John Carpenter, il signore del male, e la sua influenza sui videogiochi

Fabio Di Felice
The Shelter
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6 min readOct 22, 2012

Lo so quello che state pensando: Fabio scrive sempre di artisti horror, e avete pure moderatamente ragione. Però non è nemmeno colpa mia se questa gente è la fonte d’ispirazione più evidente nel mondo dei videogiochi. Se i titoli dell’orrore hanno un background decisamente più curato (ed è anche normale visto che sono quelli che ne hanno più bisogno) e delle idee di fondo che ci sembrano intriganti, lo dobbiamo a questi signori qui.

John Carpenter è uno di quei registi che hanno fatto la storia. Anche vero che John Carpenter è una di quelle persone che vengono fuori una volta ogni mille anni e hanno uno spiccato talento per tutto ciò che concerne la produzione di un film: dalla regia alla sceneggiatura, passando per il montaggio e la composizione della colonna sonora. Un genio, sarebbe da dire, senza sbagliare il tiro.

“C’è stato un incidente: circa un’ora fa un piccolo jet è precipitato nel centro di New York, c’era a bordo il Presidente.”
“Presidente di che?”
1997: Fuga da New York

Carpenter è un regista visionario. I suoi film contengono una critica feroce alla società capitalista americana, presentano sempre una visione cinica e quasi distopica del mondo ed eroi (o meglio anti-eroi) di estrazione proletaria. La sua visione della società non è mai positiva, sin dagli inizi di Dark Star, nel quale la bomba senziente rappresenta il desiderio di distruzione della razza umana, e sopratutto con Distretto 13: le brigate della morte, precursore di quello che sarà lo stile in molte sue pellicole: l’assalto al luogo sicuro.

Carpenter dà poi vita al genere slasher, col capolavoro Halloween — La notte delle streghe e, dopo Fog, firma due dei suoi capolavori: 1997: Fuga da New York e La Cosa. Nel primo raggiunge l’apice della sua critica alla società (critica che forse verrà superata solo dal sequel/remake Fuga da Los Angeles e dall’altro capolavoro del regista, Essi Vivono), rappresentando gli Stati Uniti d’America come una vera e propria nazione distopica, nella quale New York viene trasformata in una prigione a cielo aperto. Il secondo è semplicemente uno dei film di fantascienza più belli di sempre, nel quale Carpenter esplora un altro dei temi che gli sono tanto cari: il rapporto col diverso, con l’alieno.

Impossibile poi non citare Grosso guaio a Chinatown, che ha dato vita al personaggio mitico e sbruffone di Jack Burton, e altre tre pietre miliari della sua filmografia: Il signore del male, Il seme della follia ed Essi Vivono. Tre capolavori: il primo è un chiaro attacco alla chiesa cristiana, il secondo riprende tinte lovecraftiane, presentando la figura di uno scrittore talmente influente da aver reso reali le sue invenzioni; e l’ultimo che, Roddy Piper a parte, è la visione geniale di una realtà distorta dai media e dalla pubblicità.

John Carpenter, con i suoi lavori, ha influenzato un mucchio di videogiochi. È possibile riscontrare delle citazioni minori persino in titoli insospettabili come Duke Nukem. Il Duca, ispirato al personaggio ipertrofico e idiota di Jack Burton, si concede anche una citazione letterale dal protagonista di Essi Vivono. Nella pellicola di Carpenter, Roddy Piper dice l’ormai iconica battuta: “I have come here to chew bubblegum and kick ass… and I’m all out of bubblegum”. La versione del Duca è appena differente, e suona come: “It’s time to kick ass and chew bubble gum, and I’m all out of gum”.

Inutile tornare poi per l’ennesima volta su due nomi ricorrenti di questi approfondimenti: Silent Hill e Alan Wake pescano più o meno apertamente da The Fog e Il seme della follia, mentre la citazione di Mortal Kombat al Raiden di Grosso guaio a Chinatown è lampante. D’altronde, Carpenter stesso è un amante dei videogiochi: afferma di essere rimasto incredibilmente impressionato da F.E.A.R.. I due suoi film che più hanno influenzato i mondi videoludici rimangono però La Cosa e 1997: Fuga da New York.

De La Cosa è stato realizzato anche un videogame ufficiale, ma preferiamo fare finta di nulla per l’incolumità di tutti. Il primo gioco che mi viene in mente parlando del film è, senza ombra di dubbio, Extermination, videogioco per PlayStation 2 che, così a naso, devo aver giocato solo io. Il discorso alla base del gioco, comunque, è quello che muove l’intera pellicola: una creatura aliena si manifesta sulla nostra roccia, e gli esseri umani si sentono in dovere di indicargli la strada di casa. Per tutta risposta (o forse giusto per sopravvivere), l’alieno si ribella e comincia a infettare gli esseri umani. Oltre all’ambientazione lassù nei ghiacci perenni, il gioco presenta anche una colonna sonora che scimmiotta paurosamente quella che Ennio Morricone compose per il film. Ho ricordi molto confusi del gioco, d’altronde ero piccolo e avevo il terrore più assoluto degli esserini vermiformi che si attaccavano alla faccia del protagonista (una fobia ereditata in pieno da Alien per cui vorrei ringraziare Ridley Scott), ma lo ricordo piacevolmente.

Discorso molto simile per Dead Space, tranne per il fatto che i ricordi sono meno sbiaditi e ancora più positivi. Per quanto mi riguarda, Dead Space è, fuori da alcun dubbio, il miglior survival horror della sua generazione. Anche qui ritroviamo il contatto con una intelligenza aliena (il Marchio) in grado di trasformare gli umani in mostri orrendi e deformi dagli arti uncinati. Il design dei nemici è fortemente ricalcato sull’aspetto che la Cosa carpenteriana assume durante la pellicola. L’ambientazione spaziale assicura una forte differenziazione nel setting del gioco, ma la fonte d’ispirazione per le creature è evidentissima.

Così come è evidente il richiamo tra Snake Plissken (in Italia maldestramente adattato in “Jena”, nonostante l’enorme tatuaggio sul petto di Kurt Russel, per meri motivi di lip sync) e i parenti serpenti di Hideo Kojima. Veterano di guerra, ribelle, una sorta di leggenda, lo Snake Plissken di Fuga da New York viene inviato a salvare il presidente, mentre una malattia iniettatagli dal governo lo consuma e gli pone una spada di Damocle sulla testa. Se tutto questo ancora non dovesse ricordarvi Metal Gear Solid, non dimenticate la benda sull’occhio di Big Boss. E, se proprio ancora niente, fate caso che nel secondo capitolo per PlayStation 2, uno Snake sotto copertura si fa chiamare Iroquois Plissken.

Il mondo del videogioco deve molto a John Carpenter, alla sua immaginazione lovecraftiana, ai suoi temi e alla sua poetica. Servirebbero game designer che, come Kojima, prendessero ispirazione più spesso da maestri del genere: forse, solo allora giocheremmo davvero con storie adulte e interessanti. O forse la cosa sfuggirebbe dal controllo e finiremmo “in un puttanaio cervellotico di nanomacchine e vampiri ballerini” (tanto per citare l’amico Davide). Sicuramente, giocare sarebbe più interessante, forse meno asservito a un meccanismo spietato che svilisce l’idea di gioco un sequel dopo l’altro.

Film consigliati:

Distretto 13: le brigate della morte
Halloween — La notte delle streghe
1997: Fuga da New York
La cosa
Il signore del male
Essi vivono
Il seme della follia
Cigarette Burns

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Fabio Di Felice
The Shelter

Qualche giorno fa ho pensato “dovrei proprio cambiare la bio del profilo” e poi eccoci qua: non avevo idea di cosa scriverci.