No (wo)man is an island

Manuela Bonfanti Bozzini
The Travelogue
Published in
5 min readAug 12, 2017

Azzorre, Isola di Sao Miguel, luglio 2017

L’imperdibile Lagoa do Fogo

La spiaggia non è che un breve lembo di rena grigia, lambita dalle onde dell’oceano. La giornata, nuvolosa, lascia spazio a lunghe tregue di sole e non scoraggia i bagnanti, abituati sia alle acque fresche che al clima tiepido delle Azzorre.

Mi guardo intorno. Ascolto le voci.

Sono tutti abitanti del luogo. Salvo noi.

Costa nord nei pressi di Maia

L’arcipelago delle Azzorre, composto da nove isole che bucano la superficie dell’Oceano Atlantico a due ore di volo da Lisbona, è ancora in gran parte lontano dalle classiche rotte turistiche. Il merito va al meteo mai veramente estivo, alla temperatura dell’acqua di mare ma, soprattutto, all’isolamento di queste isole al largo delle coste portoghesi.

Isola, isolamento. Mai due parole mi paiono etimologicamente più legate.

Stendiamo i nostri asciugamani, poi entriamo nell’acqua fresca, grigia come il cielo coperto. Ci sentiamo rivitalizzati. L’ambiente è privo di qualsiasi infrastruttura. Semplice e intatto. Preservato persino nell’isola principale, Sao Miguel, dove in un area di 477 km2 si celano innumerevoli meraviglie naturali, come le splendide lagune createsi nei crateri di vulcani spenti.

Sete Cidades, Lagoa Azul

Per questo si approda qui. Per godere in tranquillità di passeggiate e trek lungo le creste delle caldere, o in riva al mare. O per dei bagni termali in pieno oceano, come quello a Ponta da Ferraria, immancabile luogo suggeritoci da José insieme a una app che, secondo le maree, indica le ore in cui l’acqua è calda al punto giusto.

Ponta da Ferraria: l’acqua è calda in modo naturale a marea bassa

Si scelgono le Azzorre per la loro lussureggiante natura. E perché si incrociano pochi turisti: in alta stagione e sull’isola principale, raramente udiamo lingue diverse dal nativo portoghese. Mi immergo in questa lingua studiata anni fa, ma quasi dimenticata dal poco uso che ne ho fatto. E pian piano essa mi torna in mente, come la musica di un cantante nostalgico: la stessa che, con un repertorio di pezzi internazionali e lusitani, il pianoman propone al Café Canto do Cais a Capelas, un locale senza pretese che dall’esterno non lascerebbe sospettare una cucina curata e abbondante. Dentro come fuori, tutto è rigorosamente autentico, senza abbellimenti. Nessun tentativo di sedurre, di compiacere il turista ancor raro. Come sulle spiagge.

Mi ci sento a casa.

Pronti per una serata nostalgica al Café Canto do Cais

Poi esco dall’acqua e torno ad osservare il mare. Non lontano dalla riva, alcuni uomini che nuotavano con una muta riemergono, trascinando sacchi colmi di alghe. Il loro affaccendarsi mi interroga e perciò mi avvicino, curiosa. Nel mio tentennante portoghese, chiedo loro a cosa servono. Remedios, mi rispondono. Medicine. Raccolgono alghe per la fabbricazione di medicamenti. Non c’è modo di sapere quali. Quando glielo chiedo fanno spallucce. Loro raccolgono e basta. Questo è il loro mestiere. Raccogliere alghe. Fagioli. O il famoso tè delle Azzorre, coltivato in modo rigorosamente bio e trasformato con gli stessi macchinari dell’epoca nella fabbrica più antica dell’isola: Cha Gorreana.

Mi rendo conto della semplicità della vita, dell’autenticità di queste isole la cui anima mi pare intatta, fatta di luoghi e gente sopravvissuta alla modernità. Gente la cui accoglienza è cordiale, ma mai esagerata. Uomini e donne che non promettono a chi visita uno stile di vita che non corrisponde anche a loro.

Finora.

L’impiegato del settore turistico con cui ne discuto esprime soddisfazione, nell’aver visto crescere il numero di visitatori con la recente apertura di due low cost. Eppure ha uno sguardo che non so decifrare. O forse lo immagino soltanto? Sono io che temo? Come per altri luoghi, sento che sarà una grande sfida, conciliare la conservazione del territorio con la promessa del benessere. Per me, che ho voluto imparare diverse lingue per poter comunicare durante i miei viaggi, la soluzione più pratica sarebbe limitare l’uso dell’inglese. Giungerebbe qui, allora, solo chi capisce che si è accolti quando si accoglie. Quando si cerca insieme un punto di incontro. Ma so che sarà difficile.

Improvvisa giunge una domanda: vorrei vivere qui? In questo preciso istante risponderei di sì. Adorerei il silenzio che circonda le lagune e si arrampica nei boschi. Trascorrerei il tempo ad ascoltare il mare frangersi sulle rocce e lambire le spiagge. Gradirei il clima mai troppo caldo, né troppo freddo. Apprezzerei il piacere di bagnarmi nelle acque fresche dell’oceano. Riposerei il corpo e la mente tra l’azzurro del mare e delle ortensie e il verde dei prati e delle lagune.

L’ortensia, il fiore simbolo delle Azzorre

Ciò nonostante, credo che finirei per soffrire degli stretti confini che, più che sicurezza, mi creano una sottile angoscia. Temo che il mio desiderio di scoperta, di apertura e di condivisione muoia al largo delle coste tentando di attraversare l’oceano. Capisco di amare il continente perché con la sola forza delle mie gambe potrei percorrevi miglia su miglia, anno dopo anno, senza mai aver scoperto tutto. Sento di non essere un’isola e che non voglio diventarlo.

Per ora.

Forse tra molti anni, tra molte altre scoperte, sarò pronta anche a questo. Forse tornerò in questa splendida isola. Forse, qui, io vivrò. Ma non ora. Perciò, con una punta di rimpianto, torno sul vecchio continente che ha visto i miei natali e i giorni più belli, come quelli più brutti, di questa mia vita.

The Travelogue è una rivista on line curata da scrittori che viaggiano, alla ricerca di spunti, suggestioni, emozioni da trasformare in storie. Il viaggio per noi è una fonte di ispirazione, uno strumento per allargare i confini delle nostre vite, una scusa buona per inventare una nuova storia. La scrittura per noi è una necessità .

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Manuela Bonfanti Bozzini
The Travelogue

scrittrice e esploratrice — autrice di Ladra di memorie, Punti e interrogativi, La lettera G, Ladakh&Rupshu e blog Voci dal silenzio. FB manuelabonfantiautrice