L’educazione sentimentale di DreamBreak

Aurelio Maglione
The Shelter
Published in
5 min readAug 10, 2016

DreamBreak è un’avventura dinamica a la Another World ambientata in un futuro distopico ispirato a 1984 e Neuromante. Oltre a non brillare per originalità (peccato veniale, sia chiaro), DreamBreak è un gioco decisamente brutto. La sua bruttezza è quella tipica dei malati, degli sventurati, degli ultimi: tanto incolpevole quanto spaventosa. Scriverne una recensione rappresenterebbe un atto di onanismo intellettuale privo di valore, una cattiveria gratuita che preferisco risparmiarmi/vi.

Da sognatore quale sono, provo una certa simpatia nei confronti di Aist, il suo misconosciuto autore. Ammiro genuinamente la passione che lo ha spinto a realizzare un videogame, l’attaccamento verso i diversi capisaldi della cultura pop che omaggia al suo interno in modo più o meno maldestro, il desiderio — in definitiva — di dar vita a qualcosa di bello. Mi è difficile persino rinfacciargli la leggerezza con cui ha lavorato (immagino!) a questo progetto: mi appare quasi affascinante. Lo ribadisco: criticare deficienze e mancanze della sua opera sarebbe pedante. Tuttavia, possono fornirci spunto per riflettere su alcuni aspetti che chiunque si avvicini al mondo del game development non dovrebbe sottovalutare.

I minigiochi di DreamBreak non sono affatto bellini.

Lavare i panni nel Tamigi

Pubblicare un gioco scritto in un inglese approssimativo (credetemi, sto ricorrendo a un eufemismo) è senza ombra di dubbio una mossa suicida. Il nostro caro Aist è di madrelingua russa e per la già citata simpatia che nutro nei suoi confronti mi piacerebbe far passare in cavalleria anche questa magagna. Difficile riuscirvi, tuttavia, se si considera che DreamBreak è stato pubblicato da un publisher di tutto rispetto come Beatshapers (viene da chiedersi quale sia stato il suo effettivo apporto, a questo punto). Il problema è ancora più grave se si considera che parliamo di un titolo dove la mole di testo sotto forma di dialoghi, pamphlet e affini non è affatto trascurabile. Sia chiaro: per quanto deficitaria, l’attuale traduzione in lingua d’Albione consente di completare l’avventura senza particolari patemi (del resto la sua linearità aiuta, ma non divaghiamo). Personalmente avrei apprezzato se, su Steam, fosse stata sottolineata la sua natura amatoriale. I più infidi potrebbero insinuare che la sinossi della trama avrebbe dovuto farmi venire più di un dubbio in proposito e, in tutta onestà, non mi sento di dare loro torto.

La trappola dell’impepata di cozze

https://www.youtube.com/watch?v=EIdrvsoucug

Come accennato, DreamBreak è un’avventura dinamica a la Another World dove l’esplorazione di (Neo)Mosca è inframmezzata da fasi spiccatamente platform, sessioni da sparacchino all'acqua di rose (simile a quella viste nel mai abbastanza lodato Gemini Rue) e dalla necessità di risolvere dei semplici enigmi ambientali. Tuttavia, DreamBreak vuole andare oltre, proponendosi come — cito testualmente — the most terrible mix of differing types of gameplay. In teoria, vi troverete ad affrontare corse a bordo di hoverboard, inseguimenti dove sfuggire alle forze dell’ordine, fasi di hacking e combattimenti a bordo di mezzi corazzati in pieno stile Space Invaders. All'atto pratico, quest’impepata di cozze si traduce in una serie di minigiochi che, nella migliore delle ipotesi, risultano dimenticabili, nella peggiore inutilmente tediosi (mi riferisco agli inseguimenti di cui sopra, per la cronaca). Con ogni probabilità, eliminarli in toto avrebbe giovato all'esperienza complessiva.

Compagni di tutto il mondo, unitevi!

Creare mondi, creare livelli

Uno dei motivi per cui adoro Another World (il paragone è inevitabile!) risiede nella capacità di Éric Chahi di aver ideato un mondo misterioso e al contempo credibile. È naturale immaginare che i suoi confini si estendano al di là della porzione limitata che ci è permesso vedere, che abbia avuto una ricca storia precedente lo sbarco del Dottor Chaykin e che abbia continuato a pulsare di vita dopo la sua fuga. In DreamBreak, quest’illusione non viene mai a crearsi. La colpa può essere imputata tanto alla staticità di NeoMosca, quanto all'assenza di elementi caratteristici che non siano di natura strettamente derivativa. Del resto, la sospensione dell’incredulità non viene favorita da un level design poco convincente, dove gli (inevitabili) muri invisibili vengono contestualizzati in modo per niente verosimile. Per completare questo triste quadro, lungo le nostre peregrinazioni ritroveremo costantemente quelli che, in teoria, dovrebbero essere dei documenti di Stato coperti da segreto. Ci imbatteremo in tali dispacci semplicemente passeggiando per strada, quasi fossero cartacce prive di valore. Come avrete intuito, la coerenza non è il punto forte del gioco…

La sua bruttezza è quella dei malati, degli sventurati, degli ultimi: tanto incolpevole quanto spaventosa

Scrivere non è arte leggia

L’amico Aist non è una penna raffinata, inutile negarlo. Il ricorso a espedienti narrativi stanchi come i dispacci di cui sopra è solo la punta dell’iceberg. Sarò brutalmente onesto: DreamBreak è scritto male. Volendo essere più precisi, in una scala che va da zero a “fan fiction redatta da un dodicenne in piena crisi ormonale” si attesta sul livello “Twilight”. In questo caso, più che dall'amore per il perverso triangolo che vede coinvolti Bella e i suoi simpatici fantamici, DreamBreak è il figlio dell’apprezzamento verso i già citati 1984 e Neuromante. Purtroppo, le buone intenzioni non bastano per realizzare una sceneggiatura convincente. I personaggi che incontreremo nel corso della nostra concitata disavventura, protagonista incluso, sono delle figurine prive del benché minimo spessore. Gli eventi cui prenderemo parte si susseguono senza alcun senso o raziocinio, con collegamenti esili quanto un filo di seta. Il tutto è surreale al punto da diventare insostenibile. L’unica soluzione viabile è quella di turarsi il naso e rassegnarsi ad assumere il ruolo della vittima di questo demenziale turbinio.

Peccato non aver ascoltato questo consiglio!

Il trappolone del trailer

Trappolone nel quale sono caduto come un allocco. Il trailer di DreamBreak è realizzato dannatamente bene, ancor di più se paragonato al gioco stesso. Con sapienza, ne mette in luce gli aspetti migliori, tralasciando accuratamente le sequenze più spiccatamente narrative per offrire qualche fugace suggestione di questa Russia distopica a tinte cyberpunk. Il classico filmato che permette alla fantasia dell’appassionato di turno di viaggiare verso lidi nei quali è impossibile approdare nel prodotto finale.

Ho provato DreamBreak grazie a un codice Steam gentilmente concesso dal suo publisher, completandolo in poco meno di due ore (tempo più che sufficiente per vedere entrambi i finali). Volendo, potete acquistarlo su Steam al costo di 7 eurodollari. Al contrario, se desiderate giocare un’avventura cinematica degna dell’eredità di Another World, vi consiglio di puntare sul ben più apprezzabile The Way.

S.V.

P.S.: se proprio ci tenete, immaginate che in calce a questo articolo vi sia un 4,5.

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