Darkest Dungeon è una tragedia lovecraftiana

Carmelo Baldino
The Shelter
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14 min readFeb 9, 2016

“La torcia! Non fate spegnere quella dannata torcia!” urlò nevroticamente Kelvan Richgood, mentre si ergeva in prima linea contro le creature abominevoli che l’oscurità di quel maledetto dungeon continuava a vomitare. “Perché gli Dei ci hanno abbandonato?!” mi chiese disperato il chierico ColeBlack, che tentava di curare l’emorragia dello stregone Astron Tassanius usando l’ultima benda che avevamo. Non avevo una risposta, sapevo solo che quello non era un luogo per un menestrello. Ma l’oro è oro, e il proprietario della tenuta ce ne aveva promesso un mucchio se fossimo riusciti a liberarci del male antidiluviano che si era risvegliato nelle profondità dei sotterranei.

Mi tremavano le mani, a stento riuscivo a reggere la torcia e quando provai ad evocare un canto per rinvigorire il gruppo ne venne fuori solo una dissonanza di note contorte. Astron trovò le ultime forze per pronunciare parole oscure: “Amechth’ntaas’m’rriachth!”. Dei terrificanti tentacoli rossi sbucarono dal suolo e smembrarono una di quelle creature. Il nostro attacco fece infuriare un altro abominio, che colpì Kelvan facendolo crollare in ginocchio. ColeBlack lanciò un incantesimo curativo ma il prode guerriero ringhiò furioso: “Non mi priverete di una morte gloriosa!”. Rifiutando le cure, Kelvan si scagliò contro i nemici rimasti e ci liberò una via di fuga. Afferrai Astron e ColeBlack. Quella era la nostra ultima speranza di uscirne vivi. Ma il fato aveva altri progetti per noi: la torcia si spense e venimmo inghiottiti dalle tenebre. Dall’oscurità sbucarono altre creature mostruose che ci travolsero con i loro tentacoli mortali. Astron fu brutalmente fatto a pezzi. Il cuore di ColeBlack si fermò nello stesso momento in cui si rese conto che nessun Dio sarebbe accorso in nostro aiuto. Io ero a terra stordito e sentivo solo le urla strazianti di Kelvan. Un sorriso amaro comparve sul mio volto: pensavo a come il guerriero fosse appena stato accontentato. Poi il buio mi avvolse. Se c’era un prezzo da pagare per la nostra presunzione, lo avevamo appena pagato.

Benvenuti nello spietato mondo di Darkest Dungeon, dove ciò che conta non è il numero di nemici che un avventuriero riesce a sconfiggere, ma quanto riesce a resistere prima di impazzire e morire. Potreste pensare che io stia esagerando nell’enfatizzare, ma il concept di questo videogioco fa della follia “lovecraftiana” un pilastro fondante ed è tanto originale quanto spietato. L’introduzione che avete appena letto è solo uno dei tanti esempi di “meta-narrazione” che potremo sperimentare grazie alle brillanti menti dei ragazzi di Red Hook Studios. Per certi versi più che parlare di “Storytelling” qui dovremmo parlare di “Tragedytelling”, perché ogni spedizione in quei dungeon oscuri rischierà di finire in tragedia. E sono riusciti a creare una formula così particolare semplicemente ponendosi una domanda che quasi nessuno sembra più interessato a porsi nell’attuale mercato dei videogiochi: qual è il tributo emotivo e psicologico che richiede una vita di avventure? Darkest Dungeon risponde in modo originale a questo quesito e mette in primo piano l’aspetto “umano” di questi eroi virtuali. Vediamo insieme come.

Madness. Our Old Friend.

Darkest Dungeon è un altro di quei progetti che Kickstarter ha contribuito a far decollare e si presenta come un 2D Roguelite/Dungeon Crawler a scorrimento orizzontale. Non lo reputo un roguelike puro, anche se sulla carta contiene i tre elementi tipici di questo sottogenere: permadeath, livelli randomizzati e combattimenti a turni tattici. La differenza sostanziale sta nel fatto che anche in caso di fallimento manterremo comunque i potenziamenti sbloccati nei vari edifici del borgo e ne potranno giovare altri avventurieri che potremo arruolare ogni settimana. In pratica l’esperienza non viene accumulata solo dal giocatore, attraverso numerosi tentativi e fallimenti, ma anche dal gioco. Per qualcuno magari non fa molta differenza, ma se vi sente il nostro Tassani poi son dolori.

Dopo circa un anno in Early Access su Steam, nella release finale sono state aggiunte diverse novità, ma posso dire con una certa soddisfazione che la sostanza è rimasta pressapoco identica e le premesse più che mantenute. Partiamo da un punto fermo: Darkest Dungeon non è un videogioco “per tutti”. Per qualcuno potrebbe sembrare un difetto, per altri un pregio, ma la filosofia di fondo segue il famoso “Losing is fun” di Dwarf Fortress. Se questo motto non vi fa suonare alcun campanello, allora non fate probabilmente parte del target a cui Red Hook si è palesemente rivolta.

In giro si leggono parecchie lamentele su come sia troppo punitivo e qualcuno lo vede più come una “simulazione della Legge di Murphy” che come videogioco con cui divertirsi. Personalmente, dopo più di una cinquantina di ore di gioco, mi sento di poter affermare con una certa cognizione che Darkest Dungeon è sì un gioco punitivo, ma al tempo stesso è onesto: ti punisce in maniera inversamente proporzionale al tasso di impegno cerebrale che tu, giocatore, sei disposto ad investire. In altre parole: più cervello vi sforzerete di usare e meno vi sentirete impotenti di fronte ai massacri a cui dovrete assistere, diminuendo al minimo l’influenza che la spietata casualità del “RNG” (Random Number Generator) sembra volervi imporre senza via di uscita. Fare tesoro degli errori commessi e un altro passo importante per godersi l’esperienza, ma se preferite mandare al massacro avventurieri senza un minimo di strategia e preparazione, pensando che sia l’unico modo per proseguire, allora accomodatevi. Poi però non vi lamentate.

Darkest Dungeon non è un videogioco “per tutti”.

Infondo la missione che ci è stata assegnata non è affatto alla portata di tutti e scopriremo sulla nostra pelle cosa succede quando qualcuno gioca con i poteri occulti, risvegliando malvagità che sarebbero dovute rimanere dormienti in eterno. Toccherà a noi, in quanto ultimi discendenti di una stirpe di nobili decaduta, rimettere a posto le cose, rispedire questo essere antidiluviano negli abissi e ricostruire la tenuta della nostra famiglia. E sì, bestemmierete parecchio, almeno finché non capirete come gestire al meglio le vostre finanze e come sia inutile mandare al massacro avventurieri senza speranza. Darkest Dungeon nasce proprio con l’idea di portare il giocatore a confrontarsi con situazioni al limite, mettendo alla prova i suoi nervi per creare un parallelo psicologico con lo stress che dovranno sopportare gli avventurieri mandati a morire in quegli oscuri dungeon. Prima di pensare a quanti danni infligge la propria arma, bisogna pensare a quanto può resistere un personaggio sotto stress prima di cedere alla follia, a quanto è saggio mandare un avventuriero senza resistenza all’avvelenamento in un dungeon pieno di nemici con attacchi velenosi oppure a quanto sia poco intelligente puntare su un set di skill votate al danno da sanguinamento se sappiamo che combatteremo contro nemici immuni a quel tipo di attacco. Ci sono un sacco di variabili su cui ragionare e se non siete predisposti per una simile esperienza allora datemi ascolto e lasciate perdere. Se invece amate questo tipo di sfida “cerebrale” vi assicuro che avrete pane per i vostri denti e gli sforzi verranno ripagati.

“There can be no hope in this Hell. No hope at all.”

We dug for months, years, eternity

Graficamente vi troverete di fronte ad un 2D pieno di splendide illustrazioni a fumetti. A curarle è stato il talentuoso Chris Bourassa, che si è palesemente ispirato allo stile di Mike Mignola (Hellboy, Baltimore) e Guy Davis (The Marquis). L’estetica dei nemici e dei dungeon rimanda continuamente agli incubi lovecraftiani e lo stesso vale per il sonoro. Non ci saranno brani di sottofondo particolarmente memorabili, ma la voce narrante affidata a Wayne June è puro spettacolo. Seriamente: è una roba che da sola crea metà dell’atmosfera. La vicenda che fa da sfondo alla storia della tenuta verrà narrata proprio attraverso la sua voce e ci saranno continui commenti durante ogni fase del gioco. Chi non mastica bene l’inglese si perderà una parte dell’esperienza davvero ben curata.

Sul fronte del gameplay avremo principalmente due fasi da gestire: la prima si svolgerà nel borgo, la seconda durante l’esplorazione dei dungeon. Sono entrambe molto importanti e il come gestiremo la prima avrà una pesante influenza anche su come le cose si svolgeranno nella seconda. Senza una buona strategia a monte ci sarà ben poco da fare quando le cose volgeranno per il peggio in uno dei dungeon. Ne incontrerete parecchie di situazioni disastrose, ma prima di arrivare al punto di non ritorno e rischiare di perdere per sempre un gruppo di avventurieri che avevate livellato dopo parecchie ore di gioco, avrete sempre una via d’uscita: la fuga. Rinunciare ad una quest o un bottino è sempre meglio che perdere in modo permanente un gruppo di avventurieri su cui avete investito un sacco di oro. Il permadeath non perdona e l’unica cosa che dovete veramente temere è un affliction che impedisce al gruppo di fuggire da un combattimento. Se ne beccate una è meglio abbandonare alla prima occasione il dungeon o vi ritroverete di fronte ad un suicidio di massa quasi assicurato. Un altro caso in cui dovrete ponderare bene prima di gettarvi nella mischia è quando dovrete esplorare il dungeon finale, perché sarà un vero incubo e in caso di fuga perderete sicuramente un compagno. Avvisati.
Saranno solo il tempo e l’esperienza ad aiutarvi a capire meglio quando sarà il momento di rinunciare e quando si potrà osare, portando a casa bottini sempre più grossi e utili. Darkest Dungeon premia la pazienza e punisce brutalmente la presunzione. Segnatevelo.

And we were rewarded with madness

Nel borgo potremo gestire un roster di avventurieri e le nostre finanze, attraverso una serie di edifici. Ogni settimana potremo prepararci per una spedizione di massimo 4 avventurieri in uno dei dungeon. Inizialmente non avremo accesso a tutti gli edifici e li sbloccheremo proseguendo con la pulizia dei sotteranei ai piedi della tenuta. Ogni edificio avrà uno scopo e potremo anche potenziarli spendendo oro e alcuni oggetti preziosi che si possono raccogliere in missione. Per cominciare dovremo arruolare nuovi avventurieri nella carovana e ogni settimana ce ne saranno di nuovi a disposizione. Non avranno un costo, quindi ci sarà sempre “carne fresca” da gettare al massacro.

Le classi degli avventurieri saranno 14 in totale, tutte molto originali e diverse tra loro. Scordatevi la classica triade “Ladro-Guerriero-Mago”, perché anche nella caratterizzazione delle classi Red Hook ha voluto ricercare qualcosa che si sposasse bene con le atmosfere care a Lovecraft. Nell’anteprima mancavano l’Arbalest, Man-at-Arms, Hound Master e Abomination, ora tutte presenti. La più interessante è l’Abomination, vittima di una maledizione che gli permette di trasformarsi in una bestia feroce. Come classe è leggermente più forte di tutte le altre, ma ha come contropeso l’influenza negativa sulla barra dello stress degli altri compagni di viaggio. In pratica se lo fate trasformare tutto il gruppo ne risentirà in termini di stress, ma avrete dalla vostra una bestiola molto potente.

È punitivo in maniera inversamente proporzionale al tasso di impegno cerebrale che sei disposto ad investire.

Ogni avventuriero potrà salire di livello sopravvivendo alle spedizioni nei dungeon. Il livello stabilirà diversi fattori, uno dei quali sarà il tipo di dungeon che potrà esplorare. Esempio: un Crusader di livello 6 non potrà esplorare un dungeon di livello 2, mentre un Hellion di livello 1 può farsi massacrare in un dungeon di livello 5. Questa cosa è abbastanza inspiegabile ed è forse uno dei pochi aspetti controversi che mi sento di criticare in questo gioco. Il problema di fondo è che una simile limitazione allunga in modo artificiale e un po’ forzato il tempo che serve per poter tirare su avventurieri di livello 6. Si sfocia in un “grinding” che potevano onestamente risparmiarsi, visto che la longevità non è assolutamente tra le mancanze di Darkest Dungeon. Posso provare ad intuire la motivazioni di una simile scelta di design (mantenere alta la difficoltà e il bilanciamento?), ma non la condivido lo stesso se porta a determinati effetti collaterali. In base al livello potremo anche potenziare l’equipaggiamento (composto da un’arma, un’armatura e due oggetti supplementari) e le abilità da sfruttare in combattimento. Ogni classe avrà 7 abilità, ma solo 4 saranno disponibili nei combattimenti, quindi dovremo scegliere in base alla situazione e al posizionamento (ve ne parlerò fra poco nel dettaglio).

Altri edifici serviranno per recuperare sanità mentale, guarire da una “affliction”, acquistare nuovi oggetti o curare una malattia. Ognuna di queste azioni ha un costo in oro, quindi se non voleve rischiare subito di trovarvi in una situazione di stallo vi consiglio di ponderare bene le finanze. Non c’è un vero e proprio “Game Over” e avremo sempre nuovi avventurieri con cui tentare una spedizione di fortuna, ma c’è un dettaglio da non sottovalutare: esplorare i dungeon farà aumentare anche il loro livello di difficoltà e non sempre avremo a disposizione dungeon di livello basso da poter ripulire (anche questo è una fattore randomizzato). La mancanza di oro ci costringerà anche a tentare spedizioni disperate, senza comprare torce e cibo. In quel caso non vi stupite se finisce tutto in tragedia, perché quando la torcia si spegne del tutto lo stress aumenta più velocemente e i nemici diventano più tosti. L’unico vantaggio di una run al buio è l’aumento delle possibilità di trovare loot di qualità migliore e l’aumenta della percentuale di successo sui colpi critici.

Continue the onslaught! Destroy. Them. All.

Una volta conclusi tutti i preparativi nel borgo, dovremo avventurarci negli oscuri dungeon generati proceduralmente. Ce ne saranno di quattro tipologie: Ruin, Weald, Cove e Warrens, ognuno dei quali caratterizzato da nemici, trappole e boss diversi. In ogni spedizione potremo guadagnare oro, oggetti ed esperienza, a patto di tornare vivi. Le risorse guadagnate andranno subito reinvestite per potenziare il borgo, i nostri avventurieri o curarne le ferite. Lo scopo finale è riuscire ad avere un gruppo di livello 6 che sia in grado di sopravvivere nel mortale dungeon finale, dove ci attende l’abominio antidiluviano che ha scatenato questo inferno. Preparatevi mentalmente perché questa ambita meta è accessibile solo se avrete veramente un gruppo di avventurieri all’altezza, ben equipaggiato, potenziato al massimo e con buone statistiche di resistenza. Altrimenti è quasi certo che andrete incontro ad uno spietato massacro, con conseguente spreco di risorse e tempo. Calcolate anche che per arrivare al boss finale dovrete ripulire il suo dungeon 3 volte e solo alla quarta lui si mostrerà.

Darkest Dungeon premia la pazienza e punisce brutalmente la presunzione.

Le fasi di combattimenti saranno a turni tattici e basate molto sul posizionamento di nemici e avventurieri. In base a come piazzeremo ogni avventuriero, su una griglia composta da 4 posizioni, avremo accesso ad un set di skill diverse. Ogni turno potremo scegliere di usare una delle skill offensive o difensive ed è di vitale importanza scegliere un set che sia sfruttabile in una determinata posizione se si vuole valorizzare le sinergie tra classi diverse. Par capirci: se piazzate una Vestal in prima linea, senza che abbia attivato l’abilità d’attacco ravvicinato, state praticamente sprecando un turno, perché non potrà né attaccare e né curare e dovrete scambiarla di posizione con un altro avventuriero. Le sinergie funzionano allo stesso modo e dovrete sperimentare sul campo la miriade di combinazioni disponibili, tenendo conto anche del fatto che i nemici seguono gli stessi criteri. Una novità introdotta nel combattimento è la presenza dei cadaveri che rimangono dopo aver abbattuto un nemico. Continueranno ad occupare una posizione sulla griglia e solo dopo esservene sbarazzati i nemici si sposteranno in avanti (potete continuare ad attaccare un cadavere o usare skill apposite per per liberarsene). Di esempi su quante opportunità tattiche riesce ad offrire questo sistema di combattimento se ne possono fare talmente tanti che non mi dilungo oltre, lasciando a voi il gusto della scoperta.

Esplorare questi luoghi pieni di orrori ha però un costo in termini psicologici: la barra dello stress. Ogni avventuriero, oltre alla barra degli HP, avrà una barra che misura l’accumulo di stress e quando si riempie subirà una “affliction”. Le affliction sono pesanti malus che stravolgono totalmente lo stato mentale di un personaggio, arrivando anche a far perdere totalmente il controllo sulle sue azioni o rifiutare cure e cambio di posizione. Per tenere a bada questa barra avremo diverse opzioni, come il portarsi dietro un Jester (che ha un’apposita abilità per diminuire l’accumulo), oppure decidere di accamparsi e riposare. Nella fase di accampamento entrerà in gioco un altro set di skill per ogni classe, con cui potremo curare gli HP, lo stress o lanciare dei buff sul gruppo. Portatevi sempre dietro delle razioni di cibo, altrimenti il gruppo soffrirà la fame e subirà una pesante botta di stress e malus. Non sarà sempre possibile accamparsi e dipende dalla lunghezza del dungeon. Durante l’esplorazione troveremo anche degli elementi con cui interagire e in base ad una serie di check randomizzate potremo scovare tesori, bonus, oggetti o beccarci fastidiose malattie e malus. Alcuni oggetti possono essere abbinati a determinati elementi, sbloccando bonus speciali e tesori segreti. Per scoprirlo dovrete affidarvi al buon vecchio metodo del “Trial & Error” nella maggioranza dei casi.

You will endure this loss and learn from it.

La curva di difficoltà di Darkest Dungeon è uno degli aspetti più dibattuti in rete. Molti giocatori sembrano avere qualche problema ad accettare che non si abbia il totale controllo di certe variabili e le critiche sono principalmente rivolte alla frustrazione che provoca la predominanza di casualità e permadeath. Come ho spiegato qualche riga fa, molto dipende da quanto cervello ci mettete prima di osare. Non nego che a volte gli algoritmi che gestiscono i numeretti randomizzati siano dei gran bastardi e rovinino anche la migliore delle tattiche, anzi, di bestemmie me ne ha strappate in quantità industriali anche a me. Ma da questo a pretendere che tutto sia lineare e premeditato, in un gioco che fa della tensione un cavallo di battaglia, lo trovo leggermente pretestuoso e fuori luogo. A tratti ho come l’impressione che questa sia l’ennesima dimostrazione di come i concept troppo “coraggiosi” rischino di essere incompresi. Eppure Red Hook è stata cristallina sin da subito: “Darkest Dungeon is about making the most of a bad situation”. Lo ripeto ancora una volta: se non siete pronti per una simile filosofia lasciate perdere e giocate ad altro. Questo gioco si rivolge ad una nicchia ben precisa e non può piacere “a tutti” come un tripla A costato 100 milioni e lanciato su tutte le piattaforme esistenti.

In chiusura ribadisco che personalmente quando metto le mani su un concept originale come questo sono felice di premiarlo, soprattutto per la trasparenza. Sono del parere che questo sia uno degli obiettivi più difficili da raggiungere per un sviluppatore indipendente, perché non c’è cosa peggiore del tradire aspettative gonfiate in fase di promozione. Questi ragazzi sin dall’annuncio hanno pubblicamente precisato il tipo di esperienza a cui punta Darkest Dungeon e da quel che ho potuto constatare con mano hanno portato sul mercato tutto quello che avevamo promesso. Lo stereotipo dell’eroe senza macchia che vince sempre contro il male non trova spazio nel mondo lovecraftiano di questo roguelite e il lato più fragile del mestiere di avventuriero è un qualcosa su cui raramente abbiamo speso qualche riflessione. Per me è una promozione piena e mi sento di applaudirli e consigliarne l’acquisto a tutti coloro che amano il genere, un alto grado di sfida e i concept originali. Servirà molto tempo e pazienza, ma le soddisfazioni non tarderanno ad arrivare, credetemi. Se invece non siete ben predisposti verso questo genere e pensate che il vostro tempo sia troppo prezioso per essere sprecato nel capire come non farsi massacrare in questi spietati dungeon, allora vi ho già ampiamente avvisato nei paragrafi precedenti.

Chi è interessato all’acquisto può rivolgersi a Steam o Good Old Games, portandosi a casa una perla di videogioco ad un prezzo anche modico. A me non resta che salutare con un ultimo consiglio, citando la meravigliosa voce narrante di Wayne June: “Remind yourself that overconfidence is a slow and insidious killer”. Non dimenticatelo mai. MAI.

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Carmelo Baldino
The Shelter

Web e Graphic designer per hobby. Troll di professione. Da quando gli è apparso in sogno il suo unico Dio (Chris Avellone) pensa di essere il suo araldo.