Dropsy regala stramberia e tenerezza

Giuseppe Colaneri
The Shelter
Published in
5 min readSep 24, 2015

Dropsy è un clown ciccione, flaccido e un po’ inquietante. Glabro, gargantuesco e dal sorriso sghembo, sembra un inquietante incrocio tra un marshmallow e il pagliaccio di un parco degli orrori. Il tragico incendio che ha colpito il suo circo e la conseguente identificazione del clown da parte della comunità con la sciagura di certo non giovano ai rapporti personali del giovane Dropsy. Che, padre vedovo a parte, sembra aver più successo tra gli animali che tra le persone. Dropsy non ha più un lavoro, sa fare solo il clown. Ma ha un cuore grande tanto quanto il suo pancione. Decide quindi di andare in giro e aiutare qualsiasi persona che incontra. Semplicemente per fare del bene, solamente per poi ricevere un confortante e amorevole abbraccio. In fondo, Dropsy vuole solo un po’ d’amore, quello puro e disinteressato. Inizia così l’avventura tutta da puntare e cliccare del ballonzolante pagliaccio, dallo stampo classico e innovativo al tempo stesso.

Se avete già giocato alle care vecchie avventure grafiche della vecchia scuola, quelle alla Monkey Island insomma, sapete già che attendervi. Si va a zonzo, si incontrano tipi, si risolvono piccoli compiti utilizzando oggetti raccolti in giro, si sfruttano le abilità uniche dei compagni che si aggiungeranno nel corso dell’avventura per risolvere enigmi ambientali o raggiungere elementi preclusi al pagliaccio. Nulla di più semplice. Eppure Dropsy, titolo edito da Devolver Digital e sviluppato da A Jolly Corpse, è anche un po’ straniante, oltre che indubbiamente familiare.

La casa di Dropsy è un tendone da circo in disuso

Anzitutto, perché nel mondo di gioco non esistono dialoghi o righe di testo convenzionali: Dropsy comprende ciò che avviene intorno a lui tramite “icone” che si combinano tra loro e quelle poche scritte visibili sono praticamente intelligibili. Un balloon con un uomo coperto dalla pioggia indica la tristezza della persona in questione, delle gambe in movimento stanno ad esplicitare la necessità di camminare verso una destinazione e un segno di divieto vuol dire che no, quella cosa proprio non si fa. Il sistema, sulla carta forse complesso da spiegare, è in realtà di immediata comprensione, tanto che non si sente mai la mancanza di un sistema di dialogo più tradizionale. Basta un pizzico di dedizione e spirito di osservazione per intuire, insomma, i problemi dei nostri interlocutori.

Inoltre, Dropsy è un titolo del 2015 e come tale non può sottrarsi alla moda del momento. Ebbene sì, ha elementi da open world. O meglio, la cittadina è sì estesa ma neanche tanto, ma alla storia principale si affiancano una miriade di “side quest”, qui presenti in forma di decine di persone cui alleviare le sofferenze o semplicemente entrare in simpatia; e non manca poi in questa “città aperta” un ciclo giorno / notte che modifica il comportamento e l’ubicazione dei vari personaggi. In più, come di consueto nei titoli di casa Devolver, aspettatevi un’abbondante dose di stranezze e follie, tra viaggi onirici inquietanti, situazioni decisamente sopra le righe e alcune citazioni che vanno ben oltre il limite dello sberleffo. Vero, signor Kent?

Una strana alchimia che, unendo elementi decisamente grotteschi, riesce ad ammaliare

A metà tra classicismo e novità, Dropsy porta con sé pregi e difetti classici del genere d’appartenenza. Tra i secondi, vanno assolutamente menzionati alcuni enigmi di difficile soluzione — nulla che raggiunga l’astrattezza di alcune avventure vecchia scuola, tranquilli — e un backtracking a volte molesto, specie quando le missioni obbligano ad andare da un lato all’altro della cittadina. C’è da dire che, sul finire dell’avventura, si sblocca un comodo sistema di fast travel attenua di molto il problema, consentendo così un ritmo di gioco più agile e accelerato.

“Usa la canna da pesca su laghetto” per pescare, come da tradizione

Eppure, giocando a Dropsy non cedete alla tentazione di arrivare subito ai titoli di coda. Sarebbe davvero un peccato. Perché la cosa più strabiliante del gioco, al netto dei difetti prima elencati, è l’incredibile capacità con cui riesce a rendere vivo, pulsante e credibile un mondo popolato per buona metà da personaggi assurdi e sopra le righe. Sarà merito della splendide veste grafica, una morbidissima pixel art ricca di dettagli e animazioni al bacio, o dell’altrettanto bella colonna sonora, che riesce a sottolineare i momenti più importanti del gioco e ad accompagnare le scampagnate di Dropsy. O forse sarà merito di una strana alchimia che, unendo elementi decisamente grotteschi, riesce ad ammaliare e a stringerti a sé come un forte e tenero abbraccio del panciuto clown.

È qualcosa di strano da spiegare, ma credetemi. Giocando a Dropsy vi sembrerà, proprio come al protagonista del gioco, che le parole sono superflue per comprendere e raggiungere l’animo altrui, che anche l’elemento più assurdo è perfettamente comprensibile e coerente, che è possibile essere irrimediabilmente buoni anche dove cattiveria e la diffidenza non mancano. Amerete girare ogni angolo del paesino, vi intestardirete nel rendere a tutti i costi contenti quell’uomo all’angolo, anche a costo di perdere interi minuti girando in cerca di un’epifania che verrà solo molto dopo. E un po’ vi dispiacerà, arrivati ai titoli di coda, non aver consolato e abbracciato quel particolare abitante, anche se ovviamente il gioco non obbliga assolutamente al completismo spinto.

Dropsy conserva gli oggetti raccolti nel suo pantalone. Sì.

Assurdo e pure credibilissimo, nuovo ma anche vecchio: Dropsy è una medaglia dalla doppia faccia così come il clown da cui trae il nome, inquietante ma dolcissimo al tempo stesso. Un titolo da vivere, più che da spiegare, che mi ha tenuto incollato allo schermo come solo le gloriose avventure del passato hanno saputo fare. Un titolo che vive dei suoi limiti, ma che riesce a tramutarli in punti di forza quando semplicemente non li annulla nel mare di “vitalità” della cittadina del gioco.
Insomma, fatevi abbracciare da Dropsy e seguitelo nella sua strana avventura. Vale la pena almeno provarci.

Ho giocato a Dropsy grazie a un codice Steam offertomi gentilmente dallo sviluppatore, che ringrazio con un bell’abbraccio. Trovate il gioco sia su GOG che sul citato store di Gabe Newell, al prezzo di 11,09 dollari per il primo e 9,99 euro per il secondo.

8,5

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Giuseppe Colaneri
The Shelter

Mi annoio. Quindi vomito idee e parole per annoiare anche voi.