La grand strategy vola nello spazio con Stellaris

Lorenzo Bonaffini
The Shelter
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6 min readMay 17, 2016

Il mio rapporto con Stellaris era iniziato in modo dolceamaro. Da amante della classicità per formazione accademica, all’annuncio di una nuova IP sviluppata dallo studio interno di Paradox le mie speranze erano andate tutte per un grand-strategy che finalmente rendesse onore all’antichità. Archiviate le dolorose esperienza del deludente Europa Universalis: Rome, ci speravo con tutto il mio cuore. Fu così che quando fu annunciato Stellaris ci rimasi malissimo, un po’ come quando a Natale aspetti il motorino e invece ti arriva una mountain bike con tanto di ridicolo caschetto da ciclista. Per mesi ho deliberatamente evitato di informarmi, la cocente delusione bruciava.

Fino a quando il treno dell’hype mi ha investito come uno Shinkansen che fa a gara con un TGV, sono bastati un paio di developer diaries per farmi rinsavire e capire che, no, non ci avevo capito proprio niente. L’attesa si è fatta spasmodica fino al giorno in cui ci ho potuto mettere le mani sopra, il clausewitz engine finalmente prestato ad una declinazione credibile di un Paradox-like sullo spazio. Perché per capire cos’è Stellaris bisogna prima sfrondarlo dall’ingrombrante definizione di 4X spaziale, la volontà di inserirlo in questo canonico genere di strategici è molto rischiosa perché Stellaris è decisamente più Europa Universalis e Crusader Kings 2 che Endless Space.

Ho concesso lo stanziamento ad un gruppo di artropodi, in vent’anni sono passati dal 4 al 16 per cento della popolazione totale. Tra un po’ parte la Lega Umana di Darth Salvini.

È vero gli elementi del 4X ci sono, ma la forza di Stellaris sta nel privilegiare la più bistrattata della “X” coniate da Alan Emrich nella sua recensione dell’ormai mitologico Master of Orion. L’eXploration, nonostante lato fondamentale di questo genere di giochi, è sempre stato un elemento che, alla lunga, diventava monotono e privo di mordente utile com’era solo a rimuovere la tipica fog of war. Stellaris riparte da qui, ma anche dal tentativo di Emrich di creare una nuova X, l’eXperience, che potesse dare un quid in più a Master of Orion 3. Stellaris impara da questa lezione e, nonostante alcuni difetti, fornisce una vera e propria esperienza spaziale in grado di farci rivivere un’epopea galattica su vari livelli.

Descrivere cos’è Stellaris è molto semplice. Prendete tutti i topoi dei giochi Paradox, metteteli su una navicella e inviateli alla conquista dello spazio più profondo. Il cocktail è servito. Ma la scommessa vinta da Paradox sta nel aver voluto puntare il tutto più sulla loro tipica narrazione dinamico-emergente, piuttosto che sulla microgestionalità e sui tecnicismi più astrusi, si veda ad esempio un capolavoro a metà come Distant World. Stellaris non è un gioco complesso, forse il più semplice dei Paradox, ma riesce a farci vivere storie che non hanno nulla da invidiare agli intrighi di corte di Crusader Kings 2. Lo abbiamo sempre detto: la forza dei Paradox sta nel piegare la sua essenza sandbox alle storie che i giocatori si raccontano da soli, tra re omosessuali, Maya che resistono a tentativi di colonizzazione e quant’altro.

Visuale “galattica”, confino con un fallen empire, grossi imperi in decadenza che è meglio tenersi buoni.

Stellaris fa lo stesso, ma la scala galattica riesce a far emergere la narrazione in modalità ancora più potente, anche grazie alla possibilità di creare da zero la propria razza, con tutto il suo bagaglio di tratti, etiche e estetiche tra cui scegliere. Abbiamo parlato di esplorazione ed è proprio da qui che il gioco parte, in un early game molto gustoso che ci vedrà fare i conti con lo spazio profondo e sconosciuto. La sensazione è proprio quella che un pericolo, o una grande scoperta, possa essere sempre dietro l’angolo. Il sistema di survey, ossia di esplorazione dei sistemi tramite le nostre science ship, ci permette poi di avere un’esplorazione dinamica e sempre foriera di eventi. Le anomalie, cioè stranezze che troveremo nello spazio, e i contatti con altre razze diventano il focus principale, le prime soprattutto ci permettono di attivare catene di eventi che diventano delle sorta di “quest” in stile gioco di ruolo e che ci permettono di sperimentare lati diversi dell’universo ad ogni nostra partita.

La seconda parola chiave, non a caso, è infatti la proceduralità. Ogni partita sarà diversa dalla precedente, le razze generate casualmente ci forniranno interazioni sempre differenti, consentendo di aumentare ancora di più una longevità che già di base, rimanendo un grand-strategy, è più che buona. L’ufficiosa divisione tra early, mid e late game, non è una semplice indicazione cronologica, perché il gioco muterà e cambierà in base al livello di avanzamento a cui saremo arrivati. Se all’inizio ci ritroveremo sperduti, solitari, ad esplorare sistemi e affrontare mostri spaziali come amebe spaziali o entità cristalline, nel mid game ci ritroveremo ad effettuare un gioco di più ampio respiro cominciando a fare più diplomazia, commercio e scontrandoci quando la frontiera sarà finita e lo spazio colonizzato, mentre nel late game ci ritroveremo ad un gioco diverso dove le crisis avranno un ruolo molto importante.

La forza dei Paradox sta nel piegare la sua essenza sandbox alle storie che i giocatori si raccontano da soli.

Si tratta di eventi di portata galattica che andranno a creare delle grosse crisi che vanno ad omaggiare i classici della sci-fi: si passa dall’invasione di alieni extra dimensionali alla ribellione delle intelligenze artificiali, il tutto serve a donarci un finale in crescendo che vedrà terminare la storia della nostra galassia in maniera decisamente più epica e con un diverso senso di urgenza quando ci ritroveremo a dover collaborare per contrastare queste grandi minacce. Un gameplay quasi cangiante che ben si inserisce nel canonico contesto da strategico in tempo reale con pausa di scuola paradoxiana.

Il buono di Stellaris sta qui, in una declinazione credibile di una galassia che è immersa in un mare di possibilità: le crisi, le federazioni, le anomalie, il sistema di ricerche che abbandona il classico albero in favore di un sistema più dinamico dove le ricerche fatte appariranno anche in base a ciò che facciamo, una gestione semplificata delle risorse che evita una microgestionalità inutile. Ma c’è anche qualcosa che non funziona, prima di tutto nel ritmo di gioco che, soprattutto per un non avezzo ai tempi di un Paradox, può presto trovarsi in una situazione in cui fatica a capire cosa debba fare per andare avanti. C’è anche una IA fin troppo remissiva nell’attaccare il giocatore, qualche bug sparso e qualche critica al sistema dei settori, creati per automatizzare gruppi di pianeti nella gestione, e ai punti influenza, ottima idea di design ma che forse rallenta troppo il gioco politico-sociale e che, a meno di non avere una razza dalla vita lunga, ci vedrà spesso in difficoltà con il reclutamento di nuovi leader.

Ovviamente si sono già scatenati coi mod.

Proprio i leader sono uno degli altri punti problematici: se affezionarsi alla nostra razza sarà semplice e immediatamente ci caleremo nel mondo, tutto funziona in maniera più efficace coi personaggi che saranno solo delle figurine con un paio di tratti e una serie di stelle a indicarci quanto saranno potenti. Il fatto è ancora più preoccupante per le democrazie, dove le elezioni, possibile momento in cui fare del sano roleplay, saranno solamente una seccatura. Occasione persa per creare un mood ancora più interessante, si potrebbe ad esempio prendere spunto da Victoria 2 per potenziare una parte politica un po’ debole. Sincero plauso, invece, all’interfaccia grafica: pulitissima, molto ordinata e dall’aspetto più che gradevole. Assieme alla colonna sonora, splendida crasi tra il Vangelis di Blade Runner e l’elettronica minimal di un Mass Effect, ci farà sembrare davvero di essere in una stazione spaziale, mentre osserviamo stazioni per terramorfare pianeti e il nostro droide senziente a farci un massaggio a piedi.

Le mancanze, tutti difetti di gioventù perdonabili, saranno sicuramente presi in considerazioni per patch e DLC, conosciamo bene la politica Paradox di espansione e supporto alle proprio IP e crediamo che Stellaris sia una magnifica base sulla quale costruire, nei prossimi anni, il gioco strategico di sci-fi definitivo. Senza dimenticare il supporto ai mod, come al solito supportato completamente e, anzi, incoraggiato da Paradox stessa. Stellaris è la nuova scommessa vinta dai nostri sviluppatori scandinavi preferiti, e non vediamo l’ora di capire cosa ci aspetta il futuro dato che i dati di vendita sono incoraggianti, gioco Paradox più venduto al lancio, e siamo sicuri in futuro potremmo vederne delle belle.

8,5

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Lorenzo Bonaffini
The Shelter

Avrebbe voluto essere il capitano di un rimorchiatore, invece si ritrova a scrivere di videogiochi.