Gli anni di piombo raccontati da Wheels of Aurelia

Aurelio Maglione
The Shelter
Published in
6 min readOct 12, 2016

In quinta ginnasio ero uno stereotipo ambulante. Dopo aver frequentato un paio di volte il centro sociale della mia città avevo iniziato a professarmi comunista, premurandomi di ostentare segni inequivocabili della mia fede: indossavo la kefiah anche con quaranta gradi all’ombra, vestivo abiti due taglie più grandi rispetto la mia e, cosa più importante, citavo a sproposito i testi di Guccini e De André. Avevo sviluppato un interesse bulimico per la storia della sinistra italiana e della Prima Repubblica che papà, divertito da questa mia ribellione adolescenziale, era felice di soddisfare. Quando gli chiedevo degli anni di piombo mi rivolgeva un sorriso triste, quasi imbarazzato. I suoi racconti iniziavano sempre con le stesse parole: “Avevamo paura, molta paura”.

Nel 1978 papà, dopo aver conseguito il diploma di maturità, si iscrisse alla facoltà di chimica presso la Federico II. Era il classico bravo ragazzo di periferia, cresciuto con un forte senso della famiglia e con la convinzione che, impegnandosi, nessun risultato gli sarebbe stato precluso. Lella, dal canto suo, ha un paio d’anni in più e una storia ben diversa.

Wheels of Aurelia è completamente localizzato sia in italiano che in inglese.

Facciamo la sua conoscenza mentre si sta dirigendo al Piper, la celebre discoteca dove si consumano gli eccessi della Roma bene. Il sistema di guida essenziale ci consente di concentrarci sui nostri pensieri, o meglio, su quelli di Lella. Tramite la rotellina del mouse possiamo scegliere una fra le diverse opzioni che ci vengono proposte per dare il “la” a un flusso di coscienza, che si tratti della sua dipendenza da nicotina o delle aspettative per la serata. Riflessioni frivole, per tenere la mente occupata durante i pochi chilometri che ci separano dal locale. Arriviamo a destinazione. Partono i titoli di coda. Stacco.

Ci ritroviamo nuovamente a bordo dell’auto di Lella, stavolta in compagnia di una avvenente sconosciuta. Il primo impatto è straniante: proviamo a intavolare una conversazione con la nostra compagna di viaggio, pur non avendo la più pallida idea di chi sia. In fin dei conti, sappiamo ben poco anche del nostro alter ego, al di là della sua passione per il tabagismo. Le domande iniziano ad affastellarsi in rapida successione: chi sono le due ragazze? Dove ci troviamo? Soprattutto, dove stiamo andando?

Been there, done that.

Inizialmente la scelta delle linee di dialogo, più che riflettere la nostra morale o la volontà di interpretare un personaggio ben preciso, è dettata dalla mera curiosità di rispondere a questi interrogativi. Facendo chiacchierare le due amiche del più e del meno apprendiamo che si sono conosciute la sera precedente, alla festa verso cui eravamo diretti. Lella, al secolo Maria Grazia, è nata e cresciuta nei Parioli. Viene facile immaginarla come una ricca figlia di papà, tutta Piper e chiesa. Al contrario, la nostra protagonista prova un profondo disprezzo per la sua famiglia borghese. Si dichiara comunista, legge Pasolini ed è fiera di essere femminista, perché ritiene sia l’unica scelta sensata nello Stato del Papa.

Chi sono le due ragazze? Dove ci troviamo? Dove stiamo andando?

Lella è in fuga verso la Francia, e noi con lei. Anche Olga fugge, ma non sappiamo da cosa. Figlia di operai dichiaratamente schierati a sinistra, ci ha fatto immediatamente simpatia e tanto è bastato per decidere di darle un passaggio. Come è facile intuire, stiamo percorrendo l’Aurelia, l’antica via consolare che da Roma ci porterà direttamente a Nizza. Avremmo potuto prendere l’autostrada, ma guidare sempre dritto è per le persone noiose e annoiate. Noi siamo come gli eroi, siamo giovani e belli.

Passata una ventina di minuti, vedendo scorrere nuovamente i titoli di coda, ci sentiremo più confusi rispetto quando eravamo partiti. Fortunatamente, il gioco ci informa che abbiamo raggiunto soltanto uno dei sedici finali previsti. Possiamo rimetterci al volante.

La deliziosa veste grafica in low-poly conferisce ulteriore carattere al gioco.

Spesso e volentieri, i bivi narrativi proposti da Wheels of Aurelia coincidono con vere e proprie biforcazioni presenti lungo il nostro percorso: per raggiungere la Francia meglio proseguire per Civitavecchia o svoltare in direzione di Bracciano? Siena o Piombino? In altri casi, il raggiungimento di un certo finale sarà influenzato dall'incontro con un NPC (in linea di massima, autostoppisti che potremo decidere se aiutare o meno). Più semplicemente, può dipendere da quello che diremo discorrendo con Olga. Questa struttura tipica delle visual novel giapponesi, per quanto efficace, presta il fianco ad alcune critiche. In primo luogo, noteremo che determinati discorsi verranno ripetuti di playtrough in playtrough, finendo per venire a noia dopo la terza volta che li avremo ascoltati senza variazioni degne di nota. Inoltre, una volta esplorate le opzioni più ovvie, non sarà facile individuare gli argomenti su cui fare leva per raggiungere un finale diverso da quelli già visti. Un’operazione tediosa, vista la frustrazione in cui si rischia di incappare quando, fallendo un tentativo, ci si ritrova ad assistere a una storia già vissuta.

Tuttavia, Wheels of Aurelia è scritto così bene che questi difetti minano solo in parte un’esperienza che non esito a definire memorabile. Il viaggio di Lella alla ricerca di se stessa diventa ben presto l’epopea corale di un’Italia alla disperata ricerca della normalità in un periodo tumultuoso. Un’Italia che convive con il terrore, dove gli attentati, ormai all’ordine del giorno, sono visti come un accadimento tanto spaventoso quanto inevitabile. Un’Italia separate dalle lotte fratricide fra rossi e neri, ma ancor di più da quelli fra bianconeri e rossoneri. Perché quando l’orrore è quotidianità, il rapimento di Aldo Moro diventa un argomento di discussione come il calcio, il festival di Sanremo (ma l’hai vista Anna Oxa che si è presentata all’Ariston vestita da uomo? Ed è pure arrivata seconda, oh!) o l’aborto.

Tramite le vicende delle “genti meccaniche e di piccolo affare” che incontreremo lungo la strada, i ragazzi di We Are Müesli sono riusciti a tratteggiare uno spaccato degli anni di piombo tanto affascinante quanto preciso dal punto di vista spiccatamente documentaristico. Personalmente, mi piace descrivere Wheels of Aurelia come il “Lo chiamavano Jeeg Robot” dei videgiochi. Chi ha avuto il piacere di vederla sa che la pellicola di Mainetti fa dell’italianità il suo punto di forza, riuscendo ad ambientare a Roma una storia di supereroi credibile e, al contempo, a raccontare le miserie dei suoi quartieri popolari.

Allo stesso modo, Wheels affronta il topos del viaggio on the road alla moda de noantri, accendendo i riflettori internazionali su accadimenti squisitamente nostrani. Il risultato finale è così godibile da farmi chiudere un occhio (anzi, un orecchio) sull'assenza del doppiaggio, che avrebbe reso certamente meno gravosa la necessità di guidare e, nel mentre, prestare attenzione ai dialoghi. Una mancanza che mi sento di perdonare anche alla luce della colonna sonora trasmessa dalla radio del nostro bolide, un autentico atto d’amore verso il rock anni ’70. Un capolavoro nel capolavoro che da solo vale il prezzo del biglietto.

Durante le diverse tappe del viaggio incontreremo degli NPC decisamente… precipui.

Ho provato Wheels of Aurelia grazie a un codice gentilmente concesso dagli sviluppatori, gli italianissimi Santa Ragione, già noti per i mai abbastanza lodati Fotonica e MirrorMoon EP. Come ho già avuto modo di sottolineare, la storia e i dialoghi sono stati curati da Claudia Molinari e Matteo Pozzi di We Are Müesli, autori dell’ottimo Venti Mesi. Il gioco è disponibile per PC e PS4 esclusivamente in formato digitale al prezzo di 9,99€. Sul sito ufficiale potete consultare una lista esaustiva degli store dove è disponibile per l’acquisto.

8,5

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