La fiaba 2.0 di Little Briar Rose

Lorenzo Bonaffini
The Shelter
Published in
4 min readNov 29, 2016

Sono passati quasi due anni da quando Little Briar Rose faceva le sue prime apparizioni su Internet cominciando a farsi conoscere grazie al passaparola social. Nato come progetto sperimentale per il contest 2014 Indie Game Maker, Elf Games Works, studio di sviluppo fondato da Fabiola Allegrone, che si occupa del lato artistico, e Piero Dotti, programmatore, ha lavorato duro negli ultimi due anni per trasportare un gioco nato utilizzando RPG Maker in un prodotto autoriale di qualità, capace di poter affascinare un pubblico universale e non più solo piccolo cerchie di amici e conoscenti tra cui i primi prototipi del gioco sono girati.

Dopo Oh! I’m getting taller, platform con forti venature puzzle, la scommessa del duo Allegrone-Dotti era riuscire a rendere equilibrato un prodotto che prende a piene mani dalle avventure grafiche, per quanto concerne il gameplay, e da un’estetica goticheggiante, per quanto riguarda l’art-design. Uscito da qualche giorno su mobile, Android e iOs, e tra poco anche su Steam nella sua controparte PC, e distribuito da Mangatar, Little Briar Rose trae i suoi punti di forza da una grande consapevolezza di quello che vuole fare. Il gioco sa benissimo dove vuole andare parare, non ce ne fa mistero e soprattutto non accetta compromessi nel portare avanti le proprie idee.

La grafica a vetrate ci accompagna sin dalla splendida introduzione.

Ciò che salta subito agli occhi è ovviamente la grafica, sin dall’introduzione è possibile ammirare le vivacissime vetrate gotiche che ammantano il motore grafico e danno a tutto il gioco un mood davvero particolare. Quello che può venir scambiato come infantilismo è in realtà una precisa scelta estetica, capace di esaltare una tecnica artistica e riprodurla perfettamente su schermo. Il lavoro di Fabiola Allegrone pare davvero immenso ma, soprattutto, originale in un mondo indie dove fin troppo spesso si indulge troppo in una facile pixel-art.

Se la trama non prevede un andamento in sé particolarmente originale, trovandosi ad essere poco più che una rielaborazione più fantasy de La bella addormentata nel bosco, il difficile era unire un’estetica così unica a un gameplay altrettanto particolare e capace di reggere la portentosa sovrastruttura estetica. Il rischio, altrimenti, è quello di soffermarci fin troppo sul lato grafico, dimenticando che ci troviamo comunque di fronte un gioco che come tale deve essere analizzato in tutte le sue componenti. Piero Dotti non si è tirato indietro e, come esattamente è successo con la trama, decide di prendere un grande classico videoludico, l’avventura grafica, per poi decostruirlo di alcuni suoi significati.

Little Briar Rose è il gioco che farei giocare a mio figlio come favola della buonanotte.

Il risultato è una strana misticanza in cui a fianco delle normali iterazioni da punta e clicca, troviamo elementi da roguelike. Dimenticatevi, infatti, le avventure grafiche dove la difficoltà è nel rimanere bloccati per un’enigma, in Little Briar Rose i puzzle non sono mai difficili ma hanno una particolarità: l’errore nella risoluzione ci pone sempre davanti ad una conseguenza. Tale conseguenza, il più delle volte, è la prematura fine del viaggio del nostro principe protagonista. Ma non si tratta di un semplice game over perché un nuovo principe sarà subito pronto a prendere l’eredità di quello che ha appena fallito, permettendoci di continuare la nostra trama con un nuovo protagonista.

Tutto questo rende necessario seguire molto attentamente i dialoghi, molto gustosi anche grazie anche alla volontà di non volersi mai prendere troppo sul serio inseguendo una certa leggerezza favolistica, perché molte risoluzioni degli enigmi passano proprio da un’attenta lettura di ciò che i vari personaggi incontrati ci dicono. I semplici comandi, tutti gestiti tramite il touch del proprio dispositivo mobile, non pongono nessun problema e, anzi, si adattano bene a un gioco sicuramente semplice nel suo sviluppo, ma non per questo meno affascinante.

L’originale trailer del gioco.

Una fresca ventata primaverile, questo mi ricorda Little Briar Rose nella sua capacità di attenersi ad un canone ma di saperlo profondamente mutare grazie ad un gameplay con alcuni lati inaspettati e ad un’estetica davvero unica nel mondo videoludico. Il fatto che sia un prodotto nostrano, poi, non può che farci salire un po’ di orgoglio. Soprattutto, non ce ne voglia il buon Dotti, è il lavoro dell’Allegroni a colpire e a farci capire che, con tutte le eccellenze artistiche che abbiamo qua in Italia, si dovrebbe investire di più su questi progetti che possano unire l’arte al mondo della progettazione videoludica.

Little Briar Rose è il gioco che farei giocare a mio figlio come favola della buonanotte, ma che, alla fine, mi farebbe rimanere sveglio fino a finirlo dopo la messa a letto del pargolo. Se un bambino potrebbe apprezzarne la semplicità e la bellezza di un plot eterno come quello di Rosaspina e del bosco di rovi attorno al suo castello, un adulto può invece scavare più a fondo e apprezzarne i riferimenti videoludici e la maestria artigianale delle vetrate gotiche. Che siate genitori o no, comunque, si tratta di un ottimo prodotto capace di farvi provare qualcosa di diverso sui vostri dispositivi mobile. Al prezzo di 2,99€ potete tuffarvi in questa favola comprandolo su AppStore e Google Play. Il consiglio è quello di non farvelo scappare, se amate tornare fanciulli e le avventure grafiche sono il vostro pane, non ne rimarrete delusi.

Sono stato vari principi impegnati nel tentativo di liberare la principessa grazie ad un codice gentilmente offertomi dal distributore.

8

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Lorenzo Bonaffini
The Shelter

Avrebbe voluto essere il capitano di un rimorchiatore, invece si ritrova a scrivere di videogiochi.