L’ultima signora del maniero

Manuela Bonfanti Bozzini
The Travelogue
Published in
4 min readNov 16, 2021

Lussemburgo, ottobre 2021

Castello di Bourscheid

Il castello, adagiato da centinaia di anni su uno sperone roccioso, scruta le case della povera gente con aria supponente. In basso, lungo la strada che si snoda fino a lui, una serie di abitazioni abbraccia il suo imponente padrone, restando al suo servizio con cibo, tessuti, oggetti e manodopera a basso costo. Lui, castello tra i molti del Granducato, vive riccamente, confortevolmente, spensieratamente, grazie al villaggio sottostante. Rapporti di potere che esistono da sempre. E perdurano.

Castello di Vianden

Aggirandomi nelle viuzze di uno dei villaggi medievali del Granducato del Lussemburgo, l’atmosfera di quell’epoca mi appare, prepotente, soprattutto nei giorni grigi e nebbiosi di inizio autunno, quando le foglie tingono le foreste con una paletta di magnifici colori. La nebbia risale, lenta, dai corsi d’acqua. A Vianden è l’Our. A Esch, il Sûre. A sud-est, la Mosella che segna il confine con la Germania. L’aria serale di fine ottobre, per quanto tiepida, diventa più pungente. E tuttavia, il giorno seguente il sole splende e le case di Vianden paiono specchiarsi nell’Our, sovrastate dall’imponente maniero costruito tra l’XI e il XIV secolo.

I castelli lussemburghesi sono molti, per una regione tanto piccola. E sono i testimoni di un’epoca che, a volte, sfiora quella moderna. Come a Beaufort. Le tracce dell’occupazione svaniranno a poco a poco, poiché è vuoto solo da nove anni. Colpisce il contrasto tra la parte medievale e renaissance. Della prima, soltanto alcuni splendidi resti, ancora evocatori.

I resti del castello medievale di Beaufort

Accanto, l’edificio rinascimentale eretto dal governatore Jean de Beck a partire dal 1643. Alle finestre del lato occupato dalle donne, le inferriate implicano protezione, ma forse anche prigionia.

Gli edifici renaissance di Beaufort, con le inferriate ad alcune finestre

Sarà stata una vita migliore delle serve che lavorano al castello, migliore delle operaie che abitano i quartieri bassi? Certamente sì, sotto molti aspetti. Mentre le signore si dedicavano ai ricami, allo studio o alla musica, le operaie fornivano pane o altri prodotti, la servitù preparava stanze e banchetti. In una sera d’ottobre di secoli fa, una sera esattamente come questa, in cucina fervevano le attività. Il ricevimento che inaugurava la vita al castello stava per iniziare. Ed ecco, prima di servire a tavola, appendere la catena del focolare — la crémaillère — l’ultimo elemento della cucina, che permetteva di cuocere ad altezze diverse il cibo. Tradizione che è rimasta ancor oggi nella lingua francese: la pendaison de la crémaillère è la festa di inaugurazione di una nuova abitazione.

La crémaillère, utilizzata per sospendere le pentole

Da quel giorno, quanti pasti consumati nelle ampie sale! A Beaufort si protrassero fin nel 2012, quando la padrona dei luoghi, a novantasei anni, ancora mangiava nella sala da pranzo dopo che l’inserviente era partita. Guardo la foto dell’ultima occupante del castello, una bella donna che faceva ben più giovane della sua età. Ha trascorso lunghi anni qui dentro, sola dopo la morte del marito. La porta di entrata della sua camera da letto è doppia perché, quando era chiusa quella interna, la servitù non potesse più entrare. Al castello, nessuno ebbe mai bisogno di sfondare quella porta per portarle soccorso. Dove spirò, dunque, l’ultima signora di Beaufort? Io me la immagino esalare l’ultimo respiro sulla sua meravigliosa terrazza, o davanti allo scrittoio, mentre ammirava il paesaggio. Una lunga vita nella quale, libera da impegni, deve aver respirato aria di libertà. Mi chiedo se ha percorso le strade del suo paese… ammirato le colline, i castelli, i prati… parlato con la gente comune, quella delle case in basso, che le mura della sua dimora tenevano certamente lontane.

Nel castello di Beaufort

Il suo volto sereno e buono mi fa pensare di sì. Ma, forse, questa è solo l’ennesima favola nella quale vorrei credere.

The Travelogue è una rivista on line curata da scrittori e scrittrici che viaggiano, alla ricerca di spunti, suggestioni, emozioni da trasformare in storie. Il viaggio per noi è una fonte di ispirazione, uno strumento per allargare i confini delle nostre vite, una scusa buona per inventare una nuova storia. La scrittura per noi è una necessità.

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Manuela Bonfanti Bozzini
The Travelogue

scrittrice e esploratrice — autrice di Ladra di memorie, Punti e interrogativi, La lettera G, Ladakh&Rupshu e blog Voci dal silenzio. FB manuelabonfantiautrice