Il noir a fumetti di The Detail : The Devil in the Detail

Francesco Riccobono
The Shelter
Published in
4 min readMay 18, 2016

Negli ultimi tempi le avventure grafiche hanno subito una trasformazione in vere e proprie avventure interattive in cui da farla da padrone non sono più gli enigmi, ma i dialoghi e i possibili bivi narrativi. Conosciamo tutti, o almeno dovremmo, i ragazzi di Telltale Games e i loro alti e bassi, ma in pochi sanno che esistono alternative a chi proprio non riesce ad apprezzare il loro stile. Una tra queste è sicuramente la saga di The Detail, finalmente conclusa dopo un paio di anni con il suo terzo episodio, The Devil in the Detail.

Realizzato dagli amici finlandesi di Rival Games, The Detail si fa riconoscere subito per il suo stile grafico: un tocco che ricorda molto quello dei fumetti francofoni, con personaggi spigolosi e una fortissima caratterizzazione delle ombre che ritraggono e delineano gli elementi a schermo, esaltandone l’aspetto e la carica emotiva durante le fasi di gioco più movimentate. Queste non sono molte, ma The Detail ricalca perfettamente gli stilemi dei noir polizieschi in cui si ha la percezione di vivere tra momenti di calma piatta e altri di tensione alle stelle. Un effetto facilmente reso grazie all'utilizzo di luci e ombre (come prima detto), ma anche grazie all’accompagnamento di motivi martellanti e ipnotici che ci faranno vivere spesso con ansia la scoperta di qualcosa o il confronto con qualcuno.

Anche il terzo episodio dura circa un’ora, alternando momenti più lenti ad altri più concitati.

La dura vita del detective

La sensazione di ansia costante è stata motore del primo episodio, decisamente più vivo e adrenalinico del secondo. Ma si sa, se normalmente il primo capitolo di una trilogia serve a lasciare il segno, e il secondo approfondisce i fatti, al terzo viene lasciato il compito di tirare le somme, di concludere tutte le linee narrative e lasciare un senso di completezza. Purtroppo, però, Rival Games fallisce in ciò, cadendo nel peggior errore che potesse commettere in un’avventura grafica interattiva: pilotando esplicitamente la conclusione della storia. Mai come ora avremo la sensazione che quasi ogni risposta o ogni decisione presa non porti assolutamente a nulla se non a quanto deciso dagli sviluppatori. Un caso è la scena “sorella” di quella iniziale del primo capitolo in cui entreremo di nascosto in un’abitazione per esplorarla: un’occasione ghiotta per alzare il livello di tensione, anche grazie a un cambio di prospettiva in prima persona, che però finisce per ridursi in un inutile scelta di approccio che allunga il brodo (a differenza di quella del primo episodio che cambiava nettamente il risultato).

Avremo la sensazione che quasi ogni risposta o ogni decisione presa non porti assolutamente a nulla se non a quanto deciso dagli sviluppatori

Ma non è solo questo: anche i personaggi che controlleremo saranno molto meno soggetti alle nostre scelte, risultando invece molto più delineati e fissati nei caratteri decisi dagli sviluppatori. Non potremo più gestirne la gioia, la rabbia o la professionalità dalle risposte, se non in casi assolutamente non rilevanti dai quali otterremo sempre una sistematica sequenza di botta e risposta scriptata che produrrà l’esito previsto. Il che non sarebbe un male se ci trovassimo in una vecchia avventura grafica, me nel momento in cui l’intera indagine, le relazioni con i personaggi e soprattutto la vita e la morte di questi dovrebbe dipendere dalle nostre scelte, l’assenza di poter influenzare concretamente l’andamento del gioco si trasforma in un semplice fallimento delle premesse di base.

Pur non apprezzando tantissimo il tratto dei disegni, le animazioni a fumetto sono ben realizzate, con un’ottima sensazione di dinamicità.

L’amaro in bocca

Per di più, non è solo il nostro nostro potere decisionale ad aver subito un ridimensionamento, ma anche i personaggi e la maniera in cui i nodi verranno al pettine. Fino ad ora, l’arco narrativo ci aveva posto nei panni di quattro diversi personaggi, collegati tra di loro, ognuno dei quali viveva una propria vita al di là degli eventi narrati. Questi finivano inevitabilmente per mescolarsi e noi eravamo gli unici a decidere come. Con The Devil in the Detail, invece, non solo ne guideremo attivamente solo due (relegando i rimanenti a fare fa comparsa nonostante il loro ENORME coinvolgimento), ma i restanti saranno vittime di un vortice di eventi per i quali noi non avremo alcun potere, se non nel momento finale con un gesto forzato ed estremo — oltre che immotivato vista l’assenza di credibilità. Come se non bastasse, la tabula rasa viene fatta anche sul lato criminale, così, senza un reale motivo e in maniera del tutto illogica visto i risultati ottenuti dagli antagonisti che vengono delineati ancora una volta in maniera fin troppo netta.

Insomma, se le premesse di The Detail espresse nel primo episodio fossero state rispettate accuratamente, oggi ci ritroveremmo una “season one” breve, ma di tutto rispetto. Al contrario, non solo è stata persa la sensazione generale di controllo, ma anche il concetto di analisi del giocatore per poter capire e risolvere il caso si è persa per strada, lasciandoci solo una semplice avventura grafica a tema noir-poliziesco che si conclude malamente e con un senso di vuoto generale. Mi dispiace molto essere così duro, ma ci aspettavamo ben altro da questo progetto indipendente: in questo stato, faccio fatica a consigliarlo perfino ai fan del genere, visto l’amaro che vi rimarrà in bocca. Nel naso vogliate provarlo, però, lo trovate su Steam in inglese a poco più di 15 euro (o 6 euro a episodio).

Ho indossato il distintivo e combattuto la mafia russa, cinese e ispanica grazie a un codice gentilmente fornito dagli sviluppatori.

6

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Francesco Riccobono
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Translator and Language Project Lead, gamer and entertainment lover, editor-in-chief of https://theshelter.online/