Le differenze tra Roguelike, Roguelite e Coffeebreak Roguelike

Marco Tassani
The Shelter
Published in
5 min readSep 10, 2014

Credo che ormai non sia assolutamente un segreto che uno dei miei amori più grandi siano i Roguelike. Questo bizzarro genere videoludico, a mio avviso, è uno dei pochi in grado di regalarci felicità e cirrosi epatica in colpo solo, spesso e volentieri facendoci stare male grazie ad una (non)grafica estrema e, perché no, riuscire a farci sgranare un rosario al minuto a colpi di bestemmie. Fino a qualche anno fa erano ben pochi i titoli di questo tipo, ma poi il mondo ha capito che è bello perdere e rosicare, così pian piano possiamo trovare ottimi esempi bene o male su ogni piattaforma. Purtroppo, titolo dopo titolo, si è creato un bel po’ di confusione, e molte cose magicamente sono diventate “RogueLike”. Anche campo minato. Se perdi, devi ricominciare.

Ciao, papà.

SIMILE A ROGUE

Il nome del genere, magie dell’inglese, vuol proprio dire questo! Rogue fu, più di trent’anni fa, il primo titolo a sbatterci in faccia un eroe che doveva affrontare livelli generati casualmente, con pozioni dagli effetti sconosciuti, movimenti a turni per ponderare bene le proprie mosse e soprattutto a sfruttare le meraviglie del permadeath: non vi erano salvataggi da ricaricare in caso di errori, bensì eravamo costretti a ricominciare la partita in caso di morte. Leggende narrano che le prime tastiere rotte furono causate proprio da questo gioco! Fu però grazie al suo successore, Hack, e successivamente NetHack, che il genere entrò direttamente nel cuore di molti appassionati! Affrontare il temibile Dungeon of Doom con lo scopo di recuperare l’Amuleto di Yendor divenne l’obiettivo di molti giocatori, ma come è giusto che sia, solo pochi eletti riuscirono nell’impresa. E poi dicono che Dark Souls è un gioco difficile. Tsk.

LE TRE REGOLE D’ORO

A cominciare quindi da “papà Rogue”, ogni titolo di questo genere deve rispettare tre semplici regole:

–Il gioco deve essere a turni, in modo da far ragionare il giocatore sulle sue mosse! Si usa tantissimo cervello e nessuna abilità di mano, tanto da sembrare quasi una partita a scacchi. Anche se circondati da nemici, possiamo ritagliarci tutto il tempo che vogliamo prima di decidere la nostra mossa successiva.

–Livelli generati casualmente. Ogni partita deve essere unica, e senza il brivido dell’esplorazione non ci sarebbe nessun gusto a ricominciare ogni volta da capo. È buona cosa però aggiungere anche oggetti, consumabili o equipaggiabili, dalle proprietà ignote che andranno provate sulla nostra pellaccia (o sfruttando la materia grigia)!

–Il permadeath. La “morte definitiva” del nostro avatar, senza poter rimediare ad eventuali nostri errori.

Non andrò in paradiso, ma almeno sono asceso su NetHack.

Di ottimi titoli ce ne sono veramente molti, e già che ci siamo ve ne consiglio un paio!

NetHackUno dei più vecchi e senza ombra di dubbio uno dei migliori, capace di lasciarci a bocca aperta ad ogni partita. È gratis, e ben o male è presente anche una grafica abbastanza stilizzata. Lo trovate per qualsiasi piattaforma, anche per tostapane, quindi procuratevelo! Attenti all’inizio che i comandi possono risultare molto ostici!

Sword of the Stars: The Pit — Uno degli ultimi arrivati sui nostri schermi, ma dai comandi immediati e senza meccaniche complicate. Ci offre un ottimo grado di difficoltà capace di tenerci incollati per ore ed ore.

Dungeons of Dredmor — Uno dei primi titoli indipendenti importanti a raggiungere Steam. Personalmente non lo trovo molto divertente, ma può essere un ottimo modo per cominciare.

Pixel Dungeon — Solo su Android, ma con meccaniche facilissime riesce a farci entrare in un tunnel di droga e bestemmie.

Sword of the Stars: The Pit è talmente bello che bestemmiare perde di fascino

I FALSI PROFETI

Ormai la parola “Roguelike” è diventata di moda, e viene infilata in tutti i brodetti per chissà quale oscuro motivo. Per far differenza quindi tra i titoli “classici” e questo nuovo genere, è stato coniato un nuovo nome, simile al precedente ma diverso quanto basta per far capire l’antifona: RogueLite. I RogueLite hanno in comune i livelli generati proceduralmente e una sorta di permadeath, ma spesso e volentieri sono titoli platform o shooter in cui la morte comunque non è punitiva: anche dovendo ricominciare il titolo, i nostri avatar possederanno partita dopo partita statistiche migliori, oggetti, abilità e così via. Insomma, la morte è una parte fondamentale per la crescita del proprio personaggio, cosa che invece non accade nei Roguelike, dove l’unico che guadagna esperienza è il giocatore stesso. Come sopra, riporterò qualche titolo per rendere meglio l’esempio e, perché no, per consigliarvi qualcosa di divertente da portarvi a casa!

The Binding of Isaac — Impossibile non conoscerlo. Il capolavoro di McMiller rende perfettamente l’idea di crescita nonostante le numerosi morti: partita dopo partita, difatti, guadagneremo l’accesso a diversi oggetti e poteri.

Risk of Rain — Shooter bidimensionale capace di chiudere il giocatore in un vortice di sofferenza e bestemmie.

Rogue Legacy — Altro capolavoro, che questa volta strizza l’occhio alle glorie del secolo passato. In questo titolo la morte permette di costruire diverse parti del castello del giocatore, in modo da sbloccare classi e poteri.

“Porta tuo figlio e sacrificalo eccetera eccetera”

MAI SOTTOVALUTARE L’IMPORTANZA DEL CAFFÈ

Infine, ultimo genere che rischia di essere confuso con gli altri, è quello dei Coffeebreak Roguelikes: come dice il nome, questi titoli sono pensati per durare una decina di minuti. Possono essere paragonati più a puzzle game o a solitari, e comunque sono molto meno punitivi rispetto ai loro fratelli maggiori. Basta un solo nome per accontentare tutti i palati: Desktop Dungeons.

Bene, grazie a queste piccolezze ora possiamo conquistare tutti insieme forum e discussioni su Facebook, innalzandoci a veri e propri NaziRogue. Ricordate: perdere è divertente.

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Marco Tassani
The Shelter

Scrive cose su The Games Machine, videogiocatore vecchio dentro e, inspiegabilmente, medico.