Ricette per quando fa troppo freddo e abbracciarsi non serve a niente
L'idea nasce da palle di forse ruminate in silenzio e risputate contro il muro dei tuoi occhi. Spalmate a mani nude in fretta e furia, inseguendo un istinto, e colorate quanto basta perché tu ti convinca che possano lievitare come una cosa sola.
Così è l'amore, o quella cosa che assomiglia a una palla di forse incandescente capace di autorigenerarsi dentro lo stomaco dopo averci giocato a lungo. Oppure sempre pronta a scartare e a sorprenderti, inaridendosi di colpo come un'estate atomica.
E così è anche il tempo che non abbiamo mai, mantecato in una lunga treccia di giorni avvolta a palle di forse arrugginite, abili a tintinnare al primo impercettibile sussulto e a sollevarsi all'unisono mutando in specchio. Per ricordarci quello che siamo, ma soprattutto quello che non siamo mai stati.
Così infine è la musica nella sua natura primigenia. Una pioggia di palle di forse amalgamata con logica, e sbriciolata nel tuo petto come uno sciame ingordo al quale conviene sempre aprire il cuore e tutto il resto.
E così, a ben guardare, è questa cosa che chiamiamo vita. Palle di forse colanti che ruminiamo, amalgamiamo e assembliamo in cumuli denaturati prima che si raffreddino e diventino pietra. E che ogni tanto ci fermiamo a guardare per vedere se dentro si muove ancora qualcosa.
L'altro giorno mio figlio mi ha lanciato una palla di forse. Non gli ho detto l'effetto che ha avuto su di me. Ho fatto finta di nulla
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