Quell’adorabile sfigato di Spider-Man: Homecoming

Matteo Cinti
The Shelter
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4 min readJul 5, 2017

È già il sesto film di Spider-Man a uscire in soli quindici anni, in ben tre incarnazioni diverse. Quella di Tom Holland, giovane attore e ballerino britannico, potrebbe essere la migliore o magari no, ma è senza dubbio quella in cui i Marvel Studios credono di più. L’ingresso nel MCU è uno sprint notevole per l’arrampicamuri: permette al film di avere spunti più interessanti e alla continuity di giovare di uno dei supereroi più amati della Casa delle Idee.

La prima cosa di cui essere molto grati è il non doverci subire l’ennesima storia di origini. Avendo già introdotto il personaggio in Civil War, e avendo già visto le sue origini in altre due saghe, gli sceneggiatori (a cui va il nostro caloroso ringraziamento) hanno potuto bypassare la noiosa introduzione di Peter Parker che viene punto per la terza volta dal ragno radioattivo. Un po’ come è successo per il terzo Batman in Batman v Superman, le info essenziali sulle origini vengono introdotte durante i titoli di testa in modo rapido, facile e indolore.

La premessa del film vede un Peter Parker nel ruolo di pseudo-discepolo di Tony Stark, così com’era apparso in Civil War. Peter è un adolescente inesperto che prova a capire come gestire i suoi poteri, come rendersi utile nella sua città. Tony in questo disegno fa un po’ il ruolo del padre distaccato, un po’ stronzo (gli riesce benissimo) ma vigile sulla crescita e l’incolumità del ragazzo. E Peter, da bravo adolescente, non lo comprende appieno e avrà più di un’occasione in cui farà la scelta sbagliata.

Difatti, a reggere tutto il film è una chiave di volta che appartiene allo Spidey più genuino, quello già visto anche negli altri adattamenti (chi meglio, chi peggio), quello ‘originale’, della prima ora, della Silver Age: lo sfigato. Il disagio di Peter viaggia su due binari paralleli, uno è quello tra i corridoi del liceo, l’altro è sotto il giudizio di Tony Stark. A scuola è il nerd, il secchione, che non riesce a chiedere di uscire alla tipa che gli piace e colleziona figure di merda come se non ci fosse un domani. Per le strade di New York è il novellino, il nuovo giovane vigilante, simpatico ma tutt’altro che affidabile, ancora immaturo per far parte degli Avengers.

Il disagio di Peter viaggia su due binari paralleli, uno è quello tra i corridoi del liceo, l’altro è sotto il giudizio di Tony Stark.

Homecoming quindi è un film sulla crescita e sulla formazione di un adolescente; sorprendentemente la battaglia più difficile è quella affrontata sui banchi del liceo piuttosto che contro il villain di turno (un tizio di dubbia moralità con una grossa armatura realizzata con materiali alieni). Non voglio sottolineare che sono tematiche già viste — voglio dire, sono decenni che viviamo di dejà-vu al cinema — perché nonostante tutto, il film resta frizzante e godibile. Abbastanza proiettato verso l’aspetto adolescenziale ma non così tanto da trasformarlo in un teen drama. Contemporaneamente si porta dietro una continuity ormai di notevole spessore e serietà, ma non pesante ai livelli di “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”. Per quello ci sarà tempo nei prossimi (2? 3?) film su l’Uomo-Ragno.

C’è da dire, però, che la personalità dei film del MCU è spesso compromessa per omologarsi al resto della produzione, e questo caso non fa eccezione. Forse Homecoming può effettivamente sembrare tra i più alternativi con questa ambientazione scolastica; ma l’impressione che si debba seguire un copione in cui tot elementi entrano in gioco, in una specie di ‘promessa’ accomodante per lo spettatore del cinecomic, si fa viva durante il film. Ad essere onesti non ho ancora capito se vedo questo aspetto in modo totalmente positivo o negativo. Probabilmente la verità sta nel mezzo: un universo condiviso è per definizione costruito per condividere gli stessi riti, le stesse iconografie e gli stessi ritmi, e questo è sacrosanto e meraviglioso. Anzi, mi piace da morire, è come vedere una lunga serie tv al cinema. Però anche le serie tv più belle, arrivate ad una certa maturità, rischiano di essere ripetitive e di appiattirsi inesorabilmente in una copia carbone dell’episodio precedente, pure se continua a piacerci. Ovviamente già considerando il solo MCU abbiamo avuto le nostre soddisfazioni con certi film (Guardiani della Galassia o Winter Soldier, per dirne due) che sono riuscite a darci quel luccichio in più rispetto allo standard stilistico di tanti altri, ma, purtroppo, nonostante sia un film assolutamente piacevole, non credo sia il caso di Spider-Man: Homecoming. Ma, ehi, non facciamone un dramma: il prossimo episodio è dietro l’angolo.

8

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Matteo Cinti
The Shelter

Vorrei dire di saper scrivere bene ma non posso. In compenso guardare serie tv e leggere fumetti mi riesce benissimo anche a testa in giù.