Shelter Sound: Speciale Oscar 2017

Matteo Novelli
The Shelter
Published in
7 min readFeb 26, 2017

Sono tante le categorie in cui si suddividono i premi più importanti dell’industria cinematografica americana. La gran parte di chi ascolta soltanto gli strilloni dei telegiornali viene a conoscenza del miglior film, della miglior attrice, del miglior attore. Eppure le categorie sono molte di più, e la maggior parte vertono sul lato tecnico. Di solito, sono le prime che vengono sacrificate durante la cerimonia degli Oscar, in attesa dei premi più importanti.

A metà tra il miglior missaggio sonoro, il miglior montaggio e i migliori effetti visivi si installa quella categoria spartiacque, che divide proprio il primo e il secondo tempo della serata: la miglior colonna sonora.
In Italia di solito, assicurarsi un Oscar alla miglior colonna sonora diventa un ottimo lascia passare per tutti i servizi e i video che vedremo in televisione nei prossimi 365 giorni. Vinci un Oscar? E io piazzo la tua colonna sonora in un RVM di un reality show. Lo scorso anno abbiamo assistito a un tributo al maestro Ennio Morricone, che con The Hateful Eight si è assicurato la preziosa statuetta.

I cinque nominati di quest’anno sorprendono per generazione — tolto Newman si tratta di una categoria dominata da trentenni — e per i film che hanno accompagnato con le loro musiche: diciamocelo, chi si sarebbe aspettato di trovare Passengers nella lista dei candidati? Forse giusto i folli sognatori di La La Land, la cui partitura è indubbiamente la favorita della cinquina.
Cliccate play sulla nostra selezione di brani da Oscar e vediamo insieme le colonne sonore candidate.

Perdersi e ritrovarsi: Lion di Dustin O’Halloran & Hauschka

La colonna sonora di Lion punta a un motivetto a piano composto da Hauschka (pianista tedesco di fama internazionale) e Dustin O’Halloran (statunitense, amante del piano anche lui e con alcuni brani rintracciabili per il cinema nel film Marie Antoniette di Sofia Coppola). A tratti questa partitura ricorda alcuni lavori di Ludovico Einaudi: pensiamo al brano principale, Lion Theme, e a tutti i suoi figli come River, Family. Nel mezzo, troviamo altri brani che ricordano vagamente l’horror, vedasi ad esempio Escape the Station e Train (Hauschka ha composto le musiche per The Boy).

C’è da notare una cosa importante, gran parte dell’impatto emotivo di Lion è debitore verso le musiche del film: le immagini, i fantasmi che tormentano il protagonista, i flashback e la descrizione di un’India povera e polverosa sono incentivati dalle musiche che sanno come strappare il magone dello spettatore. A chiudere il cerchio Arrival e Mother, che chiudono dove l’album aveva iniziato. Peccato per una canzone di Sia decisamente fuori luogo, marchetta ormai fissa di molte pellicole (solo nell’ultimo anno sono ben tre i titoli dove è presente un suo brano).

Traccia da Oscar: Memories

Lost in Space: Passengers di Thomas Newman

Il grande caso. Il grande smacco. Sì, non sono pochi ad aver storto il naso nel ritrovarsi questa colonna sonora candidata agli Oscar. Lo sdegno più grande arriva forse da chi, come il sottoscritto, è un grandissimo fan di Thomas Newman. Sì, perché il compositore statunitense (autore di perle come American Beauty, Alla ricerca di Nemo, Wall-E, la sigla di Six Feet Under) è uno dei panchinari più famosi agli Oscar. Nominato ben dodici volte, e non ha mai avuto occasione di stringere tra le mani una statuetta. Quindi quella di quest’anno è l’ennesimo invito a vuoto, per permettere a Newman di scaldare la poltroncina di velluto del Kodak Theatre. Amato dall’Academy ma non abbastanza.

Intendiamoci, la colonna sonora di Passengers non è nemmeno male, se non fosse un vago rimpasto delle sue partiture precedenti: questo difetto è intuibile in Command Ring, Precious Metals e l’Avalon Theme d’apertura. Spazio a fiati e percussioni di rito, con qualche momento più delicato in Starlit. Ma tutto sa di già visto, già sentito. Un peccato vedere questo album e non lavori che avrebbero meritato più attenzione, come The Neon Demon di Cliff Martinez e Arrival di Jòhann Jòhansson.

Traccia da Oscar: Spacewalk

L’eleganza degli archi: Jackie di Mica Levi

Mica Levi, anche nota con lo pseudonimo Micachu. Classe 1987, cantautrice e compositrice britannica, all’attivo nel mondo del cinema con due album. Uno di questi è Jackie, che si è ritrovato dritto dritto nella cinquina degli Oscar. Sostanzialmente si tratta di un album concentrato, di appena trentaquattro minuti di durata, in cui la compositrice lascia libero sfogo a un uso elegante e vagamente ossessivo degli archi. Ci aveva già abituato bene con la colonna sonora di Under the Skin, e in Jackie sono questi lunghi suoni a scandire il dramma e la tragedia: ripetuti, ossessivi, che non raggiungono mai la catarsi (Children, Lee Harvey Oswald e Walk to the Capitol). A questi suoni che evidenziano e mettono in primo piano il dramma interiore della vedova Kennedy si accompagnano le note basse e feroci di un piano, che percuote le corde dei violini in Autopsy e i tamburi da funerale di Stato di Graveyard (che fonde tutte le sonorità di cui abbiamo parlato).

Dei cinque è indubbiamente l’album più interessante, forse non indicato per la vittoria poiché dopotutto non si tratta sicuramente di un album memorabile. La sfida sullo stesso piano la offriva Nocturnal Animals di Abel Korzeniowski, confrontare per credere.

Traccia da Oscar: Vanity

Tre sfumature di nero: Moonlight di Nicholas Britell

Un album elegante e sorprendentemente aulico quello che Nicholas Britell compone per Moonlight. Si apre con una canzone di Boris Gardiner che è già tutto un programma: Every Nigger is a Star, fin troppo rassicurante e allegra per la partitura che verrà dopo. Divisa in tre parti, come il film, composta da tre temi differenti. Il primo è legato all’infanzia, con Little’s Theme ci appoggiamo già alle sonorità che accompagneranno i successivi quaranta minuti d’ascolto. Piano, violini, inizia lento questo album. Come il suo protagonista, inizia sussurrando per poi urlare. La prova è in The Middle of The World, in cui la parte dell’infanzia raggiunge il suo culmine per lasciare posto all’adolescenza di Chiron: al suo tema Britell ha dedicato maggior attenzione, è il segmento più importante e la variazione si fa leggera ma fondamentale. You don’t Even Know prolunga il tormento, con l’ausilio di tormentanti percussioni e quel sapore da strumenti appena accordati. L’apice della parentesi con cui Britell decide di raccontare la storia di Chiron è Black, l’ultima fase: l’evoluzione dei tre brani e la chiave con cui approcciarsi all’intero album, tre parti di un unico testo.

In generale, Britell si accosta in modo sicuro e completamente adeguato alle sonorità di Angelo Badalamenti, e per un ragazzo di poco più di trent’anni è un bel traguardo. La colonna sonora che non vincerà, ed è un gran peccato. Da segnalare anche la commovente Hello Stranger di Barbara Lewis e l’ipnotica musica riservata ai titoli di coda.

Traccia da Oscar: The Middle of the World

I folli che sognano: La La Land di Justin Hurwitz

Chiudiamo con il vincitore annunciato, il favorito, il cavallo vincente su cui puntare. Non ci sono dubbi, è questo l’album destinato a trionfare nella cinquina. La La Land è un musical, e come tutti i musical punta moltissimo sulla sua musica. La colonna sonora composta da Justin Hurwitz, di cui avevamo già apprezzato il talento dimostrato in Whiplash, ha un potere terrificante: ti entra in testa. La ascolti, e non ti lascia più. La canti e ricanti, la fischietti in fila alla posta e magari te la spari anche nel traffico cittadino: non si sa mai, magari un noioso ingorgo si trasforma in un allegro momento musicale. L’album si muove su tre piani, il motivetto lanciato in apertura da Another Day of Sun, che non ha paura di gridare all’ascoltatore il vortice musicale che lo travolgerà. Segue City of Stars, arrangiata e disseminata in vari momenti, mescolata e unita al tema di Mia e Sebastian. C’è poi spazio qui e là per le note che sentiremo in Audition di Emma Stone.

Un tornado di allegria e malinconia, che non si basa solo sulle canzoni ma lascia spazio anche alla sola partitura come nella sequenza finale. Con due brani in lizza anche nella categoria della miglior canzone c’è davvero poco da obiettare o aggiungere: La La Land si lancia nell’Olimpo delle colonne sonore, quelle che ricorderemo con un sorriso a distanza di anni.

Traccia da Oscar: Epilogue

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Matteo Novelli
The Shelter

Morbido dal 1991. Cresciuto in modo genuino grazie alla televisione, al videoregistratore, ai fumetti e al Game Boy. Say hi: novellimatteo509@gmail.com