Perché voler bene al film dei Power Rangers

Matteo Novelli
The Shelter
Published in
5 min readApr 11, 2017

Il seguente articolo è stato redatto da una persona che da piccino andava in giro vestito da Red Ranger. The Shelter disconosce qualunque responsabilità sull’oggettività e sulla lucidità delle facoltà mentali di chi ha analizzato la pellicola presa in esame in questo pezzo. Più del solito, s’intende.

Centomila lire dell’epoca.

In coda a questa recensione troverete un voto tiepido. Un numeretto che di solito indichiamo per cercare di dare una valutazione complessiva ai prodotti che di volta in volta vi proponiamo. Potete prenderlo come una valutazione accademica, come un consiglio, come un modo per saltare queste righe e passare subito al sodo. Ecco, vi consiglio di non farlo. Perché alcune volte i numeri sono numeri, e quello che si nasconde dietro a un simbolo è molto più importante anche ai fini di quello che dovrebbe essere lo scopo di una recensione. Sono andato all’anteprima stampa di Power Rangers, qualche sera fa, con la morte nel cuore. Mi sembrava molto debole, per non dire folle, il tentativo di rilanciare nel 2017 questo gruppo di eroi un po’ strampalati che negli anni novanta cambiò le vite di molti ragazzini che assistevano alle loro avventure senza farsi troppe domande. Power Rangers era una serie televisiva che fondeva perfettamente trash e camp, con protagonisti adolescenti dotati di superpoteri e un canovaccio di trama che era sempre lo stesso. La serie si ispirava a una produzione giapponese, le cui scene di combattimento in costume sono rimontate nelle prime stagioni americane per risparmiare budget, e fondava i valori di lealtà e amicizia ipnotizzando un pubblico di bambini che in seguito avrebbero speso paghette per gadget e action figures.

Ti spiego lo scetticismo.

Ora, la mia preoccupazione da bambino che da piccino aveva vissuto tutto questo, per poi riderne da adulto, era come se la sarebbero cavata nell’adattare un universo del genere per il pubblico odierno. I primi trailer e poster rimandavano in qualche modo alle atmosfere di Chronicle di Trank (lo avevano fatto anche i nuovi Fantastici quattro e sappiamo tutti com’è andata a finire). Le immagini arrivate alcuni mesi dopo distruggevano tutto, proponendo senza timore alcuno armature dal design discutibile e i robottoni della serie (gli zords) con dei concept abbastanza mediocri.

Scoraggiato, scettico e anche abbastanza disinteressato ho messo via le poche speranze nel progetto e mi sono abbandonato alla visione. E ragazzi, proprio quando meno me lo aspettavo, il film mi è piaciuto. Mettiamo in chiaro subito una cosa: Power Rangers ha una regia orribile, un montaggio tremendo e degli effetti visivi improponibili, ma funziona. Ha uno script adatto, e adattato, con un cuore grande e pulsante da far invidia a tanti e più blasonati blockbuster. La storia di questi cinque ragazzi outsider, per non dire sfigati, che si ritrovano investiti di grandi poteri, e grandi responsabilità, funziona. Acchiappando a grandi mani dalle atmosfere à la Breakfast Club, i protagonisti si conoscono in sala punizioni, Power Rangers propone la classica storia di origini in cui degli eroi improbabili si ritrovano capaci di salvare il mondo.

Power Rangers ha una regia orribile, un montaggio tremendo e degli effetti visivi improponibili, ma funziona

C’è qualcosa di straordinariamente classico e rassicurante in questa avventura scanzonata che non rinuncia a riflessioni mature. In un panorama cinematografico in cui tutte le grandi produzioni sembrano seguire ciecamente universi condivisi e pianificazioni seriali, Power Rangers fa l’esatto opposto. Non solo sembra ricreare un tipo di produzione ormai fuori dagli schemi, quel sapore da film anni novanta destinato (nella sua improbabile forma) a diventare un cult, ma accetta di giocare le carte che ha in mano come un kamikaze.

Ma quanto mi sono divertita quella volta che ho preso a calci degli adolescenti gridando come una matta?

Il copione di John Gatins è buono, gioca con gli elementi banali e ne fa la propria forza, sa come prendersi in giro e soprattutto riesce dove molte pellicole hanno recentemente fallito: adatta quello che conosciamo in qualcosa di nuovo, senza rinunciare alle proprie origini. Ecco quindi che Bill, il ranger blu, è un ragazzo autistico e Trini, il ranger giallo, è un’adolescente problematica e omosessuale. Unito alle allusioni sessuali esplicite e a una meravigliosa e letale Rita Repulsa (una Elizabeth Banks che si diverte tantissimo nel ruolo) i Power Rangers di oggi sembrano guardare più al pubblico young adult che ai bambini che ne hanno decretato in passato la fortuna.

Prima di vedere questi nuovi ranger in armatura c’è bisogno di vederli crescere, e la scrittura lo sa bene: il Morphin, quello che permette ai protagonisti di diventare mighty Power Rangers, diventa sinonimo di maturità. Così, la trasformazione nell’iconica armatura si fa attendere per quasi tre quarti di film e diventa una conquista importante e sudata, perché per mettersi il mantello bisogna prima essere degli eroi. C’è anche Bryan Cranston digitale con il faccione da Prometheus, un terzo atto che sembra fare il verso a Thor e Man of Steel, dei momenti musicali particolarmente ispirati e la sigla originale che vi farà commuovere e saltare sulla poltrona in un momento in particolare.

Certo, resta un peccato che un prodotto così valido e godibile sulla carta abbia una confezione così brutta, con piani sequenza azzardati e inquadrature storte che più che distaccarsi dalla media dei blockbuster (come forse voleva fare il regista Dean Israelite) creano soltanto una gran confusione. Ma non lasciatevi scoraggiare, date una possibilità a questi nuovi Power Rangers. Date una possibilità a questo tipo di produzioni, animate da un entusiasmo che è sempre più raro percepire. Il mondo ha bisogno di questo tipo di eroi, anche se forse non se lo ricorda più.

Senza contare quella scena dopo i titoli di coda, che ci fa già ben sperare in nuove avventure. Non c’è molto altro da dire se non: GO GO POWER RANGERS!

6,5

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Matteo Novelli
The Shelter

Morbido dal 1991. Cresciuto in modo genuino grazie alla televisione, al videoregistratore, ai fumetti e al Game Boy. Say hi: novellimatteo509@gmail.com