Di Queer game Developer e d’inclusività digitale

Esiste un punto d’incontro fra cultura queer e comunità geek?

Stefano Varalda Ribero
TIDE

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Oh, che giugno. Un mese di riaperture, colori ed eventi di ogni sorta: in una parola, occasioni per stare insieme (attenzione alle distanze!).

Giugno è anche il mese che per i videogiocatori, da anni, è sinonimo di nuovi annunci, grazie ad appuntamenti dalla portata internazionale come il Summer Game Festival o il celeberrimo E3, sigla per Electronic Entertainment Expo. E parlando di quest’ultimo non possiamo che chiederci alcune cose. 🎮 L’edizione 2021 della fiera — per l’occasione rinominata Electronic Entertainment Experience proprio per sottolineare la sua natura online e ancora più aperta— si è da poco conclusa. Ma è stata davvero più inclusiva?

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Alcuni videogiochi sono fenomeni culturali, e come tali veicoli di simboli

E sì, perché parlando di inclusività non si può non pensare al Pride Month, che guarda caso ricade proprio in giugno. Certo, si tratta di fronti e aperture diverse, ma l’accostamento queer — geek è tutt’altro che forzato. I videogames, una volta “rifugi” per meno socievoli, rincorrono sempre più la possibilità di esprimersi, che sia attraverso la personalizzazione dell’avatar o la condivisione di foto. Costituire un tramite di sé e della propria posizione rispetto al mondo, non meno di un accessorio realmente indossato, è dopotutto caratteristica di tutte le tipologie di gioco, da sempre.

Il videogioco può essere tramite delle nostre passioni.

Tuttavia, il medium è ancora giovane e molto influenzabile. Negli anni si sono susseguite innumerevoli scelte infelici da parte di sviluppatori poco sensibili, e ancora più commenti d’odio provenienti dal web, al punto da dar l’impressione che i videogiochi siano ostili o intendano ridicolizzare la comunità LGBTQIA+.

Sarà vera apertura, quindi?

Una domanda decisamente spinosa, che affonda per le sue radici in anni di raffigurazioni (videoludiche e non) di genere e identità decisamente offensive, superficiali o — più recentemente — ingannevoli. Naturalmente non è che la punta dell’iceberg, se si considerano tutte le discriminazioni e gli attacchi, fisici e non, alla comunità LGBTQIA+. Ancora nel digitale, ne è un esempio, lampante ma sommerso il digital divide. Ci sarà spazio per parlarne in un prossimo articolo.

Tornando al videogioco, non si possono però ignorare molti esempi di rappresentazioni queer ben riuscite. Non solo recenti: i primi cenni si ritrovano nelle avventure testuali di metà anni ’80, con Moonmist (’86) come apripista. Con gli anni, seppur con lentezza, questi dipinti si fecero più numerosi, andando a volte ad arricchire la narrazione.

Krem (sx) e Dorian (dx), due complessi personaggi queer di Dragon Age Inquisition (2014), alleati del protagonista e ben lontani dall’essere macchiette

Purtroppo, per quanto giochi famosi, questi esempi virtuosi non sono meno oggetto di polemiche. Al contrario, gli esponenti meno sensibili — se non proprio omolesbobitransfobici — del web si scagliano più volentieri contro queste rappresentazioni proprio quando sono integrate nei giochi con più pubblico al seguito.

(Queer) game Developer “Omnibus”

Anche per questo motivo, negli ultimi anni si sono affacciate al citato binomio anche alcune case di sviluppo, ben diverse da quelle più famose e chiacchierate. Coloro che aprono le porte della fantasia e dell’accettazione, a tutte le tipologie di gamer — alcuni amano appunto definirsi gaymer — , sono persone attente all’accessibilità dei propri mondi tanto sulle loro tematiche che sull’esperienza ludica in sé. Se infatti il tuo obiettivo è lavorare in questo campo, dovrai possedere una certa cura per il lato umano di ogni aspetto della produzione, oltre che abilità nel lavorare in gruppi di dimensioni modeste.

Non mancano collaborazioni con iniziative votate al creare spazi di benessere psicologico.

Nonostante ora la nuova generazione di editor permetta di dar vita a universi virtuali sbalorditivi — uno su tutti l’Unreal Engine 5, peraltro gratuito — bisogna sempre tenere a mente le capacità finanziarie di questi team. Lo stipendio medio, secondo le stime americane, si aggira sui 36.000 € per le figure senza esperienza e i 100.000 € per quelle già navigate, ma il mercato non è esattamente affidabile. Ma non disperare, perché potrebbe essere il tuo momento: in Italia si stanno affermando alcuni piccoli team.

In ogni caso, spingi sulla sperimentazione, come d’altronde si faceva una volta. Ragionando fuori dagli schemi in tutti i sensi, sfiderai gli approcci canonici dell’esperienza ludica. Chiedi pure a Robert Yang, che in un mondo di giochi uniti sotto la volta dell’iperviolenza — ma quasi completamente avulsi dalla sessualità, sviluppa svariati simulatori, con recente attenzione alle esperienze omoerotiche.

Ci sono anche strade più convenzionali: sempre guardando al Bel Paese, da qualche anno si sono instaurati dei corsi accademici. Prova a dare un’occhiata all’Accademia Italiana Videogiochi o all’Event Horizon. Altrimenti, potrebbero fare al caso tuo i bienni a Verona o, manco a dirlo, a Milano.

Ellie (dx), co-protagonista del pluripremiato The Last of Us Part II (2020), con la compagna Dina. Il gioco si distingue per crudezza narrativa e grande accessibilità

Parallelamente al numero di developer, è aumentato quello delle conferenze dedicate al binomio queer-videogioco. Si tratta di eventi indipendenti, dove il maggiore interesse non sono certo i soldi, ma dialogo e ascolto di persone, soprattutto di giovani. Ne sono esempi le Game Nights della Purdue University e la Queerness and Games Conference (QGCon), la cui prima edizione risale al 2013. In questo convegno la trattazione tematiche LGBTQIA+ in sede di videogiochi assume un carattere internazionale e altamente professionale. Sono occasioni importanti per chi non gode spesso dei grandi riflettori.

Approfitta di ogni evento indie e piattaforma di streaming.

Certo, non sono sempre le cifre a contare, ma il tipo di pubblico. Per questo ti raccomandiamo ti tenere d’occhio la tua potenziale fanbase e le loro piattaforme. Statisticamente, trattando giochi indie (di produzione indipendente), è più probabile far presa sul mercato PC. Parlando invece di sponsorizzazione, potresti aver fortuna rivolgendoti a Twitch, dove molti streamer queer coinvolgono i loro spettatori con ogni genere di gioco, dagli indie ai tripla A più in voga. Attenzione quindi a non settorializzare troppo: sarebbe controproducente e ben poco inclusivo. Come visto sopra, ogni gamer può giocare a ciò che vuole e ogni developer può lavorare al gioco che desidera. Ricorda: “Everyone Games”!

Approfitta di questo checkpoint per riflettere: non è che hai perso qualche articolo targato TIDE? Corri a rimediare!

Il Midboss di fine livello

Read Only Memories, ultimo titolo della serie Midboss, in arrivo per il 2022

La lista di ispirazioni potrebbe proseguire all’infinito, ma ci teniamo a riportare un ultimo esempio, un vero boss nell’ambito. Trattasi di Midboss Games, forse il caso che meglio coniuga quanto descritto finora.

Oltre ai giochi, ha prodotto altre forme di narrazione digitale queer, come i convegni Summer of Pride e quelli targati GaymerX. Quest’ultima è un’organizzazione no profit nata tramite Kickstarter nel 2013 con l’obiettivo di creare uno spazio per chi reputa i grandi eventi come inospitali verso la comunità LGBTQIA+. Vanta le stesse origini il loro documentario Gaming in Color.

Conclusioni

Questa prima puntata non potrebbe dirsi terminata se non ti lasciassimo l’occasione per approfondire un po’ il tema, no? La discussione infatti, per mano di B. Ruberg, è approdata anche sul fronte letterario.

Tra le sue opere, ti consigliamo The Queer Games Avant-Garde e Video Games Have Always Been Queer.

E per chiudere l’analogia vegetale posta prima: può essere una vera apertura, bisogna solo continuare sulla strada giusta. 🌱 I boccioli di speranza ci sono eccome.

Per oggi è tutto, ci diamo allora appuntamento alla prossima edizione!

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Stefano Varalda Ribero
TIDE
Writer for

Storyteller & Graphic Designer || Content specialist and Writer @TIDE || Versatile, creative, punctilious