Divinity Original Sin 2 è organicamente emergente

Carmelo Baldino
The Shelter
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13 min readOct 24, 2017

I tempi sono maturi per annoverare il primo Divinity: Original Sin tra le tappe che hanno segnato l’evoluzione dei GDR occidentali. Quel gioco per me è stata la consacrazione di sviluppatori che non hanno mai smesso di credere in un sogno e personalmente ne ho fatto proprio una questione di principio: per anni ho rotto le palle criticando la mancanza di coraggio nel mercato dei GDR? Bene, nel momento in cui qualcuno mi ha accontentato devo essere coerente e dare a Cesare quel che è di Cesare.

Tre anni fa Swen Vincke, fondatore e frontman di Larian Studios, ci ha dimostrato via Kickstarter che c’era un margine sperimentale ancora inespresso in certe tipologie di GDR. Con il primo capitolo di questa saga ha creato una base su cui costruire un futuro. Su quella base nasce Divinity Original Sin 2, segnando ancora di più una netta differenza tra chi ha idee e capacità per sfruttare quel margine sperimentale e portare avanti l’evoluzione di un genere e chi invece si ferma solo a promesse e propaganda.

Fane è il compagno scritto da Avellone, una sorta di Morte di Planescape Torment che si risveglia da un sonno durato un paio di millenni.

Organicità emergente e ruoli creativi

DOS2 è un GDR con visuale a “volo d’uccello” che si ispira ad una serie di vecchie glorie del passato e ne modernizza la struttura di gioco. È riuscito quasi a superare il metascore del leggendario Baldur’s Gate 2. Al che mi sono chiesto: sarà mica che il mondo, finalmente, si sia accorto che Larian è rimasta tra le poche a proporre una formula di gioco che premia il “gameplay emergente” rendendolo organico?

Spesso il termine “emergente” viene associato ai paroloni accademici, ma il suo significato è molto semplice: la possibilità di usare in maniera creativa gli strumenti offerti da un videogioco, dando vita (attraverso l’interazione) a situazioni e “storie uniche” non sempre previste dal designer che ha creato il contesto in cui ti muovi. Un esempio famoso: TES V Skyrim di Bethesda. Prendete quella formula lì e notate come, de gustibus a parte, sia possibile fare un sacco di cose grazie ad un alto grado di libertà di esplorazione e interazione. Quello che manca, però, è un “collante” capace di tenere insieme in modo organico tutta quell’anarchia. In DOS2 avviene il contrario: avete più o meno lo stesso grado di libertà esplorativa, il contesto è ovviamente più piccolo, ma ogni singolo strumento a vostra disposizione si contrappone all’anarchia creando un sistema organico, interconesso, dove le vostre scelte fanno la differenza, aprono o chiudono porte, approcci e soluzioni.

Larian non punta sulla quantità di “cose che puoi fare” in DOS2, ma sulla qualità di un sistema capace di creare situazioni “emergenti” che aiutino il giocatore a risolvere i problemi in maniera creativa: questa è la loro idea di “interpretare un ruolo in un contesto”. Fra poco vi spiegherò ancora meglio come funziona.

Più Pratchett, meno Tolkien

Una delle critiche spesso rivolte a Larian era la tendenza a parodizzare troppo certi argomenti, mettendo in campo una scrittura non sempre all’altezza del tono usato. In DOS2 il loro stile rimane, Rivellon resta sempre un mondo bizzarro molto più vicino ad un Pratchett rispetto ad un Tolkien, ma subisce un processo di maturazione non indifferente: vengono trattati molti più temi delicati rispetto al capitolo precedente (genocidio, razzismo, schiavitù, fanatismo religioso, bisessualità, ecc), la qualità della scrittura migliora di diverse spanne, e pur mantenendosi in un recinto parodistico riesce a far emergere diverse riflessioni che di scherzoso hanno ben poco. Forti del contributo esterno di un Chris Avellone ormai sempre presente quando si tratta di difendere la dignità del writing, i dialoghi adesso contengono un numero enorme di “stat check” e aggiungono delle apposite “tag” molto simili a quelle già viste in Pillars of Eternity. La parte interpretativa è molto più curata e lega le motivazioni dei personaggi al proseguo non lineare della trama, portando parecchie situazioni ad avere più finali differenti e a superare il classico dualismo morale che troppo spesso diventa la fiera dello stereotipo. La differenza tra “buoni e cattivi” sfuma totalmente e lascia sempre più spazio ad un crudo e realistico “machiavellismo” nel momento in cui scopriamo le reali intenzioni delle fazioni in conflitto.

La trama principale gira attorno alle origini di sei portatori della magia della Sorgente e va a parare sempre, come da tradizione della saga, sul concetto di divinità. Dura veramente un botto e ho impiegato circa un centinaio di ore per completare la prima run. In base a chi scegliamo di portarci dietro e che tipo di protagonista interpretiamo, cambieranno diverse situazioni. È impossibile vedere tutto in una sola partita e ci sono enormi margini di rigiocabilità. Le azioni che compiamo a volte influenzano i compagni di viaggio e, se li faremo incazzare troppo, potranno abbandonarci o ribellarsi con violenza.

Se avete difficoltà nei combattimenti sbloccate il talento Lone Wolf: è la vera modalità “Facile”.

Potete scegliere come personaggio principale uno dei sei protagonisti oppure crearvelo del tutto personalizzato. Le razze a disposizione sono quattro, con una variante “non morta” per ognuna di esse. La loro caratterizzazione è maniacale. Gli elfi, di solito simbolo di purezza e simbiosi con la natura, in DOS2 hanno tra le loro tradizioni la pratica del cannibalismo: mangiano parti del corpo dei morti per acquisire un loro ricordo o per onorarne la memoria. Qualcuno potrebbe pensare che non ci sia nulla di speciale in tutto ciò, ma la chicca sta nel come vengono sfruttati questi piccoli dettagli. Non ci si limita, come spesso accade, a piazzarli soltanto in una voce di un inutile Codex: se mangi il braccio del cadavere di un Magister scopri informazioni per risolvere una quest, trovi un indizio sul colpevole di un delitto, vieni stimolato a riflettere sulle ambigue tradizioni di un popolo o acquisisci addirittura una nuova abilità.

Stesso discorso vale per la nuova razza dei Non Morti. Portare a spasso uno scheletro a volto scoperto scatena situazioni che vanno dal comico al bagno di sangue. Serve un cappuccio, un elmo, qualcosa per coprirsi. Tipo una faccia? Esatto. Il gioco ci mette a disposizione proprio un apposito strumento per strappare la faccia ad un cadavere e usarla per assumere le sembianze di un elfo, nano, umano o lizard. No, non sto scherzando, è proprio roba tipo Aria ne Il Trono di Spade. Essere un non morto vuol dire anche essere immuni al veleno e alla deathfog, cosa che cambia drasticamente la gestione di determinati combattimenti. Avere le dita scheletriche ti permette di scassinare qualsiasi serratura. Sapere cosa si prova dopo la morte ti apre linee di dialogo esclusive e riflessioni particolari sulla natura degli Dei. Lo stesso accade quando si sceglie un nano o un lizard e si accede ad argomenti legati al proprio contesto sociale o al razzismo che dilaga tra i due popoli.

Larian non punta sulla quantità di “cose che puoi fare”, ma sulla qualità di un sistema capace di creare situazioni “emergenti”

A differenza del primo capitolo adesso ogni NPC ha un sistema di allerta più complesso e una IA meno stupida. Aggirare il loro cono di visuale in modalità furtiva ci evita di essere scoperti, di finire in carcere o di scatenare un sanguinoso combattimento. A volte qualcuno vuole addirittura guardare nel vostro inventario per vedere se avete preso l’oggetto incriminato, aumentando il senso di immersione in un mondo senziente e limitando i vari trucchetti che potevamo sfruttare nel primo DOS. Qualche limite della IA rimane, ovviamente, ma nelle fasi di combattimento è molto più furba e bastarda. Abbiamo poi la magia della Sorgente, capace di sbloccare poteri speciali tra cui la capacità di poter parlare con gli spiriti dei morti. Oppure abbiamo il talento “Pet Pal” che in non poche occasioni ci permette di scoprire informazioni utili parlando con gatti, cani, galline, mucche e altri animali. Sembra tutto un po’ folle, lo so, ma è proprio per queste cose che io adoro Larian.

In totale possiamo arruolare fino a tre compagni, i cui destini si intrecceranno creando una serie di conflitti morali degni della Terza Legge della Dinamica. Se nessuno di loro vi garba potete assoldare dei mercenari a pagamento. Ovviamente si limitano ad essere dei burattini senza anima e vi perdete tutti i contenuti legati ai sei protagonisti, le reazioni in base a come li trattate e le influenze che hanno sui quattro finali differenti o gli epiloghi che spiegano cosa accade a Rivellon dopo la mega battaglia finale. “Mega” è pure riduttivo. Ho impiegato due giorni per concluderla. Però è stato epico. Bestemmie a parte.

La quantità e qualità di stat check/tag nei dialoghi è su un altro livello rispetto al primo DOS.

Segnalo con piacere la presenza di un ottimo doppiaggio per tutti i personaggi nel gioco e di una voce narrante che legge parte dei dialoghi o descrive le scene. Potrebbe sembrare superfluo, ma una semplice voce narrante può fare un’enorme differenza tra una mattonata di testo (ciao Numenera) e una più piacevole sensazione di ascoltare un libro-game. Sì Brian Fargo, sto parlando proprio con te. Prendi nota.

Lato atmosfera abbiamo delle musiche veramente magnifiche. Non me ne voglia il buon Kirill (storico compositore della saga di Divinity, che ci ha lasciati prematuramente proprio durante lo sviluppo di DOS2), ma l’innesto di Borislav Slavov è stata una conflagrazione di epicità che sto ancora oggi con il main theme che mi gira nella testa. Aiuto.

Purtroppo anche stavolta non è presente la localizzazione in italiano, cosa che ci ricorda sempre una cruda realtà: non contiamo niente come mercato internazionale e chi non conta niente non ha il peso per permettersi di fare la voce grossa. Sull'argomento si è già espresso il buon Peppe, scatenando un bel vespaio. Non voglio gettare altra benzina sul fuoco, anche perché si rischia di scatenare reazioni controproducenti di gente che non ha ben chiaro l’andamento del mercato videoludico e dell’adattamento.

Mazzate magicamente creative

Storicamente nei GDR occidentali si è sempre un po’ avuta la tendenza a dividere in blocchi le fasi di combattimento, quelle esplorative e quelle dialettiche. In DOS2 questa divisione viene superata, sia se giochiate in singleplayer, ma soprattutto se vi organizzerete con altri tre amici per fare una bella co-op (con tanto di split-screen in LAN). Esempi al volo: un personaggio può distrarre un NPC facendo partire un dialogo, un altro gli ripulisce le tasche o gli entra furtivamente in casa per rubare una chiave legata ad una quest, il tutto mentre un terzo compagno se ne va ad esplorare allegramente una zona della mappa in solitario e il quarto decide di far partire un combattimento senza chiamarvi in causa. Faccio veramente fatica a citare un altro GDR in cui potete fare cose simili mantenendo sempre un tale livello di libertà. E se questa cosa vi sembra un traguardo di poco conto allora alzo le mani e nemmeno vado a scomodare la modalità Game Master, in cui è possibile creare campagne personalizzate e simulare una sessione cartacea, con lancio di dadi, modifica in tempo reale di un numero impressionante di parametri e tanto altro.

Parlando di mazzate il sistema di combattimento è rimasto sugli stessi livelli di eccellenza del primo capitolo. Quando comincia un combattimento il tempo si ferma solo per chi è nelle vicinanze e compare la schermata con l’ordine dei turni. Ogni personaggio ha un numero limitato di punti azione per muoversi, lanciare un incantesimo, spostare oggetti, attaccare o usare le abilità. I combattimenti di DOS2 non sono facili e vi consiglio di evitare la difficoltà Tactician senza prima aver capito bene come funzionano, perché è come divertirsi a prendere calci nei denti per poi lamentarsi del dolore. Se siete intimoriti, partite dalla modalità Explorer, la più accessibile, e se proprio volete proseguire spediti sacrificate il gruppo da quattro e fate apprendere il talento “Lupo Solitario” solo a due personaggi: quella è la reale difficoltà “Facile”. A livello Classic è richiesto comunque un certo impegno da parte del giocatore, conoscenza del come si svolgono alcuni scontri e intelligenza strategica adattabile a vari colpi di scena. Se proprio non riuscite potete sempre “respeccare” i vostri personaggi cambiando la distribuzione dei punti e i talenti.

Provate a lanciare un incantesimo di Maledizione su quelle fiamme.

Non credo di esagerare nel dire che DOS2 offra uno dei sistema di magia più originali, divertenti e stimolanti che si siano mai visti nel mercato dei GDR. Lo eredita sempre dal primo capitolo, ma aumento il numero e la qualità delle tattiche sfruttabili, trasformando l’uso dei maghi in un’esperienza mistica che non ha nulla a che vedere con il solito archetipo da “mitragliatore di palle di fuoco”. Non è solo questione di combinazioni tra elementi, è proprio il modo in cui devi ragionare che è su un altro livello. Dimenticatevi tutto quello che avete visto in Neverwinter Nights, Dragon Age, Shadowrun, Pillars of Eternity, Tiranny e tanti altri. Non per demeriti loro, sia chiaro, ma per meriti fuori parametro di questo geniale sistema di combattimento.

Il sistema di combattimento premia prima di tutto la creatività. E allora, dico io: siate creativi!

In questo secondo capitolo è stato introdotto un nuovo sistema di armature per arginare un problema di bilanciamento che affliggeva il capitolo precedente: lo strapotere degli attacchi basati sul “Crowd Control” (sono incantesimi o abilità che infliggono malus particolari, quali sonno, pazzia, terrore, bruciatura, gelo, stordimento, lentezza, ecc). Ci sono state varie polemiche da parte dei fan del primo capitolo e molti preferivano la componente randomica (il classico lancio dei dadi) usata in precedenza. Non voglio aprire mille parentesi sulla questione e ne faccio un discorso molto semplice: annullare totalmente l’intelligenza artificiale nel primo DOS (compresa la Enhanced Edition) era veramente facile e andava in contraddizione con la vena “emergente” di questo secondo capitolo. Proprio per questo motivo sono state aggiunte tre barre per ogni personaggio: salute, armatura fisica e armatura magica. Per abbassare i punti salute bisogna prima distruggere una delle due armature, che assumono la funzione di difesa contro i malus che possiamo infliggere ai bersagli.

Un simile sistema può piacere o meno, ma è innegabile che punti a premiare prima di tutto la creatività. E allora, dico io: siate creativi!
Portatevi dietro un barile di deathfog o veleno e divertitevi con dozzine di approcci diversi, usate il cervello, osservate l’ambiente, sfruttate le posizioni di vantaggio e non pensate che sia un limite il non poter lanciare tutti i malus al primo turno. Ci sono comunque alcuni elementi randomici per mantenere un minimo di imprevedibilità, quindi simili polemiche ho come l’impressione che servano solo a distrarre dalla genialità di fondo: Larian punta al gameplay emergente, non al darvi la possibilità dire in giro che Sun Tzu vi fa una pippa.

La gestione dell’equipaggiamento è ancora schiava dell’influenza di Diablo. Purtroppo.

Il cordone ombelicale

Ora vi starete chiedendo: ma quindi non ha difetti? Sì, ci sono i difetti in DOS2. Quanto vanno ad intaccare la sua maestosità? Se guardiamo alla luna, quasi zero; se guardiamo solo al dito, dipende da quanto peso gli date. Ci sono gli immancabili bug, ne ho beccati pochi per fortuna, ma in giro se ne leggono di tutti i colori. L’interfaccia soffre del classico problema dell’abbondanza di oggetti da spostare e gestire, cosa che alla lunga può infastidire. Il diario è molto ambiguo. A volte sembra incompleto e alcune voci non si aggiornano, creando quel senso di “che minchia devo fare adesso?” molto poco apprezzato dagli amanti delle freccione e del GPS. Capire se si tratti di un difetto o di precise scelte di design non è impresa facile. Larian ha sempre evitato la formula che ci prende per la manina. Se temete di incappare in un fastidioso imbuto senza via di uscita io vi posso tranquillizzare: per come è impostato DOS2 potete addirittura uccidere quasi tutti gli NPC presenti (compresi quelli che vi assegneranno le quest) e comunque riuscire a finire il gioco. Come vedete, anche in questo premia la creatività.

C’è solo un singolo aspetto che secondo me merita una riflessione più severa: la gestione dell’equipaggiamento. Nel primo DOS l’effetto novità aveva oscurato il problema. Ora è tempo di parlarne. Sposare il sistema randomico di Diablo 2 va benissimo se il contesto prevede respawn di nemici e oggetti nei contenitori che si rigenerano con frequenza costante. Non posso dire lo stesso in un contesto “chiuso” come DOS2, proprio perché non esiste alcun tipo di respawn di nemici o tesori. Inoltre quando mi fai trovare una spada di fuoco nel cestello dei panni sporchi di una vecchietta che vive nel villaggio di Driftwood, onestamente mi sento un po’ preso in giro. Il problema è la perdita di quel fascino tipico degli oggetti unici piazzati “a mano”, della storia che li caratterizza, della fatica richiesta per trovarli, cosa che era magnifica in un Baldur’s Gate 2, per esempio. Quanti di vuoi si ricordano ancora oggi la mitica Carsomyr? E ci sarà un motivo, o no? Così come c’è un motivo se fatico a ricordare il nome anche solo di una singola spada unica in DOS2. Aggiungiamoci poi la brutta sensazione che si prova quando la tua mitica “Armatura del Drago Nascente” diventa spazzatura appena sali dal livello 15 al 16, arrivando al paradosso che anche un oggetto normale può avere statistiche di difesa migliori. Non va bene.

Tagliamolo questo vecchio cordone ombelicale che vi lega a Diablo

È giunta l’ora di mettere in discussione un sistema basato su meccaniche che stonano parecchio in una formula che fa tantissime altre cose in maniera magnifica e moderna. Quindi, Larian: tagliamolo questo vecchio cordone ombelicale che vi lega a Diablo. E magari ogni tanto piazzate pure una bella Carsomyr e valorizzatela in quanto “unica”, senza farla diventare spazzatura nel giro di un paio di level up. Ce ne ricorderemo anche dopo 15 anni. Credetemi.

Tirando le somme, per me è di nuovo una promozione quasi a pieni voti. Hanno creato qualcosa di unico nel panorama dei GDR occidentali e continuano a migliorarla. Non solo vanno premiati, ma anche incoraggiati ad osare ancora di più. Sono tra i pochi che ancora ci credono. Se volete contribuire a creare un mondo migliore, potete trovare Divinity: Original Sin 2 su Steam o GoG a circa 45 euro.

Ho portato giustizia e pace nelle bizzarre terre di Rivellon sfruttando una copia digitale su Steam frutto del co-finanziamento durante la campagna Kickstarter.

9,5

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Carmelo Baldino
The Shelter

Web e Graphic designer per hobby. Troll di professione. Da quando gli è apparso in sogno il suo unico Dio (Chris Avellone) pensa di essere il suo araldo.