GRIS: d’amore, di morte e di altri se stessi

Federico Bortot
The Shelter
Published in
7 min readDec 30, 2018

Iniziamo subito con una premessa: questa recensione sarà probabilmente la più personale, parziale, arbitraria, soggettiva e di parte che potrete mai leggere su GRIS. Il 2018 è infatti stato, per me, uno degli anni più devastanti della mia vita fino ad oggi. Questo Natale l’ho vissuto ricordando tutto ciò che avevo perso e tutto ciò che non avevo più. GRIS è capitato in un momento molto particolare e probabilmente irripetibile (e me lo auguro) della mia vita, e per questo motivo è stato per me rivelatorio e catartico.

Ma cos’è GRIS? È difficile incasellarlo in una delle categorie più comuni, ed è quasi riduttivo definirlo un videogioco. GRIS è un’esperienza sinestetica che affronta il tema del lutto. Nato dalla direzione del pittore spagnolo Conrad Roset, sviluppato da Nomada Studios e accompagnato dalle musiche dei Berlinist, GRIS fonde insieme diversi linguaggi e canali comunicativi per costruire una narrazione forte, coerente e puramente emotiva. GRIS è un titolo spiccatamente personale, incentrato su un tema particolare come la morte e spesso oggetto di tabù. Il risultato finale, però, riesce a combinare estetica, direzione artistica, suoni ambientali, arrangiamenti, meccaniche di gioco, level design e atmosfera, creando una narrazione universale, senza parlare di una situazione particolare, e rivolgendosi così a tutti.

GRIS è più di un videogioco, e sfrutta perfettamente il linguaggio visivo e il simbolismo per costruire una narrazione puramente emotiva

Per evitare spoiler, farò una cosa atipica: metterò le conclusioni e il voto della recensione subito qui, così da poter procedere nell’analisi del titolo a cuor leggero, riservandomi il diritto di “spoilerare” l’opera di Nomada Studio. E così da togliermi di mezzo un metro di valutazione totalmente inadatto a quest’opera.

Perché GRIS è più di un videogioco, e sfrutta perfettamente il linguaggio visivo e il simbolismo per costruire una narrazione puramente emotiva. La caduta iniziale a cui fa seguito una costante risalita verso il firmamento. La progressiva raccolta dei colori, ciascuno legato a una particolare fase del lutto. Le meccaniche di gioco e il level design che si intrecciano agli altri elementi per rappresentare le emozioni caratteristiche di ciascuna fase. La colonna sonora e i suoni ambientali che contribuiscono a costruire un mondo onirico, ma tangibile.

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Potete farvi accompagnare nella lettura da questo brano.

GRIS, come anticipato, affronta il tema del lutto, e lo fa sfruttando elementi di per sé semplici e banali, ma arrangiandoli e punteggiandoli in maniera sempre significativa. GRIS è un titolo per cui non si può parlare a compartimenti stagni di “gameplay”, “grafica”, “sonoro”, perché ciascun componente preso a sé risulta insipido e già visto, ma l’amalgama dei vari ingredienti produce un risultato che è più della somma delle singole parti.

Sensazioni, storie, emozioni

È però possibile decostruire la struttura di GRIS fino a riconoscerne gli elementi principali, per focalizzarli e metterne a fuoco la funzione nel quadro generale. Come già detto, GRIS “racconta” l’elaborazione di un lutto da parte di una ragazza dai capelli azzurri, e affronta le cinque fasi del lutto così come ipotizzate da Elizabeth Kubler Ross: shock/rifiuto, rabbia, negoziazione, depressione e accettazione/speranza. Ciascuna fase è rappresentata tramite combinazione diverse dei vari elementi visivi, sonori e di gameplay.

Shock/Rifiuto

La scena d’apertura è esemplare: una scena coloratissima in cui ci accoglie la voce cristallina della protagonista, quando all’improvviso il mondo intorno a lei comincia a crollare, lei si sente soffocare e non riesce a emettere alcun suono. Da qui la ragazza precipita verso il basso accompagnata dai titoli di testa, dando inizio al gioco. La prima è la fase di negazione, dove non solo vengono negati i colori e i suoni (vi sono solo tinte grige su cui spicca il caschetto blu della ragazza, e non è presente nessun accompagnamento sonoro), ma anche le meccaniche di gioco: premendo i pulsanti adibiti al salto (A, sul controller) e al canto (B) la ragazza si affloscerà disperata a terra per qualche secondo, permettendoci quindi di muoverci solo avanti e indietro. Ci troveremo ad esplorare un paesaggio desolato e devastato, pieno di edifici crollati, incrinati e provato dal tempo.

Rabbia

La fase successiva avrà inizio una volta rinvenuto il primo colore: il rosso. Il mondo si tingerà di questa sfumatura, e si aprirà davanti a noi un deserto. In questa fase scopriremo anche il primo potere speciale, oltre al salto: la possibilità di tramutare il nostro vestito leggiadro in un cubo lento e pesante. Questa nuova forma ci permetterà di affrontare le terribili tempeste di sabbia che periodicamente si abbatteranno su di noi per farci ruzzolare indietro. In questa fase la musica si fa più concitata, segnalando con un crescendo l’inizio di queste raffiche potenti. Raffiche improvvise, come scatti d’ira, pensieri rabbiosi e rancorosi che ci prendono senza preavviso. Il ritmo di gioco alterna momenti di avanzamento spedito, ad altri in cui siamo rallentati o costretti all’immobilità.

Negoziazione

Una volta superata la rabbia, si raccoglie il colore verde, e vediamo il mondo ripopolarsi di alberi, liane e altri esserini: ritorna la vita. In questa fase il ritmo dell’esplorazione è ancora dettato dall’ambiente, e si comincia a fare un uso più intenso dei salti. Le nostre azioni richiedono però tempismo e pianificazione, così da arrampicarci sugli alberi mutaforma all’interno di una rigogliosa foresta. Si interagisce anche con altri piccoli esseri viventi. Si salta, si corre e si sfrutta il potere del cubo per aprirci nuovi varchi, nuove strade, si comincia a risalire. È anche in questa fase che si affronta il lutto, rappresentato da un uccello nero che ci ostacolerà creando folate di vento. E proprio questa meccanica verrà ribaltata: se prima erano un ostacolo al nostro avanzamento, adesso le raffiche saranno indispensabili per superare crepacci altrimenti insormontabili, e per interagire con altri elementi dello scenario. Anche l’accompagnamento musicale e i suoni ambientali suggeriscono più leggerezza e delicatezza.

Depressione

Ma sappiamo benissimo che arriva sempre la rinuncia, e il colore blu ci annuncia la depressione: il mondo viene sommerso dalle piogge, e noi acquistiamo il potere di navigare liberamente in queste acque, esplorando laghi e cascate. E a sua volta anche l’uccello nero si adatta per meglio darci la caccia, assumendo la forma di un’anguilla alle nostre calcagna. I suoni che ci accompagnano si tingono di malinconia e i livelli si aprono maggiormente all’esplorazione, aumentando i percorsi disponibili e guidandoci meno nella prosecuzione.

Accettazione/Speranza

Infine, una volta ritrovato il colore giallo, GRIS si apre e si mostra nel suo massimo splendore. I livelli si fanno più articolati, il ritmo cresce di intensità, e viene richiesta maggior manualità. Si salta e si vola, si nuota e si corre. Appaiono anche nuovi animali meccanici, come ragni e libellule, con cui interagire direttamente per il proseguimento dell’esplorazione, e si ottiene finalmente il potere del canto. GRIS rinasce, riacquista la propria voce e il proprio potere, e sconfigge finalmente il mostro nero della morte. Questa fase è caratterizzata anche da colori più nitidi e definiti, e da un accompagnamento musicale più articolato e complesso: la perfetta coronazione del percorso di crescita e di superamento.

GRIS, dunque, sfrutta tutte le frecce al suo arco per costruire un’esperienza che coinvolge molteplici sensi contemporaneamente, ed è difficile isolare e apprezzare indipendentemente uno dei singoli elementi, perché tutti insieme concorrono a un obbiettivo molto più grande.

In particolare, ho trovato di grande impatto la metafora della voce: simbolo dell’operosità, che si perde subito dopo un lutto, e che si riacquista poco per volta. Sono rimasto particolarmente colpito da questo dettaglio (e ha accresciuto la mia immedesimazione nella protagonista e il mio coinvolgimento nelle vicende) perché se proprio dovessi descrivere il mio stato d’animo , direi proprio che mi sono sentito soffocare, come se respirassi sabbia invece che ossigeno.

E credo che, un pochino, l’arte di Conrad Roset, la musica dei Berlinist e il lavoro di Nomada Studio mi abbiano dato nuovamente un briciolo di fiato.

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