Una nuova Assemblea Costituente

La proposta dell’ex candidato a Milano tra suggestioni e utopie

Luca F.
the Third Way
3 min readAug 15, 2016

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Parisi durante la campagna elettorale di Milano 2016

Leggo Parisi prima su Linkiesta e poi su Repubblica e penso: sarò mica diventato parisiano? Il dubbio mi sorge spontaneo perché sulla riforma costituzionale il manager romano la pensa in maniera molto simile a come la penso io.

Nella sua testa la riforma dovrebbe essere principalmente composta da tre elementi: 1) il rafforzamento del Presidente del Consiglio, 2) la stabilità del Governo e 3) il superamento del bicameralismo paritario. Questi tre punti rappresentano effettivamente ciò di cui un Paese rimasto per anni immobile come l’Italia ha bisogno per diventare una democrazia moderna, ma nella sua testa ciò non sarà possibile ottenerlo con la vittoria del nel prossimo autunno, nonostante Renzi sostenga esattamente il contrario.

Tale critica mi vede d’accordo, soprattutto quando Parisi evidenzia come il DDL Boschi non rafforzi in maniera coraggiosa il ruolo del Premier — argomento paradossalemente utilizzato dai sostenitori del a difesa della stessa riforma — , quando ritiene che non sia rafforzata la stabilità in maniera efficace, e quando al nuovo Senato delle avrebbe preferito un Senato delle Regioni stile Bundesrat.

Ma nelle parole di Parisi, la cosa più interessante è il metodo che suggerisce di adottare per arrivare a una vera e propria riforma della Costituzione: eleggere un’Assemblea Costituente di 100 membri, slegata da Governo e Camera dei Deputati, che in due anni elabori un testo da sottoporre — eventualmente — a un nuovo Referendum. In questo modo si dovrebbe ottenere, da un lato, una riforma davvero condivisa, dall’altro un elettorato davvero informato.

“Ogni forza politica darà un mandato specifico ai propri costituenti: ci saranno quelli per il premierato e quelli per il presidenzialismo, quelli che vogliono due camere o quelli per cui ne basta una. La gente voterà sulla base di un progetto.”

All’ex candidato sindaco di Milano va riconosciuta una posizione molto diversa da quella della Resistenza Antirenziana (il famoso TTR) schierata per il No. E ciò non può che essere un bene. Eppure la sua posizione sfiora l’utopia.

L’idea di un’Assemblea Costituente è affascinante, ma nella realtà italiana — immersa di populismo e tifo da stadio — rischierebbe di non vedersi mai riconosciuto quel ruolo nobile che fu riconosciuto a quella del 1946. È difficile pensare che, eleggendo contestualmente anche la Camera dei Deputati, il cittadino voti sulla base di un progetto istituzionale su una scheda e sulla base di un progetto politico su di un’altra scheda. Così come bisognerebbe essere dei grandi visionari per immaginare un’Assemblea composta da una trentina di costituenti democrats, una trentina di costituenti stellati, una dozzina di costituenti leghisti, una di costituenti azzurri, che riesca in due anni a mettersi d’accordo anche solo su un comma di sette parole.

La composizione ipotetica dell’Assemblea Costituente (Sondaggio: Istituto Piepoli 04/08/2016)

Tentativi di pseudo-assemblee costituenti ne abbiamo avuti molti in passato, e nessuno di questi esempi ha avuto un lieto fine. È vero: l’Italia avrebbe bisogno di fare cinque passi avanti, e con la riforma targata Renzi ne farebbe probabilmente soltanto tre.

Tre passi anziché cinque perché proporre un cambiamento è una cosa, realizzarlo è un’altra cosa. Renzi è stato accusato di voler distruggere la democrazia, figuriamoci le grida se avesse rafforzato fortemente il ruolo del Presidente del Consiglio, o modificato il rapporto tra Governo e Parlamento sbilanciandolo di molto a favore del primo (e a ben guardare, nella sua prima versione, il Senato era molto simile al Bundesrat, ma il probabile e futuro partito di Parisi si oppose fortemente).

Tre passi. Che sono peggio di cinque. Ma sono molto, molto, molto meglio di zero.

“Riformismo non è prospettare il sol dell’avvenire, ma cambiare la vita della gente” — L.Berlinguer

@LucaFerrariTW

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Luca F.
the Third Way

'It's hell when you first make the changes, but afterwards you wish you'd made more of them'