Sense8 è un manifesto per la diversità

Matteo Cinti
The Shelter
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3 min readMay 17, 2017

Ignorando bellamente il significato temporale di stagione(ma anche molto spesso di episodio) Netflix ci propone finalmente il secondo ciclo di Sense8, due anni dopo il precedente. Undici episodi, compreso lo speciale pubblicato lo scorso Natale, che ampliano, in senso sia figurativo che letterale, la cerchia degli otto sensate originali: Lito, Sun, Capheus, Nomi, Will, Wolf, Kala e Riley.

Lana Wachowski scrive e dirige da sola questa stagione, orfana dell’aiuto della sorella Lilly, e riesce a regalare allo spettatore lo stesso coinvolgimento emotivo dei primi episodi della serie. E per fortuna, aggiungerei. Oggi è sempre più difficile scegliere la serie giusta con cui spendere quelle dieci/quindici ore della propria vita — Netflix, nello specifico, ci sta ingozzando fin troppo, anche con serie assolutamente mediocri. Ecco, Sense8 ripaga le aspettative sia di chi, in generale, cerca una serie emotiva che non ci faccia rimpiangere l’investimento in termini temporali, sia di chi proviene dalla prima stagione e cerca una naturale, e soprattutto coerente, prosecuzione della precedente.

In Sense8 la parola chiave è empatia. Ogni emozione è condivisa in polifonia e lo spettatore è coinvolto come il nono membro della cerchia dei sensate.

La sorella Wachowski lavora totalmente sul piano emotivo ed empatico, in un continuo gioco di connessioni e relazioni umane, lasciando i fatti a una mera cornice narrativa un po’ troppo spesso al limite della sospensione dell’incredulità. In pratica un approccio simile alla prima stagione, dove le storie degli otto sensate si impadronivano a turno del palcoscenico, esplorando le loro emozioni, le paure, gli ideali, scavando alla giusta profondità per capirli bene ed entrare in empatia con loro, a discapito di una trama orizzontale, a conti fatti pure un po’ banale, che non influenza mai sensibilmente i personaggi più della loro quotidianità.

Nella seconda stagione, particolarmente nella seconda metà, quest’affermazione viene smentita da un coinvolgimento sempre più forte dei sensate verso un nemico comune, la BPO e Whispers, definendo meglio la direzione della macrotrama, ma anche delineando con maggiore chiarezza terminologie e concetti della serie: approfondiamo quindi cosa significa appartenere ad una cerchia e come si possa entrare in risonanza tra componenti di altre cerchie; i sensate vengono definiti scientificamente come un nuovo stadio evolutivo dell’homo sapiens, ovvero l’homo sensorium. Insomma l’universo narrativo prende una sua forma più definita.

Però sarebbe sbagliato valutare la serie semplicemente sulla quantità di scene d’azione, sul climax raggiunto alla fine di una puntata o della stagione, perchè Sense8 è invece proiettato in una direzione più intima e introspettiva. È un manifesto della diversità, una visione d’insieme dell’umanità in tutte le sue variabili geografiche, razziali, sessuali e spirituali. In questa stagione poi in particolare, tale celebrazione è ancora più esplicita, ad esempio con le scene girate al (vero) Pride di San Paolo in Brasile. Ma anche con passaggi meno esplosivi come l’intervista a Lito e Capheus nei primi minuti della stagione, dove il potenziale stilistico della serie raggiunge la sua tipica e assoluta espressione da una semplice domanda: “Chi sei tu?” — sarebbe distruttivo descrivere i dettagli, vedetela e capirete perché.

Tirando le somme, Sense8 non vuole essere una serie perfetta, almeno dal punto di vista strettamente narrativo. Al contempo contiene otto tra i personaggi che probabilmente amerete di più in assoluto, non ci sono dubbi su questo — sempre se avete un cuore. La parola chiave è empatia. Lo spettatore si sente come il nono componente della cerchia dei sensate, a prescindere da quello che succede sullo schermo, dalle scelte controverse, dal luogo, dal colore o dall’orientamento sessuale del personaggio. Perché in Sense8 ogni emozione è condivisa in polifonia, sia una delusione di Lito che un combattimento di Sun, tutti la viviamo nella medesima intensità. L’intenzione è di farci sentire tutto, di trasmetterci un senso di appartenenza non verso una categoria differente o speciale, ma verso l’umanità intera, così da evolverci veramente nell’homo sensorium, una nuova specie umana capace di connettersi senza pregiudizi e discriminazioni. Ecco la forza di Sense8.

8.5

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Matteo Cinti
The Shelter

Vorrei dire di saper scrivere bene ma non posso. In compenso guardare serie tv e leggere fumetti mi riesce benissimo anche a testa in giù.