebbe vivere di parole e lettere.