Wonder Woman è la rinascita dell’universo cinematografico DC

Matteo Cinti
The Shelter
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4 min readMay 30, 2017

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Un anno fa, maggio 2016: la DC Comics avvia un progetto di Rinascita per le proprie testate a fumetti (qui è cominciata a gennaio), con l’obiettivo di rinvigorire tutti i personaggi dell’etichetta. Un anno dopo, Wonder Woman arriva per la prima volta al cinema e sembra voler avviare anche lei una rinascita, stavolta dell’universo cinematografico della DC; ce lo suggerisce da subito la nuova fiammante animazione del logo che precede il film. Perché, diciamocelo, lo scorso anno — quello che doveva in qualche modo far decollare il DCEU — ha visto protagonisti due film che non sono neanche lontanamente riusciti nell’impresa di stupire gli spettatori dei cinecomics, soprattutto dopo quasi dieci anni in cui i Marvel Studios hanno gestito e letteralmente ridefinito il genere.

Forse possiamo perdonare Batman v Superman, che quantomeno non pecca di audacia e nella versione estesa riesce a tappare qualche ingenuità del taglio cinematografico. Nessuna pietà per Suicide Squad invece, un disastro fuori controllo, fatto di cambi di sceneggiatura, tagli, cerotti e personaggi assolutamente privi di qualsivoglia fascino. A salvare questa situazione drammatica arrivano Patty Jenkins e Geoff Johns, rispettivamente alla regia e alla sceneggiatura di Wonder Woman.

Il costume del film riprende in gran parte il restyling dell’era del Rebirth.

Consci che lo stile narrativo di Snyder, carico di allegorie e richiami all’iconicità dei supereroi su carta, non funziona come dovrebbe al cinema, il team che ha costruito Wonder Woman si è allontanato drasticamente da quelle atmosfere, navigando in acque più tranquille, cercando di non uscire mai dalla comfort-zone. Il film è un lungo flashback che ripercorre le origini dell’amazzone, quindi di fatto un prequel, che pur arricchendo la caratterizzazione di Diana non mette in discussione nessuno degli eventi futuri, né genera un qualsiasi evento che possa influenzare in modo significativo l’attuale status del DCEU. Una scelta che è sintomo di enorme cautela e che, nell’economia del film, si è rivelata assolutamente vincente.

Inoltre la plasticità del supereroe non influisce sul ritmo: più che la ricerca di un richiamo iconografico (una posa o una cover celebre del personaggio) la Jenkins punta al dinamismo delle scene d’azione, focalizzandosi di tanto in tanto sulle pose eroiche ma senza esagerare. E poi, all’entrata in scena col tema musicale di Junkie XL, ereditato da Batman v Superman, è impossibile non fomentarsi. Ne viene fuori quindi un film che torna allo storytelling classico dei cinecomics, quello che, dobbiamo ribadirlo, è stato definito dalla concorrenza. Un formato sicuramente non innovativo ma quanto meno sicuro e, come già detto, confortevole, che probabilmente piacerà molto al pubblico.

Considerando la pulizia sia tecnica che narrativa, Wonder Woman è al momento il miglior film del DCEU, senza dubbio.

Appare evidente quindi che, prima ancora di Justice League questo autunno, è Wonder Woman a sobbarcarsi il peso di gestire il rilancio della DC al cinema, attraverso un film che finalmente non si perde in sé stesso e vuole raccontare una morale ben precisa, in una sua dimensione specifica e onesta. Considerando la pulizia sia tecnica che narrativa, Wonder Woman è al momento il miglior film del DCEU, senza dubbio. E il merito non è solo di Patty Jenkins (già regista dell’acclamato Monster) o di Geoff Johns (attuale direttore creativo nonché sceneggiatore di decine di testate della DC), ma anche dell’interpretazione riuscitissima di Gal Gadot. L’attrice israeliana veste i panni dell’amazzone con inaspettata naturalezza: è un ruolo in cui si muove perfettamente, dando ancora più potere intrattenitivo al film. Gal è già pronta a rubare la scena alla secolare Lynda Carter, per le nuove generazioni.

In definitiva Wonder Woman è un film che vuole piacere al suo pubblico, e nonostante qualche ingenuità evitabile (penso a qualche ralenti di troppo o a spostamenti dei protagonisti un po’ forzati) si posiziona tra i più significativi del genere, per la sua valenza simbolica e morale. Ho particolarmente apprezzato le riflessioni sulla guerra, una tematica che interessa tutto il film e che ogni tanto richiamava alla memoria il primo Captain America — ma con un punto di vista totalmente differente e più impegnato. Settantacinque anni di storia e ancora abbiamo bisogno di supereroi come Diana Prince per salvare le nostre anime dai conflitti. Peccato che sia solo un film.

8,5

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Matteo Cinti
The Shelter

Vorrei dire di saper scrivere bene ma non posso. In compenso guardare serie tv e leggere fumetti mi riesce benissimo anche a testa in giù.