Songbringer si avventura e si dimentica di se stesso

Federico Bortot
The Shelter
Published in
5 min readSep 25, 2017

Tra Dead Cells, Sundered, No Man’s Sky, un’espansione per Darkest Dungeon e una anche per il remake di The Binding of Isaac, sembra proprio che la generazione procedurale sia ormai sdoganata e, anzi, sembra essere la caratteristica più pubblicizzata dei titoli degli ultimi tempi. Anche Songbringer adotta questa generazione di contenuti, applicandola alla struttura dei classici The Legend of Zelda.

Songbringer, sviluppato in solitudine da Nathanael Weiss (come testimoniato passo passo su YouTube), ci mette nei panni dell’esploratore interplanetario Roq, precipitato su un pianeta sconosciuto in seguito a una tempesta di fulmini che ha danneggiato la sua navicella. La visuale a volo d’uccello, la mappa organizzata in quadri e la prima spada (rigorosamente trovata in una caverna) vi faranno sentire dei novelli Link spaziali. Uno degli aspetti tipici della saga Nintendo che ritroviamo anche in Songbringer è la libertà di esplorazione, scandita dal rinvenimento di nuovo equipaggiamento.

Una chiara citazione al primissimo Legend of Zelda.

All'inizio ammetto che è difficile farsi rapire: i movimenti lenti, i nemici che sembrano eccessivamente ardui per il nostro eroe, la mappa così oscura e ostile… Ma basterà prendere confidenza con le abilità Roq per farci assorbire da Songbringer. Mano a mano che si avanza, infatti, si sbloccano nuove armi e poteri, come un breve teletrasporto, le classiche bombe o un cappello/boomerang, che andranno poi ulteriormente potenziati con effetti elementali rinvenuti nei vari dungeon. Insomma, la classica struttura alla The Legend of Zelda. Eppure, malgrado non sia nuova, funziona alla grande: trovare un oggetto ci farà spesso dire “Urca! Chissà quale nuovo passaggio mi potrò aprire stavolta! Forse là! Oppure lì!”. La mappa compatta e ben concentrata alleggerisce il backtracking, nascondendo comunque segreti e particolarità in quasi ogni quadro.

La narrazione del passato assume tinte in bianco e nero.

Il titolo, come già detto, ci mette un po’ a ingranare, ma una volta a disposizione un po’ di armi e poteri sarà uno spasso affettare e sbudellare tutti i vari nemici. Con i potenziamenti elementali, legati a fuoco/ghiaccio/acido/fulmini/paura, è possibile fornire alle armi effetti aggiuntivi, utili tanto in battaglia quanto nell'esplorazione. Il mio cilindro/boomerang con acido lasciava una scia corrosiva a terra così da fare ulteriori danni, e nel contempo mi permetteva di abbattere degli ostacoli sul cammino; il dispositivo di teletrasporto, utile per veloci schivate, congelava non solo i nemici intorno al mio punto di arrivo, ma anche le pozze d’acqua, così da crearmi nuovi percorsi. Le combinazioni sono libere (potrete ad esempio mettere l’acido sulla spada, per menare fendenti caustici) e per fortuna ognuna di esse ci permetterà di esplorare liberamente, senza minare il nostro avanzamento a causa di una combinazione sfortunata. Un’interessante meccanica aggiunta è quella della meditazione: se usata in determinati quadri ci aiuterà ad aprire passaggi segreti, a scoprire notizie sul passato e ad attivare alcuni interruttori.

All’inizio è difficile farsi rapire, ma basterà prendere confidenza con il nostro Roq per cambiare idea

La componente roguelike, che rappresenta uno dei punti di forza e su cui fa leva la pubblicità del prodotto, è in verità la meno rilevante, e un poco spiace. Questo perché Songbringer genera un mondo e i relativi dungeon all'inizio di ogni partita: basterà inserire il seed di sei lettere per influenzarne la generazione, e la nostra avventura inizierà. Per portare a termine il titolo e affrontare il boss finale ci vorrà poco meno di una decina d’ore, ma se non siete completisti potreste portare a casa la pelle in appena sei. Una volta conclusa l’avventura sarà possibile cominciarne una nuova, con un nuovo seed e con un layout della mappa completamente diverso dal precedente, ma la vera domanda è… perché farlo? Una volta conclusa la nostra prima avventura, dopo aver esplorato una decina di dungeon diversi ed aver affrontato altrettanti boss, ben poco resta da fare di nuovo. Certo, si potrebbero provare nuove combinazioni di armi/elementi, ma non si tratta di una svolta tale nel gameplay da giustificarne un inizio da zero. Soprattutto dal momento che l’inizio è proprio la parte più fiacca dell’avventura. Per i puristi del genere è disponibile l’opzione di permadeath, che cancellerà il nostro salvataggio qualora dovessimo incorrere in morte prematura. Questa soluzione potrebbe anche dare più senso alla componente roguelike, anche se i ritmi di Songbringer sono molto più dilatati rispetto alla tipica esperienza del genere.

Una nuova puntata di “Where is Waldo?”

Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, Songbringer abbraccia una piacevole pixel art abbastanza “deformed”, sulla falsa riga di Superbrothers: Sword & Sworcery, ma soffre soprattutto nei momenti di ressa. Nei quadri con un gran numero di nemici, o contro i boss più caotici, capiterà spesso di perdere di vista Roq: alcune volte sarà coperto da altri sprite più grandi, altre volte il suo stesso sprite non risulterà in sufficiente contrasto ottico con i dintorni da renderlo riconoscibile. I nemici sono tutti ben caratterizzati, con movimenti e attacchi differenti, anche se talvolta non sono immediatamente distinguibili dallo sfondo, sempre per lo stesso problema di contrasto ottico. Songbringer soffre anche nelle zone più scure, che non mancano e saranno comunque numerose, soprattutto per la carenza di un adeguato sistema di illuminazione; mi ha stupito l’assenza di una torcia tra i vari poteri da rinvenire. L’accompagnamento sonoro è abbastanza anonimo, anche se in alcuni dungeon il sottofondo mi ha ricordato pesantemente le mie lunghe sessioni a Terraria. I controlli rispondono ottimamente e non mi sono mai ritrovato a morire per colpa di un comando non registrato o ritardato: Roq si controlla che è un piacere.

Meditate gente, meditate!

In conclusione, Songbringer è un gioco divertente, ma non per quello che sembra: dice di essere un roguelike, ma la parte procedurale difficilmente sarà rilevante (a meno che vi cimentiate con la permadeath). La prima oretta di gioco risulterà legnosa e faticherà a ingranare, ma una volta raccolti un paio di oggetti non vedrete l’ora di esplorare altri quadri e dungeon. Non mancano certamente i segreti, nascosti anche nei posti più impensabili, e la loro scoperta è parte del divertimento. L’esperienza di Songbringer è essenziale: esplorare un mondo ostile e scoprirlo poco a poco, e saranno i momenti “Eureka!”a darci le maggiori soddisfazioni. Pertanto il mio suggerimento è: se cercate disperatamente un roguelike duro e puro lasciate perdere, ma se cercate un titolo immediato e divertente, con meccaniche semplici ma solide, allora non lasciatevelo scappare! Potete trovarlo per PC su Steam, Humble Bundle o GOG.com, altrimenti se siete consolari sul PlayStation Store e sul Microsoft Store. Buona esplorazione a tutti!

Ho giocato a Songbringer su PC, grazie a un codice gentilmente mandato dallo sviluppatore. Il titolo gira fluidamente, anche visti i requisiti decisamente bassi.

7

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