Quasi come fosse l’altro ieri

Manuela Bonfanti Bozzini
The Travelogue
Published in
7 min readAug 18, 2021

Grecia continentale, luglio 2021

Nel piccolo villaggio di Kastraki, addossato alle Meteore, sono le sette e trenta del mattino e il sole non è ancora sbucato da dietro le montagne a cui si aggrappano i sei monasteri bizantini millenari.

Nel paesaggio delle Meteore si celano sei monasteri

Prima che la calura renda ogni passo pressoché intollerabile, mi appresto a partire. Andrò alla ricerca dell’unica chiesa greca con il pulpito in marmo, che si trova a Kalambaka. La scopro rileggendo la guida che avevo acquistato ventun anni fa, conservata durante tutto questo tempo per un’atavica difficoltà a liberarmi dei libri. Due decenni più tardi, la tecnologia mi aiuta: il GPS segnala la mia meta a trenta minuti di cammino. Esco dal campeggio, svolto a destra e li vedo: una giovane coppia dorme su una panchina, la testa di lei è reclinata su un grosso zaino, quella di lui nel grembo di lei. Li supero e proseguo. In prossimità della chiesa, un anziano signore mi indica la direzione. Eccola, ora la vedo.

Chiesa dell’Assunzione della Madonna a Kalambaka

È aperta e non avrei neppure chiesto tanto. Mi sarebbe bastato capire dove fosse, per poi tornare a un’ora più propizia alla visita. Il silenzio circostante è ancora totale, eccetto la voce di due religiosi che parlano nel locale a fronte. Entro furtivamente e scorgo immediatamente il pulpito. Il biancore del marmo spicca ancor prima che gli occhi si abituino all’oscurità totale. Intravvedo anche i magnifici affreschi del XII secolo. Mi sento come se non avessi diritto a tanta bellezza, come se essa fosse riservata a chi ha fatto della preghiera la sua ragione di vita. Perciò non mi attardo ed esco dopo poche manciate di secondi. Di fronte agli straordinari monasteri della regione, orgoglio nazionale, la piccola chiesetta e il suo altare sembrano poca cosa anche ai più attenti turisti. Per me, invece, è una conquista.

Monastero di Aghios Nikolas Anapafsas

Sono una turista anche io, se penso al significato del termine: non sono stanziale come i vacanzieri, da sempre mi muovo da un luogo all’altro quando visito un paese. Lo statuto di viaggiatrice che ho rivendicato per anni mi pare quasi eccessivo, data la facilità con la quale oggi si conquista la maggior parte delle mete. Ho scritto oggi. E qui mi sbaglio. Perché oggi non è ieri, ovvero il mondo di prima del 2019. Ieri è quel lasso di tempo tra la rivoluzione tecnologica degli anni 2000 e la pandemia che stiamo vivendo. Agli albori del XXI secolo, la creazione delle compagnie aeree low cost, lo sviluppo dei sistemi di riservazione online e la crescente offerta di strutture di accoglienza sempre più confortevoli, hanno cambiato il modo di viaggiare, rendendolo nel bene o nel male accessibile a tutti. I luoghi si sono avvicinati e, uniformizzandosi, sono divenuti più familiari e rilassanti, favorendo anche chi, altrimenti, da casa non si sarebbe mosso. Viaggiare, un tempo riservato a chi desiderava soprattutto scoprire, percepire le diversità, sperimentare l’avventura e lasciare le proprie certezze per abbracciare l’incertezza e l’alterità, si è democratizzato divenendo una enorme vacanza di massa dove l’obiettivo è riprodurre la vita a casa — connessa e con i soliti amici, lo stesso cibo, lo stesso confort e le stesse occasioni di shopping — meno il lavoro e gli obblighi domestici: un momento per riposare e divertirsi prima di tornare al tran tran quotidiano.

Per certi versi, viaggiare oggi ha quasi il sapore perduto dell’altro ieri. Nella Grecia di due giorni fa, alla quale sono legata da un affetto particolare perché è stata la meta del mio primo viaggio di giovanissima donna, gli abitanti del luogo venivano al porto armati di fogli sui quali erano impresse le foto delle camere che affittavano. Molte spiagge erano così deserte da poter fare il bagno in mare vestiti solo con gli occhiali da sole. Ricordo di essere persino stata invitata a scegliere il menu nella cucina di un ristorante. Roba dell’altro ieri. Era il 2000, quando avevo visitato il Peloponneso e la Grecia centrale e anche questa volta, nel periplo attraverso la Grecia del Centro e del Nord, ho seguito un percorso, improvvisandoci sopra, tornando in alcuni luoghi che mi avevano impressionato e trovandone altri.

Il teatro di Delphi

Da Patrasso la prima tappa è stata alla laguna di Missolonghi e all’isola di Lefkada. Alcune spiagge di quest’ultima, con alte falesie, sono raggiungibili solo via mare.

Lefkada e le sue spiagge “irraggiungibili” ma pur sempre affollate

Perché in Grecia, il mare la fa da padrone. Ma, lontano dalle isole, l’ambiente è diverso. La frequentazione proviene dai paesi balcanici e, sul Golfo di Thessaloníki, persino più locale. Forse le spiagge non sono eccezionali come altrove, ma compensa la completa libertà di godersi il mare — sempre splendido, dovunque — senza condividerlo con la folla.

Una delle spiagge quasi deserte del Golfo di Thessaloniki

Inoltrandosi nell’entroterra, ci si alza presto per visitare con tranquillità e frescura alcuni splendidi siti. Il caldo è opprimente e vi si sfugge solo a Vergina, dove si penetra nel sito che contiene le tombe di Filippo II re di Macedonia e dei suoi famigliari attraverso un museo.

Vergina

Dappertutto, una strana calma. Una folla moderata. Mi è parso di tornare indietro nel tempo, all’altro ieri. Al mondo prima del Covid. A prima del progresso. Due ere fa.

Avanguardistica su alcuni aspetti, la mia mamma era scettica verso il progresso infinito. Soleva dirci di non gettare gli abiti, perché sarebbero tornati di moda. Ma la frase profetica che più mi colpiva, e alla quale naturalmente non credevo un istante, era: “Vedrete che si torna indietro…”. Con essa intendeva che il progresso che aveva visto esplodere negli anni della sua giovinezza, secondo lei non poteva durare. Che il mondo non avrebbe sopportato quel ritmo di crescita. Ma lei, Anna, non era un filosofo o uno scienziato che, sostenuto da un nome importante, preferibilmente maschile, poteva snocciolare teorie alle quali si avrebbe dato credito. Si va solo in avanti, pensavo anche io che pur ero sua figlia. Eppure, oggi, questa frase torna ad interrogarmi. E se avesse ragione? Se non fosse stata nel bel mezzo di una lotta spietata contro la malattia, avrebbe probabilmente sorriso, maliziosa, all’idea di averci azzeccato. Solo il tempo ci dirà se il mondo potrà rimettere la marcia in avanti, e a quale velocità procederà.

Dalla visita alla Chiesa dell’Assunzione sono tornata correndo e li ho trovati ancora lì, sulla panchina, più addormentati che mai. Li ho osservati meglio: giovani, sui venti, venticinque anni. Innamorati. Colmi di voglia di uscire dai loro confini. Disposti a tutto per questo. La barba non rasata di lui me li ha fatti immaginare in giro da settimane, con il sacco in spalla. Partiti dall’Italia, hanno attraversato Slovenia, Croazia, Montenegro, Albania e Macedonia. Hanno valicato diverse frontiere, proprio come si poteva fare con facilità ieri e l’altro ieri, brandendo il loro green pass. Questo lasciapassare è la nuova frontiera. Forse sarebbe più utile crearne uno che attesti l’esistenza dello spirito speciale che anima i viaggiatori.

Finora non avevo incrociato questi due giovani, eppure percorrevano la mia stessa strada. O quella descritta in Mani o Rumelia dello scrittore Patrick Leigh Fermor. Sono certa che il loro telefonino custodisce le stesse mie fotografie.

Fuori dalle rotte classiche: le chiese di Veria, immerse tra i palazzi

Ai piedi delle Meteore ci sono arrivati a notte fonda, con un bus di linea o in autostop. Per risparmiare non hanno preso una camera, o forse sono arrivati troppo tardi per trovarne una. Ma a loro non importa, perché l’unico desiderio è conoscere il mondo. Mi sono rivista in quei due ragazzi. Li ho guardati con tenerezza e ammirazione. Sono i giovani turisti, quelli veri. Chiamiamoli pure viaggiatori. Per tutti loro mi auguro la riapertura delle frontiere.

William Somerset Maugham ha scritto che dovremmo cercare la conoscenza dove ci immaginiamo di poterla trovare, anche se questo implica lasciare casa e partire verso l’ignoto. “Coloro che restano a casa potranno arricchirsi e vivere più confortevolmente” — scrisse — “ma io non desidero né essere ricco, né vivere nel confort”. È passato alla storia come uno scrittore. Ma aveva lo spirito del viaggiatore.

The Travelogue è una rivista on line curata da scrittori e scrittrici che viaggiano, alla ricerca di spunti, suggestioni, emozioni da trasformare in storie. Il viaggio per noi è una fonte di ispirazione, uno strumento per allargare i confini delle nostre vite, una scusa buona per inventare una nuova storia. La scrittura per noi è una necessità.

--

--

Manuela Bonfanti Bozzini
The Travelogue

scrittrice e esploratrice — autrice di Ladra di memorie, Punti e interrogativi, La lettera G, Ladakh&Rupshu e blog Voci dal silenzio. FB manuelabonfantiautrice