L’altra realtà di Another Sight

Massimiliano Gallo
The Shelter
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5 min readSep 5, 2018

Sulle prime ero indeciso su come cominciare questa recensione. Come si parla di un gioco con una tematica così particolare come la perdita della vista e la percezione del mondo dei non vedenti? È vero, il Daredevil di Netflix ci ha fatto appassionare a un supereroe con tutti i sensi talmente sparati a undici per compensare la mancanza di quello visivo tanto da riuscire a visualizzare il mondo in maniera spettacolare e fiammeggiante, ma se ci fosse una ragazzina al suo posto? Una ragazzina della Londra vittoriana, per di più? Forse Netflix non riuscirebbe a tirarci fuori una serie decente, ma Lunar Great Wall ha confezionato Another Sight proprio su questo tema.

Ecco quindi Kit, biondissima ragazzina in esplorazione delle gallerie della metro londinese con suo padre. È una sorta di gita istruttiva, quando un incidente fa crollare la galleria, separando i due. Kit si risveglia in un mondo altro, una sorta di città parallela e coesistente con la Londra della superficie, liberamente accessibile a chi la conosce. Se vi ricorda alla lontana “Nessun Dove” di Neil Gaiman è proprio da lì che arriva l’ispirazione, per stessa ammissione degli sviluppatori. Nell’incidente, però, Kit perde l’uso convenzionale della vista, riuscendo a percepire i rumori e i suoni come stimoli visivi. Dove c’è silenzio, quindi, c’è il buio. Dopo pochi passi incontra l’altro protagonista di questa storia, il gatto Hodge.

I due protagonisti in uno dei primi livelli.

Nel corso dell’avventura assumiamo il controllo di entrambi: Hodge vede il mondo in maniera convenzionale e viene ignorato dai nemici, risultando perfetto per l’esplorazione e la ricerca dei collezionabili sparsi nei livelli. Kit, invece, si aggira in maniera più cauta, specie nelle zone silenziose, ma con un tasto potremo richiamare il felino che, miagolando, ci fa un po’ di luce per avanzare con più sicurezza. È la sinergia tra i due protagonisti la vera anima del gameplay, fatto di continui cambi di prospettiva tra gatto e ragazzina, attivazione di leve e pulsanti, e qualche enigma spacca cervello. I livelli seguono una curva di difficoltà perfetta, complicando a poco a poco le cose senza avere picchi di difficoltà particolari, ma facendo ben riflettere sui passaggi da seguire. Poche volte vi capiterà di non sapere come procedere, ma in quel paio di casi basterà, ironia della sorte, aguzzare meglio la vista.

Dove c’è il silenzio, c’è l’oscurità

Ogni oggetto interattivo è infatti evidenziato in viola quando vi passate davanti; purtroppo, però, non sempre sono ben segnalati e spesso si confondono con gli effetti che circondano Kit e la sua bolla percettiva. In un paio di occasioni, infatti, mi sono trovato a premere un po’ a caso il tasto azione per trovare la leva o il pulsante per procedere nell’avventura. Stesso dicasi per le zone in cui Hodge può interagire con lo scenario: il tema del viola è sempre presente anche qui, ma è un po’ più chiaro grazie alla visione “normale” del gatto. Sempre nel funereo colore sono evidenziati percorsi e ostacoli, utili per risolvere gli enigmi ambientali e non. Cambiare continuamente tra i due personaggi è fondamentale e porta anche a notare i dettagli che separano le due esperienze visive.

La stessa inquadratura può cambiare drasticamente dal punto di vista di Kit (destra) o di Hodges (sinistra).

Il cuore del gioco è, in fondo, proprio la percezione visiva dei due e devo dire che mi ha colpito moltissimo. Vedere le pennellate in movimento durante il controllo di Kit mi ha ricordato da subito gli impressionisti del finire dell’ottocento, uno dei miei movimenti artistici preferiti di sempre. I giochi di luce e colore, con quell’effetto vagamente distorcente di entrambi gli elementi, mi hanno lasciato a bocca aperta in più occasioni. La cura con cui viene applicato il filtro alle scenografie è davvero da applausi, sebbene a volte ne mini la leggibilità immediata.

Gli scenari sono ottimamente dettagliati, e contengono sempre qualcosa di animato, che sia una macchina o un ciuffo d’erba mosso dal vento, accortezze, queste, che li rendono sempre piacevoli da esplorare. L’uso dell’Unreal Engine 4 è davvero ottimo e rende alla perfezione il senso di mondo sotterraneo che gli sviluppatori volevano trasmettere, restituendo le stesse sensazioni di oppressione e meraviglia che travolgono Kit.

Le pennellate di colore nella visione di Kit colpiscono là dove si ama l’impressionismo.

Un gioco perfetto, quindi? Ahimè no, qualche piccolo difetto lo troviamo nel sistema di controllo dei due personaggi. Il salto, soprattutto, è la criticità principale che ho rilevato durante la mia esperienza. Hodge ha un’inerzia particolare, e fa sempre un passetto in più rispetto alla zona di atterraggio che rende difficoltoso balzare sulle piattaforme più piccole, un problema che porta a ripetere le sezioni in cui si finisce per precipitare nel vuoto. Stesso dicasi per Kit, sebbene le sue parti di platforming siano meno prevalenti rispetto a quelle che vedono impegnato il fidato felino.

Molto bene, infine, la storia. Coinvolgente e con quella punta di mistero che tiene incollati sino alla fine, viene narrata attraverso delle superbe illustrazioni al posto delle cutscene in motore di gioco, facendo spiccare ancor di più la direzione artistica del titolo, eccellente per scelte e realizzazione. I personaggi comprimari, sebbene siano spesso poco più delle comparse, sono ottimamente caratterizzati con pochi dialoghi. Ci troviamo a contatto con figure storiche e bizzarre, tutte attratte dal Nodo, potente fonte di ispirazione e energia, e quasi tutte volenterose di studiarlo a fondo prima di divulgarne il potere. Non sto a raccontarvi chi incontrerete nel dettaglio, sia per evitare spoiler, sia per non togliervi il piacere della scoperta di un’avventura che dura una manciata di ore.

Another Sight è un’ottima prova d’esordio per lo studio meneghino, risultato di un’anno di sviluppo intenso. Molti altri titoli in lavorazione per lo stesso periodo di tempo non arrivano sugli scaffali virtuali con il medesimo livello di pulizia, e ciò non fa che aumentare d’intensità gli applausi che possiamo fare ai Lunar Great Wall. Non è un gioco perfetto, ma è un’esperienza da giocare tutta d’un fiato e che non vi deluderà.

Ho vagato per il buio sottosuolo in compagnia del tigrato amico per circa quattro ore, trovando buona parte dei collezionabili e prendendo appunti su un paio di enigmi particolarmente tosti grazie ad un codice Steam mandatoci dagli sviluppatori. Il gioco uscirà anche su console in un secondo momento.

7,5

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Massimiliano Gallo
The Shelter

La passione dei videogames e l’energia del cioccolato.