Il Black Mirror che conoscevamo è morto

Fabio Di Felice
The Shelter
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5 min readJan 3, 2018

Per restare in tema, prendiamo la macchina del tempo. Circa un anno e mezzo fa arrivano su Netflix sei nuovi episodi di Black Mirror. Che meraviglia: la serie inglese più cattiva di sempre, cinica, lucidissima nell'analizzare le storture di una società che si dice civile ma che è ferina e spietata. Purtroppo, in piena tradizione Charlie Brooker, il sogno era destinato a trasformarsi in incubo.

Visti tutti gli episodi della terza stagione, ho scritto questo articolo: “La produzione Netflix ha fatto male a Black Mirror”. Se lo leggete oggi, troverete che i toni erano sì delusi ma ancora positivi. In fin dei conti c’erano altri sei episodi commissionati da Netflix a Brooker e poi la terza stagione non era tutta da buttare: Shut Up and Dance era cattivo come non mai, ti lasciava ferito e sanguinante a cercare di raccogliere le budella che ti aveva estratto dal naso. Però c’era anche quell'episodio che era piaciuto a tutti: San Junipero. Il pubblico era impazzito per San Junipero. “Oh, sì, la serie così così, ma San Junipero…”. Ha vinto una marea di premi, è entrato di prepotenza nella classifica dei più apprezzati episodi della serie, probabilmente è diventato il simbolo del Black Mirror di Netflix, tanto che nella quarta stagione c’è un racconto che ne riprende i toni. Io ero dubbioso, perché quello era l’episodio che più di ogni altro si allontanava dal vecchio Black Mirror e, col senno di poi, ne è probabilmente stato la pietra tombale.

Il secondo episodio della nuova stagione, Arkangel, è diretto da Jodie Foster.

In qualche modo era passato il messaggio che il pubblico vuole il lieto fine, che forse la gente è stanca di vedere distopie in un mondo in cui due presidenti giocano a chi ha la bomba atomica più potente. San Junipero ha tracciato un solco: lo spettatore, evidentemente, aveva bisogno di quella fantascienza là. E di Anni ’80, ma questo è un altro terribile discorso.

Riprendiamo la macchina del tempo e torniamo a oggi. Perché se è vero che i fan di vecchia data si trovarono perplessi davanti alla terza stagione di Black Mirror, è pur vero che la nuova serie targata Netflix allargò il bacino di utenza e i consensi furono molti. Diventò chiaro che la quarta stagione avrebbe giocato sullo stesso campo: episodi più lunghi, nomi coinvolti sempre più importanti (Jodie Foster, John Hillcoat, David Slade), budget più consistenti.

San Junipero è stata la pietra tombale di Black Mirror

E in effetti, arrivati a oggi con la quarta stagione in saccoccia, la produzione americana è stata davvero ingombrante. La suddivisione in generi sempre più marcati è servita a canalizzare il sentimento del pubblico verso una direzione ben precisa: USS Callister è divertente e sembra un blockbuster un po’ retrò, Arkangel è il dramma famigliare, Crocodile il thriller, Hang the DJ la love story e così via. Eliminate le sfumature destabilizzanti che avevano caratterizzato le prime due stagioni, ora il pubblico deve essere imboccato per comprendere perfettamente cosa sta succedendo sullo schermo. Nessuna libertà di farsi una sua idea o del porsi dubbi legittimi che mettano in discussione lui, prima ancora che i personaggi dello show. In questo modo però salta tutto il gioco del vecchio Black Mirror e la creatura di Netflix diventa un’altra cosa.

Diretto da David Slade, Metalhead è l’episodio che ha convinto di meno il pubblico.

Azzerato il contesto politico e sociale, il nuovo Black Mirror (che ormai con 12 episodi contro i soli 7 del vecchio corso rappresenta tristemente la fetta più grande della torta) viene mangiato completamente dal genere dei singoli episodi. Il focus non è più l’indagine sociale ma un intrattenimento un po’ facilotto. Non che sia un male in generale, non fraintendetemi, ma prima si riusciva ad unire il ritmo e l’angoscia a riflessioni un attimo più interessanti: in White Bear ci si domandava se fosse eticamente giusto condannare alla gogna pubblica degli assassini (cosa che facciamo già oggi nei talk show); durante National Anthem venivi colto dal disagio di voler assolutamente vedere il Primo Ministro inglese che aveva un rapporto sessuale con un maiale in diretta TV, e la nostra passione per l’intrattenimento basso ci ha portato negli anni a spettacoli ancora più pietosi come lo youtuber americano che ha filmato un suicida nella foresta giapponese di Aokigahara indossando un cappello ancora più idiota di lui; non c’è più quella delusione tutta personale nello scoprire che, di fronte alla possibilità offerta al protagonista di Fifteen Million Merits, avresti reagito allo stesso modo, perché fai parte di un mondo che ci spinge verso il culto della personalità. È tutto cancellato, perché nei nuovi episodi il confine manicheo tra bene e male è netto e lo spettatore deve sempre essere dalla parte del bene: tifa per le IA intrappolate nella USS Callister, per la ragazza di Arkangel, per le forze dell’ordine in Crocodile e per l’amore in Hang the DJ. E questo si traduce in finali che devono, forzatamente, essere consolatori ma con la spocchia di voler sembrare amari. Come quello di San Junipero, appunto.

Hang the DJ è una love story che nei temi potrebbe ricordare San Junipero.

Che lo si voglia ammettere o meno Black Mirror, quello delle prime due stagioni, è morto e sepolto. Che la colpa sia di una produzione più severa che ha tarpato le ali di Brooker, o che sia banalmente una questione di numeri (6 episodi da scrivere per ogni stagione contro i 3 della produzione inglese) o, perfino, della voce dei registi che hanno cambiato gli script (pare che Jodie Foster sia intervenuta in modo molto pesante sulla sceneggiatura di Arkangel) non ci è dato saperlo. Il risultato però è innegabile. Black Mirror ha cambiato faccia. Non gli interessa più puntare il dito verso il pubblico per dire: “i mostri siamo noi”, preferisce circondarlo con un abbraccio protettivo e dirgli: “i mostri sono gli altri”.

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Fabio Di Felice
The Shelter

Qualche giorno fa ho pensato “dovrei proprio cambiare la bio del profilo” e poi eccoci qua: non avevo idea di cosa scriverci.