Free to Play ci insegna che anche i russi hanno un’anima

Marco Tassani
The Shelter
Published in
6 min readMar 24, 2014

La settimana scorsa è apparso, così, senza averlo mai sentito prima, un certo “Free to Play” nella pagina principale di Steam. Dopo aver immaginato il solito gioco clone di altri giochi clone ho scoperto, con non poca sorpresa, che si trattava di un film-documentario prodotto dalla stessa Valve. Momenti di panico. Di cosa avrebbe parlato? Dei giochi gratuiti in generale oppure solo di DotA 2, magari tentando di avvicinare al genere un maggior numero di giocatori? Senza leggere nessuna descrizione (perché sono un uomo duro e adoro il rischio, quello vero), ho messo il tutto in download pronto per spararmi circa un’oretta e mezzo di… qualcosa. Ebbene, diciamolo subito, sono rimasto piacevolmente colpito. Gabe continua la sua scalata verso l’Olimpo delle divinità.

Se può farlo Jonathan Blow non vedo perché non possa farlo Fear.

In barba a tutti Free to Play non ci parla di videogiochi, bensì di giocatori (o gamers, che ora va di moda atteggiarsi. Anzi, mettiamoci anche la z finale. Gamerz). Precisamente il lungometraggio girerà attorno a tre personalità di spicco dell’universo Dotaro (oggi ho deciso che voglio inventare parole): Dendi, Fear e Hyhy. Questi, ovviamente, sono i nickname con cui sono diventati famosi tali soggetti, non i loro nomi reali. Per Hyhy però ho dovuto controllare, che con gli orientali non si sa mai. Proprio come il nostro (?) programma culturale (più “cul” che “turale”) Ginnaste, in onda su MTV, entreremo nella vita dei tre cyber-atleti ed impareremo a conoscere sia la loro storia sia i sacrifici che loro, e la loro famiglia, stanno compiendo per fare strada nel duro mondo del gaming agonistico.

Sarò sincero, dei tre “protagonisti” conoscevo soltanto Dendi (membro dei Na’Vi, una delle squadre più forti a livello mondiale) che da bravo ucraino è cresciuto imparando la danza classica e a suonare il piano. Visto che una tastiera vale l’altra, si è poi ritrovato a picchiare i tasti del PC a velocità disumana diventando quello che è oggi. Tra l’altro è anche uno dei “troll” migliori di tutta la comunità. Entreremo poi di cattiveria nella vita di Fear, al secolo Clinton Loomis, probabilmente l’unico americano che ha deciso di dedicare la sua vita alla via oscura, e di Hyhy, simpaticone di Singapore talmente carico di sfighe da far sembrare un programma di Maria de Filippi uno spettacolo comico (oddio, non che poi ciò sia così lontano dalla realtà).

Dendi che capisce che se non vince il milione di dollari dovrà trovarsi un lavoro.

Le storie dei nostri eroi si intrecceranno al torneo più importante di DotA 2: The International, dove un manipolo di squadre se le daranno di santa ragione cercando di portare a casa la coppa con ben un milione di dollari (!) di montepremi. Tutti hanno qualcosa in comune: dedicano gran parte delle loro giornate ad un giochino per computer (non fate quelle facce, lo facciamo anche noi e non ci portiamo a casa nemmeno un euro) arrivando persino a sacrificare gli studi e il lavoro. Troveremo la costante “madri disperate” in ognuno di loro, dove si aggiungerà anche, nel caso di Hyhy, l’immancabile padre orientale disonorato dalla poca voglia di studiare del figlio. La cosa più inquietante di tutta la faccenda è il continuo ripetersi di frasi come “O vinco questo torneo, o mi toccherà trovare un lavoro vero“. Certo, chi di noi non sogna di campare di rendita facendo quello che più amiamo? Ora, come al solito, è facile additare come “povero sfigato disgraziato” uno che passa le giornate seduto davanti al PC perché “si deve allenare“, ma a conti fatti potremmo fare un paragone perfetto, almeno qui in Italia, con il calcio. Tantissimi giocano a livelli più o meno amatoriali, e molti sognano di poter diventare famosi tirando dei calci ad una sfera bianca e nera, ma solo in pochi, anzi pochissimi, riescono nell’intento. Poi che sia più sano correre su un prato che stare appollaiati davanti ad uno schermo non c’è ombra di dubbio, ma è il concetto che conta.

Come detto in precedenza, Free to Play parla di tre ragazzi e dei loro sogni, che poi il loro hobby/lavoro sia picchiarsi su un’arena online è solo marginale. La vera forza di questo film, difatti, è che è tranquillamente godibile da tutti, anche (e soprattutto) da coloro che non hanno mai visto un MOBA in vita loro (uomini fortunati, sul serio). Sarà difficile non appassionarsi alle storie di questi ragazzi, per poi soffrire quando, sul campo di battaglia, dovranno trovarsi l’uno contro l’altro. Tutti meriterebbero di coronare il proprio sogno e portarsi a casa il gruzzoletto (sticazzi, gruzzolone), dimostrando che è giusto lottare per le proprie passioni, ma solo uno ci riuscirà, costringendo gli altri a fare una vita relativamente “normale”. Forse è questo quello che ci spaventa di più: rischiare di passare i propri giorni nell’anonimato, senza guadagnarsi il famoso quarto d’ora di celebrità e, almeno in questo caso, fallire all’unico evento capace di farci emergere dalla massa.

Hyhy che disonora la famiglia.

Faremo la conoscenza anche delle temibili squadre cinesi, tra cui i campioni EHOME. Scopriremo, difatti, che in oriente l’e-sport ormai è una realtà già consolidata da molti anni in cui i campioni di Starcraft sono più famosi e importanti della nazionale di calcio cinese (anche perché a calcio sono pippe… quindi… NdDavide). Nel loro caso vincere non sarà un modo per coronare i propri sogni, ma un dovere verso il proprio paese e i propri ammiratori. O si arriva primi, o si getta il premio nell’immondizia. Poi non ci è dato sapere se dovranno fare anche seppuku.

Insomma, un po’ Grande Fratello, un po’ Amici di Maria, Free to Play è sicuramente un titolo che ci farà passare un’oretta e mezza facendoci conoscere diversi punti di vista sull’e-sport, a cui sicuramente, almeno in Italia, non siamo ancora abituati. Fottesega se si tratta di calcio, cinema, giornali, curling o DotA, ciò che importa è la fatica e l’impegno che ci si mette per spiccare in un mondo che non permette sbagli (e dove, ricordiamo, c’è sempre un asiatico migliore di te). Certo, magari sorridiamo nel vedere la madre che bacchetta il figlio che passa troppe ore al computer e magari si vergogna a parlarne con le amiche, almeno fino a quando quel figlio scapestrato non torna a casa annunciando “Mamma, al torneo ho vinto duecentomila euro, sorridi ai giornalisti“. Oh, e poi, come ho scritto nel titolo, ho scoperto che anche i russi hanno un’anima.

Fear è americano, quindi beve birra in giardino su una sedia a dondolo.

Dedico questo articolo a Hyhy, che non conoscevo prima della visione del film ma che si è fin da subito meritato il mio brofist virtuale per la quantità di sfiga e friendzonate accumulate in questi anni. Ciao Hyhy.

Se non volete scaricarvi giga su giga di roba e volete vedervi Free to Play quando vi pare, ecco qui il film completo su YouTube, con tanto di sottotitoli in italiano. Grazie Valve!

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Marco Tassani
The Shelter

Scrive cose su The Games Machine, videogiocatore vecchio dentro e, inspiegabilmente, medico.