La corsa contro il tempo di Element: Space

Francesco Riccobono
The Shelter
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7 min readMar 13, 2019

Le recensioni travagliate non sono mai piacevoli, si ha sempre l’impressione che qualcosa non sia al suo posto, che ci si dimentichi di parlare di qualche aspetto fondamentale o che, peggio, si abbia l’idea di aver sbagliato tutto durante la prova. Element: Space purtroppo ricade perfettamente in questa categoria, con quella strana sensazione di pasto succulento che poi si rivela cotto male e dal retrogusto amaro. Non serve neanche girarci troppo attorno: Element: Space sarà sicuramente il mio più grande rimorso del 2019. E non a caso ho detto rimorso e non delusione.

Nel marasma dell’ultimo anno, in cui cloni e copie mal riuscite di XCOM 2 hanno provato ad affermarsi su mercato, dalla bella Argentina arrivano comodi comodi i ragazzi di Sixth Vowel. In barba a paperi e cinghiali parlanti, o a spie poco accattivanti, gli argentini hanno deciso di prendere due macigni colossali, mescolarli e tirare fuori con enorme umiltà quello che avrebbe potuto essere il miglior passatempo in attesa di Phoenix Point: una mistura del già citato capolavoro di Firaxis con Mass Effect. Una space opera scoppiettante tra fazioni ben caratterizzate, un sistema di dialoghi che influenzano gli eventi e un gruppo di eroi da gestire.

Le ambientazioni si sono rivelate molto eterogenee, peccato per la poca varietà d’approccio.

Spazio, ultima frontiera, dopo tre anni dalla fine della Guerra Galattica, la Terra si ritrova a dover fare i conti con le vittime della guerra, in previsione di una pace galattica. Basta un attimo e, mentre l’umanità cerca di rimodellare la nave più cazzuta dell’universo, tutto va a rotoli e ci ritroviamo in mezzo alla più classica incomprensione: ci credono i responsabili del casino in atto e dobbiamo fuggire. La fuga però non è semplice o lineare, perché il nostro compito sarà quello di ristabilire il nostro nome grazie alla collaborazione offerta dalle sette fazioni in gioco.

Qui viene il bello: il team di sviluppo ha ricreato la nostra galassia partendo dal presupposto che l’umanità si sia divisa in federazioni, coalizioni, repubbliche e imperi utilizzando come base di partenza gli stereotipi politici del nostro tempo portati all’eccesso. Ecco quindi che la Most Serene Republic of the Mediterranean (decisamente la mia preferita) incarna più di tutte la visione nostrana e dei nostri Paesi vicini su Venere, con un Doge a capo della repubblica, una mafia chiamata Il Pugno Rosso (sì, proprio in italiano) e uno stile sgargiante di vestiario manco fosse il carnevale di Venezia. Viceversa la Federation of North American States sembra presa a piene mani da uno Shadowrun, o dal prossimo Cyberpunk, con colori al neon e un immancabile “Syndicate” pronto a ribaltare i valori democratici ormai instauratisi nel rosso pianeta di Marte.

Un tocco di creatività che personalmente ho adorato, segno non solo di uno studio e una scelta accurata per un’ambientazione unica e fresca, ma anche perfettamente incastrato in quella che è la seconda idea vincente del gioco: la bussola ideologica. Durante il gioco saremo spesso messi di fronte a dialoghi a cui rispondere con ideologie politiche diverse: queste interverranno a identificare la psicologia del nostro personaggio e a determinare simpatie e antipatie di fazioni e compagni di viaggio nei nostri confronti. Chiaramente, andare ad esaltare la libertà del singolo e l’importanza del popolo lì dove regimi filofascisti sono in atto non sarà la scelta migliore, e sul lungo termine queste avranno un effetto negativo sulla nostra campagna. Anche perché, ricordiamolo, dobbiamo farci degli amici per risanare il nostro nome di fronte al Congresso Galattico. Ma oltre alle fazioni, interverranno anche tutti quei personaggi che incontreremo durante il nostro viaggio spaziale e che decideranno di unirsi al nostro gruppo: sei avventurieri di ogni razza e approccio che contribuiranno sia a dare colore alla trama, sia ad assicurare una discreta varietà di approccio alle varie missioni.

La mappa spaziale dove scegliere le missioni non è chiarissima, ma ci aiuta con comodi pulsantoni e un recap delle forze (e ricompense) in gioco.

Durante la campagna potremo compiere ogni missione che vogliamo, ma avremo un orologio galattico che indicherà all’incirca quanto tempo rimane prima della resa dei conti. Ecco quindi che bisognerà scegliere di volta in volta quale missione affrontare; se sbarcare su una luna di Saturno o dirigerci su una colonia di Mercurio, in base a bottino, fazione in gioco e informazioni generiche che possono intervenire nel darci un bonus o meno. Scelte strategiche insomma, semplici, ma perfettamente calibrate nel contesto in cui dovremo comunque prendere una decisione su come voler proseguire la nostra odissea — e chiaramente assicurando anche una discreta possibilità di ripetere la campagna prendendo decisioni differenti e compiendo missioni prima evitate.

Durante il gioco saremo spesso messi di fronte a dialoghi a cui rispondere con ideologie politiche diverse

Il gruppo a nostra disposizione, però, sarà sempre di tre elementi: non importa quanti nemici ci ritroveremo sul suolo, dovremo darci da fare sempre in inferiorità numerica. E anche qui, incredibilmente, il risultato finale risulta difficile ma non stressante (se non in alcuni casi specifici). I nostri eroi avranno abilità uniche e ognuno di loro prevede quattro alberi di abilità che andranno a migliorare uno dei loro aspetti. E dato che il gioco stesso sconsiglia di seguire la via degli indecisi, scegliendo sempre un po’ di tutto (come abilità, ma anche nei dialoghi), il fattore di spunto per una seconda partita aumenta notevolmente.

Il corpo a corpo sfoggia piacevoli animazioni e blocca i partecipanti fino a quando qualcuno non riesce a fuggire o tira le cuoia.

Ma cos’è allora che decreta il mio rimorso? Semplice, Element: Space soffre di errori di inesperienza madornali che influiscono terribilmente sul prodotto finale. Prima di tutto, non è possibile visualizzare la griglia di movimento durante le missioni: questo significa che muovendo di un paio di centimetri in più il vostro puntatore rischiate di far perdere un turno intero al vostro personaggio compiendo uno sprint — perché diciamolo, o cerchi un riparo, o il movimento è sempre atto a coprire la maggior distanza possibile. Un piccolo popup vi avvertirà dell’azione che state per compiere, ma per chi è abituato a dare comandi immediatamente, senza aspettare eventuali etichette che appaiono con calma (e che non si differenziano per niente a livello grafico da quelle di movimento normale), questa mancanza può diventare causa di enormi fastidio ed errori madornali. Anche perché il gioco non prevede alcuna funzionalità di salvataggio: avremo solo un autosave che subentra a inizio missione. Che andrebbe anche bene con l’idea di giocare e subire le proprie conseguenze, ma non se l’impianto tecnico ti crea grattacapi.

Gli scontri inoltre prevedono due soli azioni, una primaria e una secondaria. Se il movimento base è pensato per essere un’azione secondaria, lo sprint è considerata “primaria” annullando ogni possibile altra soluzione. Ma non è tutto: i nemici bareranno senza problemi, potendo utilizzare sia abilità a ogni turno, sia potendo contare su raggi di ingaggio superiori. E se mai dovesse capitare a noi di voler usare un’abilità che prevede un contatto tra uno dei nostri personaggi e un nemico (come un rampino, o più semplicemente un attacco speciale in mischia), questo non potrà essere apportato se ci troveremo dietro a una copertura totale o se prima non ci saremo spostati esponendoci del tutto al team nemico. Insomma, che senso ha permettere di usare le coperture se poi si può solo sparare? Si vanifica sia l’utilità dell’abilità, sia l’impostazione tattica, che diventa così un mero “avanza e lanciati in faccia ai nemici” se vuoi sfruttare tutte le armi a tua disposizione.

Ogni risposta influenzerà la nostra bussola ideologica: per un’esperienza più reale, potremo anche disattivare le iconcine che indicano il nostro orientamento.

Anche sulla nostra nave le cose non sono chiarissime, da un’interfaccia un po’ confusionaria durante la scelta su come migliorare le nostre abilità, alla più totale assenza di tooltip per i tanti acronimi, come per le fazioni. Vi sentirete un po’ abbandonati, limitati nel capire, almeno fino a quando non apparirà un tutorial (se previsto) a spiegarvi cosa fare. Per questo ritengo che l’esperienza sarebbe potuta essere molto più duttile e soddisfacente: sarebbero bastati piccoli accorgimenti per rendere più intuitivo muoversi tra le schermate.

Son questi quindi i motivi che mi hanno fatto innamorare di Element: Space per sentirmi poi tradito e abbandonato. E onestamente non penso che serva neanche troppo per intervenire e sistemare queste piccole sviste derivanti dall’inesperienza, ma bisogna capire se il gioco, per come è stato pensato da Sixth Vowel, si possa piegare a ciò. In tal caso, il mio giudizio sarebbe decisamente più generoso, fermo restando che da bravo fanatico di XCOM, non posso che consigliare questo piccolo gioiellino imperfetto. Nel caso vogliate provare anche voi, potete trovare Element: Space a soli 17 euro su Steam in tutte le lingue del mondo tranne la nostra.

Ho combattuto contro umani, androidi, ribelli e separatisti galattici grazie a un codice gentilmente offerto dal distributore Inca Games.

7

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Francesco Riccobono
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Translator and Language Project Lead, gamer and entertainment lover, editor-in-chief of https://theshelter.online/