SYNTHETIK mi ha fatto riscoprire l’amore per gli sparatutto

Aurelio Maglione
The Shelter
Published in
5 min readApr 17, 2018

Potrà sembrare un paradosso, ma pur adorando i twin stick shooter, tendo a mollarli dopo appena una manciata d’ore. Fare strage di orde sempre più nutrite di ometti pixelosi è uno dei miei guilty pleasure preferiti, ma dopo aver visto i titoli di coda per me è finità lì. Sarò onesto, riuscire a migliorare il mio punteggio mi interessa poco. Dopo aver dimostrato di essere abbastanza abile da superare una sfida voglio passare alla successiva, ripeterla fino alla nausea per completarla in modo perfetto non fa per me.

Viste queste premesse, potete immaginare perché sono rimasto intrigato da SYNTHETIK (scritto tutto maiuscolo, come DOOM). Sulla carta lo sparacchino di Flow Fire Games — complice l’introduzione di alcuni elementi tipici dei roguelite e l’impronta pseudorealistica del gunplay — promette di aggiungere quel pizzico di varietà indispensabile a tenere vivo l’interesse di chi, come me, non si entusiasma all'idea di provare a scalare le leaderboard. Non che manchino, sia chiaro, ma il loro ruolo non è centrale come in un Geometry Wars a caso.

La veste grafica ricorda i vecchi shmup di Mountain King Studios, una scelta decisamente peculiare.

Il rovescio della medaglia è costituito dalla perdita di quell'immediatezza che da sempre caratterizza il genere e lo rende un passatempo così assuefacente. Per i twin stick shooter vale lo stesso discorso che Nolan Bushnell — lo storico fondatore di Atari — fa per gli arcade quando afferma che i migliori titoli sono quelli “easy to learn, hard to master”. Prendiamo il già citato Geometry Wars. Il sistema di controllo è così basilare che chiunque potrebbe padroneggiarlo all'istante; l’obiettivo estremamente chiaro (sopravvivere il più a lungo possibile); le regole semplici al punto da risultare autoesplicative. Eppure, capire quali siano le strategie più efficaci per sfuggire ai nemici ed eseguire combo sempre più lunghe non è affatto banale, per non parlare di quanto sia complesso metterle in pratica.

In SYNTHETIK le cose si fanno difficili da subito. All'inizio di una nuova partita ci vengono forniti in dotazione soltanto una pistola dalla potenza di fuoco risibile e una manciata di proiettili. Come se non bastasse, ricaricare non è un procedimento automatico. Espellere il caricatore e inserire le pallottole al suo interno richiede la pressione di due tasti distinti, portando via una quantità di tempo non trascurabile. Riuscire a eseguire questa operazione nel modo più rapido possibile è soltanto il primo passo verso il successo.

L’interfaccia grafica a volte è fin troppo confusionaria, oltre a non risultare particolarmente ispirata.

La scarsezza di armi e munizioni rappresenta una preoccupazione costante durante la nostra avventura, imponendoci di non sprecare nemmeno un colpo. D’altro canto, effettuando un headshot è possibile eliminare gli avversari all'istante: affinare la mira è un imperativo categorico sin dalle prime fasi. In secundis, è necessario imparare a fare fuoco con la giusta cadenza, in caso contrario le armi possono surriscaldarsi o incepparsi, facendoci perdere istanti vitali. Dulcis in fundo, il ritmo dell’azione è così incalzante che risulta pressoché impossibile valutare con freddezza quale sia l’approccio migliore ai vari scontri. Una situazione idilliaca, nevvero?

All the best games are easy to learn and difficult to master. They should reward the first quarter and the hundredth.

Non vi nascondo che a causa di questa complessità di fondo, muovere i primi passi all'interno di SYNTHETIK è stato piuttosto straniante. Diversamente da quanto accade con i twin stick shooter più classici, non ci si può nemmeno affidare alla memorizzazione della struttura dei livelli e dei pattern di attacco dei nemici. Ricordiamoci che siamo di fronte a un roguelite, qui le mappe vengono generate casualmente a ogni nuova partita. Sulla stessa falsariga, non è possibile salvare i propri progressi. Una caratteristica che potrebbe infastidire i più, visto che per giungere al boss finale possono essere necessari anche oltre novanta minuti; non poi così tanti, ma abbastanza per poter far riconsiderare l’acquisto a chi poco tempo da dedicare al secondo hobby più bello del mondo. Infine, bisogna fare i conti con lo spettro del permadeath (una volta esauriti i punti vita si incappa senza appello nel “game over”), croce e delizia di tutti i fan del genere.

SYNTHETIK può essere giocato in co-op da due utenti sia online che in locale.

Ormai avrete intuito che muovere questi maledetti primi passi non è affatto semplice. Inoltre, l’interfaccia confusionaria, l’estetica non particolarmente ispirata e la scarsa precisione del sistema di controllo (almeno utilizzando un pad) hanno contribuito ad acuire ancora di più la mia iniziale frustrazione. Tuttavia, basta avere la pazienza di apprendere i rudimenti del gioco per apprezzarne la profondità e iniziare a divertirsi davvero. Per dovere di cronaca vi segnalo che si può agire su una serie di modificatori per abbassare il livello di difficoltà complessivo (si può persino automatizzare la ricarica delle armi), ma così facendo il titolo perde la sua caratteristiche peculiari.

Sarebbe un delitto privarsi del piacere di affrontare un’esperienza così gratificante perché intimoriti dalle sue asperità. SYNTHETIK non è rifinito quanto una produzione tripla A (o come certi “indie” ad alto budget), ma si fa perdonare grazie alla bontà delle sue idee e alla presenza di feature graditissime come la co-op online e in locale. Ciliegina sulla torta, gli sviluppatori stanno garantendo un supporto ineccepibile alla propria creatura, ascoltando con attenzione i feedback degli utenti e pubblicando aggiornamenti con una buona frequenza. Per i soli quindici paperdollari necessari per acquistare SYNTHETIK su Steam non si può chiedere di più.

Ho affinato le mie abilità da esploditore di persone grazie a un codice gentilmente offerto dagli sviluppatori.

8

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